Nell'ultima relazione della Direzione investigativa antimafia emerge una novità nei metodi della criminalità organizzata locale: il «coinvolgimento» di persone incensurate o apparentemente non affiliate. Per il resto, la geografia delle cosche è rimasta quasi immutata
La nuova strategia dei clan mafiosi del Siracusano Tra estorsioni e l’ufficio di collocamento della droga
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Strategia di coinvolgimento». È il nuovo metodo utilizzato dai clan mafiosi siracusani nel traffico e nello spaccio di sostanze stupefacenti che, insieme all’usura e alle estorsioni, rimangono i settori essenziali nelle strategie criminali locali. Così emerge dall’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia, che analizza il secondo semestre del 2017. La novità più importante, sintomo di questa particolare strategia, arriva dai numerosi arresti di persone incensurate o apparentemente non affiliate alla criminalità organizzata ma, comunque, coinvolte nella detenzione, nel confezionamento e nel trasporto di droghe. «La frequenza degli episodi e la rilevanza dei sequestri – scrivono gli investigatori – rende improbabile la ricorrenza di eventi casuali, deponendo, invece, per una strategia di coinvolgimento, nelle fasi più critiche dell’attività, di soggetti non associabili alle consorterie».
Per il resto, la geografia delle cosche siracusane è rimasta immutata. Il capoluogo è spartito fra il clan
Bottaro-Attanasio, che mantiene saldi i legami con il gruppo catanese dei Cappello, e il clan Santa Panagia che, invece, continua a coltivare le forti relazioni con la famiglia etnea dei Santapaola attraverso i collegamenti con il gruppo aretuseo dei Nardo-Aparo-Trigila. Sono questi a dividersi gran parte del territorio della provincia siracusana. La zona nord (Lentini, Carlentini, Francofonte e Augusta) è sotto l’influenza del clan Nardo che, lo scorso novembre, è stato colpito dall’operazione Chaos insieme alle famiglie catanesi dei Santapaola e dei Mazzei. La zona sud (Noto, Pachino, Avola e Rosolini) è, ormai da tempo, sotto il dominio esclusivo del clan Trigila; mentre la zona pedemontana (Floridia, Solarino, Sortino) è controllata dagli Aparo. Proseguendo nella mappatura del territorio, a Cassibile opera il clan Linguanti che rappresenta in quell’area una sorta di «filiazione» del clan Trigilia; mentre Pachino è diventata la roccaforte del clan Giuliano che è legato ai catanesi Cappello e «di cui – si legge nelle relazione – si colgono segnali di riorganizzazione».
Nell’analisi degli ultimi sei mesi del 2017, trovano spazio anche le
minacce di aggressione indirizzate al giornalista Paolo Borrometi per cui è stato condannato, una ventina di giorni fa, Francesco De Carolis, ritenuto responsabile di violenza privata aggravata dal metodo mafioso. Riconducibili alla criminalità organizzata, anche le intimidazioni ricevute da un collaboratore di giustizia prima esponente del clan Bottaro Attanasio.
Nel semestre in questione, il territorio siracusano è stato interessato da molti episodi di intimidazioni,
«allo stato – scrivono gli investigatori – non direttamente riconducibili alla criminalità organizzata». Nel rapporto della Dia, non si fa menzione degli ordigni rudimentali e degli incendi che hanno coinvolto le attività commerciali in varie zone del capoluogo aretuseo. Il riferimento è invece alle situazioni che hanno coinvolto funzionari pubblici e operatori economici. C’è l’episodio nel mese di novembre, in pieno pomeriggio, della macchina della moglie dell’allora sindaco di Siracusa, Giancarlo Garozzo, data alle fiamme mentre era posteggiata sotto la loro abitazione. Per l’attentato incendiario, a maggio, sono stati arrestati quattro parcheggiatori abusivi ritenuti i mandanti del rogo. È il 22 dicembre, quando al sindaco di Avola, Luca Cannata, viene recapitata una lettera anonima contenente tre bossoli e un disegno minatorio raffigurante una croce. Altro atto intimidatorio è quello avvenuto a Pachino, alla fine dello scorso dicembre, quando un ordigno rudimentale è stato fatto esplodere sotto la macchina dell’avvocata Adriana Quattropani, curatrice fallimentare al tribunale di Siracusa. I quattro uomini ritenuti responsabili sono stati arrestati ad aprile (uno è poi stato scarcerato a maggio) e l’atto intimidatorio ricondotto all’interesse di bloccare una procedura fallimentare di un distributore di carburante.