La politica siciliana vista dal pentito di mafia Gaspare Mutolo

Le elezioni siciliane viste da Gaspare Mutolo. Il pentito di mafia, palermitano di Pallavicino, quartiere del capoluogo siciliano attaccato alla borgata di San Lorenzo, racconta le sue impressioni in un’interista a Il fatto quotidiano.

Apprendiamo, così, che i mafiosi, in queste elezioni, si sarebbero sentiti traditi. Da chi?

“Dalle promesse non mantenute. I loro beni sono stati, in parte, confiscati. I padrini sono da vent’anni dentro, gli uomini più importanti al carcere duro: mi spiego?”.

Poi si passa al nuovo presidente ella Regione siciliana, Rosario Crocetta. “Crocetta – dice Mutolo – non se la prenderà solo con le coppole storte, ma anche con i referenti politici. Io ho paura che ci sarà una stagione più violenta di quella del ‘92-‘93. L’unica speranza è Crocetta: se riesce veramente a fare pulizia, può darsi che la Sicilia si salvi”.

Un passaggio dell’intervista è dedicato alla riorganizzazione della mafia. Dice Mutolo: “Questo silenzio – che non succedono cose, che non ci sono omicidi – era una direttiva di Provenzano, poco prima di essere arrestato: stare sette anni senza fare rumore. Se lo Stato non riesce a dare una svolta, molti personaggi importanti che stanno a Roma, avranno cose da temere: avevano garantito che per i siciliani sarebbe andata diversamente. Se torniamo indietro, sappiamo perfettamente che la mafia si muove sempre per un interesse vitale. Il primo segnale c’era stato nell’87 (elezioni politiche del 1987 ndr), quando la mafia smise di votare per la Democrazia cristiana e scelse i socialisti: nell’84 era nato il maxi-processo, e dopo tre anni erano ancora tutti dentro. Quello era un messaggio alla Dc che perdeva tempo, diceva ai boss di avere pazienza”.

“Alle famiglie, sia quelle di sangue che quelle di mafia, ci comandarono di votare Psi – ricorda il pentito -. Io ero nel carcere all’Ucciardone (foto a destra tratta da corrieredelsud.it) per il maxi-processo. Venne da me Peppe Leggio e mi disse: ‘Gaspare tu dici alla tua famiglia che vota per i socialisti’. A lui sicuramente glielo aveva detto qualche personaggio più importante”.

Altro tema: la caduta della cosiddetta Prima Repubblica: “Visto che sono collaboratore di giustizia, ho potuto ascoltare un’intercettazione ambientale, in cui si sentivano parlare alcuni boss riuniti in un’albergo dei Graviano. Ancora non era nata Forza Italia che già parlavano di sostenerla: cercavano i nuovi referenti, dopo la fine della Dc”.

Perché c’è da preoccuparsi, oggi, chiede il giornalista? Risposta di Mutolo: “La mafia in Sicilia è in condizioni di pilotare ancora – ma veramente – il voto, con le buone o con le maniere sue. Cosa nostra sa bene a che livello è la collusione con la politica, quindi secondo me i mafiosi hanno permesso di vincere a Crocetta per dire ai signori politici che stanno a Roma: guardate che questo a noi ci ha sempre combattuto, ma ora cercherà di combattere anche a voi. Loro parlano così. La morte di Enzo Fragalà, avvocato e deputato del Pdl ucciso a bastonate nel 2010, secondo me è stato uno degli ultimi omicidi della mafia, ed è stato l’ennesimo avvertimento. Questa delle regionali è un’avvisaglia per le elezioni nazionali. I politici cambiano partito, ma gli uomini sono sempre gli stessi. E quando si voterà per il nuovo governo e per le Camere, se non ci saranno provvedimenti favorevoli ai boss, come – mi ripeto, ma è molto importante – è stato promesso vent’anni fa, si avvierà una stagione ancora più violenta”.

Altra domanda: i detenuti che non sono andati a votare (notizia data dal nostro Aldo Penna il 31 ottobre).

”È un sintomo coerente con la mia lettura – commenta Mutolo -. L’ordine è stato categorico, evidentemente. Quelli che non hanno votato sono controllati dalla mafia. E ora la mafia spera che i politici hanno una reazione. I voti della mafia sono stati fermi, per adesso. Vede, così a lungo i mafiosi non ci sono stati mai dentro, soprattutto con questo regime duro del 41-bis. Per loro è una cosa inaccettabile. Dell’Utri, Schifani, Berlusconi sono ancora nei posti chiave: i pezzi da novanta vogliono mandare un messaggio. Prova ne sia che c’è ancora il processo sulla trattativa e sappiamo quali sono le richieste della mafia”.

Voto di scambio: “Ci sono quelli che fanno i grandi affari – dice il pentito di mafia – che sono il perno di tutto. Hanno detto a Milano che la ‘ndrangheta ha venduto i voti a quell’assessore: ma quelle sono sciocchezze, regalini. Le cose importanti, che importano a tutte le mafie, sono i grandi appalti, i business veri, i soldi che possono arrivare. Mafia e politica si sono sempre sostenute a vicenda, perché avevano interessi comuni”.

I rapporti tra Mutolo e i politici siciliani. Racconta il collaboratore di giustizia: “Mi trovavo ad andare da qualche politico, come Ernesto Di Fresco o l’onorevole Matta, amicissimo di Lima e Ciancimino. Ci andavo perché volevo segnalare una persona che m’interessava, per un concorso all’università o in ospedale. In queste occasioni, loro parlavano anche di politici, carabinieri o magistrati che davano disturbo. Ma attenzione: non è che dicevano “sparategli”. Di Fresco mi fece il nome di Dalla Chiesa, che andava dagli studenti a parlare di mafia e faceva i controlli nelle autoscuole, perché non venisse concesso il foglio rosa ai mafiosi. Più che lamentele, erano consigli”.

 


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