La mozione dei Ricercatori

Mozione approvata dal Consiglio di Facoltà di Lingue e Letterature straniere nel corso della seduta del  20 giugno 2005 sullo “Stato giuridico dei docenti universitari”.

Stato giuridico dei docenti universitari: sempre peggio
No allo smantellamento dell’Università pubblica

Il Consiglio della Facoltà di Lingue e Letterature straniere, riunitosi il 20 giugno 2005, presa visione del testo del Disegno di Legge Delega sullo stato giuridico e il reclutamento dei professori universitari approvato in aula alla Camera il 15 giugno, esprime lo sconcerto più totale di fronte alle scelte regressive, penalizzanti per i ricercatori e i giovani studiosi, confuse e contraddittorie, che il Governo e la sua maggioranza parlamentare hanno imposto, senza che peraltro si sia manifestata un’opposizione chiara e incisiva, in particolar modo nelle ultime fasi dibattimentali in Commissione Cultura.

Fin dall’inizio della fase propositiva del DL e poi nel corso dei sedici mesi di lavoro della VII Commissione della Camera dei deputati, il Ministro e la maggioranza hanno mostrato totale sordità rispetto alle critiche e alle proposte alternative prospettate dalla stragrande maggioranza -altro che minoranza che “dice sempre no”- del mondo accademico (ivi compresi CRUI, CUN, numerosissimi Senati Accademici e Facoltà) e delle sue rappresentanze di categoria.

Il testo che va in discussione al Senato prevede tra l’altro:
– procedure concorsuali regolamentate dai singoli Atenei (art.5, c. 1) in contrasto con quanto previsto all’art. 4, c.3 (il che equivarrebbe al venir meno d’una titolarità e d’uno statuto giuridico istituzionalmente omogenei nel sistema universitario pubblico);
– consistenti riserve di posti per i concorsi a ordinario e associato (altro che merito e spazio per i giovani!);
– la messa a esaurimento del ruolo di ricercatore che transita in una zona grigia di parcheggio aperta anche a tecnici laureati e a indeterminate figure in possesso della qualifica di “elevata professionalità”, il che equivale a una pesante penalizzazione e mortificazione per gli attuali ricercatori, vincitori di concorso, da anni figura indispensabile per lo svolgimento dell’attività didattica e scientifica, ai quali si riconoscerebbe, a inalterate condizioni retributive, il titolo, puramente formale di “professore aggregato” con obbligo di tempo pieno;

– l’estendersi delle fasce di precariato, con la trasformazione degli attuali assegni quadriennali in “contratti di ricerca e insegnamento” rinnovabili fino a sei anni senza minimi retributivi, e con la previsione di “contratti di attività didattica integrativa” anch’essi rinnovabili fino a sei anni e titolo preferenziale per i concorsi. In altri termini, un lungo, estenuante, sottopagato periodo di precariato -non meno di nove anni nella migliore delle ipotesi- che porterà le energie migliori, proprio quando massiccia è la percentuale di docenti di ruolo che andranno in pensione nei prossimi anni, a cercare altrove lavoro;
– il frammentarsi, Ateneo per Ateneo, delle condizioni del rapporto lavorativo che si instaura con i docenti;
– la sostituzione degli aumenti stipendiali per anzianità con un aumento biennale subordinato alla richiesta individuale di valutazione, caso unico nella pubblica amministrazione.
Il testo che va in discussione in Senato, altresì, non prevede alcuna risorsa finanziaria aggiuntiva per l’applicazione della nuova normativa.

Dall’insieme di queste misure il sistema universitario pubblico, già devastato da ordinamenti didattici discutibili e dalla mancanza di risorse finanziarie adeguate per ricerca, didattica e trattamenti stipendiali, sarebbe ulteriormente ridotto a pezzi e dequalificato.
Occorre chiedere con forza:
1. il ritiro immediato di questo indecente DL;
2. l’apertura d’un reale e serio confronto con le esigenze poste dal mondo universitario e dalle forze sociali;
3. il rifinanziamento della ricerca, della didattica e delle retribuzioni secondo parametri europei;
4. la trasformazione e la riqualificazione del ruolo dei ricercatori in terza fascia docente;
5. il bando di 20.000 nuovi posti di ricercatore;
6. la differenziazione tra forme di reclutamento e forme idoneative di progressione di carriera;
7. procedure concorsuali e idoneative trasparenti e pubbliche;
8. l’unicità del contratto di didattica e ricerca dopo il dottorato, di tipo subordinato e di durata non superiore a tre anni.

Il Consiglio di Facoltà aderisce alle forme di mobilitazione nazionali tramite:
– la sospensione degli esami di profitto dal 21 al 27 giugno;
– il responsabile mantenimento delle sedute di laurea previste che saranno aperte dalla lettura di un comunicato che spiegherà i motivi della mobilitazione e che si svolgeranno senza indossare le toghe per dire che non è questa l’Università che vogliamo;
– partecipazione alla riunione di Ateneo del 27 giugno;
– preparazione di nuove iniziative in vista della discussione del DL in Senato (17 luglio).

Redazione Step1

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