Luca Barbieri non solo coltivava la passione per i salti estremi ma insegnava questo sport agli altri. Oggi si è lanciato dal ponte San Giuliano con una tecnica che non prevede tuta alare e che non è codificata in Italia
La morte dal viadotto per un base jumping fallito I salti del 25enne istruttore in giro per il mondo
Si è lanciato da un’altezza di 60 metri per un base jumping, che però non è andato a buon fine, visto che il paracadute non si è aperto. Luca Barbieri, 25 anni, nato a Fidenza (Parma) e residente a Soragna si è schiantato al suolo, morendo.
A dare l’allarme è stata la donna che era con lui, una giovana catanese che ha chiamato il 118. I soccorritori sono riusciti a localizzare il luogo attraverso il Gps e in pochi minuti si è levato l’elisoccorso dalla centrale di Caltanisetta. Il corpo di Barbieri è stato individuato, non senza difficoltà, vicino a uno dei piloni del viadotto, ma non c’era più niente da fare. Sul posto è rimasta un’ambulanza ad attendere l’arrivo del magistrato di turno. Barbieri prima di provare il volo dal viadotto San Giuliano si sarebbe lanciato da altre zone, sempre nel Nisseno.
Barbieri collaborava con il centro di paracadutismo Sky Team di Cremona. Si tratta di una scuola di paracadutismo riconosciuta dall’Enac. «Collaborava per chi voleva imparare con la tuta alare. Chiunque vuole utilizzarla al meglio deve passare dal paracadutismo», spiega Luca Fontanella, presidente del centro di paracadutismo di Cremona. L’atleta 25enne faceva parte anche della Brento School Base, unica scuola in Italia di base jumping. Una disciplina che in Italia non è espressamente vietata, ma si tratta di una pratica non codificata che ad oggi non viene ritenuta disciplina sportiva.
Stamane sul viadotto San Giuliano della statale 640, Barbieri stava sicuramente effettuando un base jumping perché tutti i lanci al di fuori di un aeroporto o di un aereo non sono sotto il controllo di nessuno. Si tratta di lanci da ponti, dighe, montagne o antenne. Vista l’altezza del ponte l’utilizzo della tuta alare non avrebbe un gran senso perché prima che si arrivi ad ottenere un po’ di efficenza la tuta ha bisogno di qualche secondo, mentre un lancio di 60 metri significa tirare immediatamente il paracadute.
«Stava effettuando un base jumping e qualcosa è andato storto. Potrebbe essere importante per gli inquirenti verificare se ci sono foto o video del lancio – spiega Fontanella -. La tuta semmai potrebbe essere stato un impedimento all’apertura perchè crea una difficoltà in più durante il lancio, ma bisogna comunque considerare che lui era un esperto. Sicuramente era una persona che non faceva le cose in modo improvvisato ma un atleta molto preparato e accorto. Il suo è stato un percorso iniziato dal paracadutismo che lo ha portato in pochi anni ad essere conosciuto a livello mondiale perchè con la tuta alare ci sapeva proprio fare».
Una passione sfrenata e un lavoro, visto che era un esperto coach, che lo portava in giro per il mondo per i suoi salti e i voli che in Italia faceva soprattutto sulle Alpi. Ma anche all’estero: in Cina e Arabia Saudita. Su Facebook scriveva: «Questa estate sono stato in Arabia Saudita con la mia tuta alare e altri atleti di wingsuit per volare sopra uno dei più importanti e stupendi festival sauditi saltando da uno dei più massicci elicotteri al mondo, il famoso blackhawk, per intrattenere il pubblico con qualche spettacolare flyby. Oltre a quello abbiamo aperto qualche nuovo exit point nel Al Soudah National Park. Qui nel video il mio salto dal YallaYalla exit point. In ricordo di Angelo che ha perso la vita in questa avventura».
Sul suo profilo Instagram ha pubblicato foto e video dei suoi voli. Barbieri aveva fatto anche alcune apparizioni in tv. Tre anni fa aveva partecipato al talent show Tu sì que vales su Canale 5 con altri due paracadutisti. La salma è stata portata nell’obitorio dell’ospedale sant’Elia a Caltanissetta.