La mano dei clan sulle case popolari dello Zen Antimafia: «Iacp non chiede i danni agli abusivi»

«In Sicilia le case pubbliche sono occupate dal più forte, che spesso neppure le paga». È questa la conclusione a cui è giunta la commissione regionale Antimafia nella sua relazione alla fine di un’inchiesta sull’Iacp e sull’abusivismo diffuso tra gli inquilini degli alloggi popolari. E tra i dati raccolti dalla commissione guidata da Nello Musumeci spicca quello di Palermo, dove sarebbero 3400 le case dell’Istituto occupate da gente che non ne ha alcun diritto. Complici del fenomeno lo stato di degrado in cui si trovano molti dei complessi edili in questione e la mano delle organizzazioni criminali. Da una parte, come spiega, sentito dalla commissione, l’ormai ex assessore alle infrastrutture Roberto Pizzo, c’è un «circuito vizioso tra inquilini che sempre meno pagano perché sempre meno hanno una fruizione di un’abitazione compatibile con la dignità personale», dall’altra il fatto che la gran parte degli alloggi palermitani occupati abusivamente si trova allo Zen, in un territorio ad alta densità criminale. E lo stesso vale per «più del 50 per cento delle oltre diecimila case» in questione, come specificato nella relazione. 

La commissione Antimafia, in particolare, punta il dito contro l’immobilismo della politica, incapace da oltre un decennio – tutte le denunce fatte da parte di amministratori contro la gestione criminale del sistema di alloggi dell’Iacp risalgono a prima del 2010 – di dare una scossa a questo sistema, e persino complice, talvolta, grazie al clientelismo. «Ma ciò che veramente va in questa sede stigmatizzando – si legge ancora nel documento dell’Antimafia – è che, a detta del direttore generale Ernesto Butticè, l’Iacp di Palermo non si sarebbe mai costituito parte civile nei processi contro gli abusivi». Ma dal capoluogo di regione vengono anche i segnali migliori, come l’importante giro di vite avvenuto nel 2009, «l’anno della svolta» per citare ancora il documento della commissione, con la denuncia da parte dell’allora commissario straordinario dell’Istituto, Giuseppe Palmeri e l’intervento della magistratura. «Si è scoperto – si legge – che allo Zen 2 esisteva un vero e proprio racket, capace persino di gestire le utenze acqua di 4000 abitazioni: per un allaccio abusivo gli occupanti erano soliti versare 10 euro mensili, mentre chi voleva ricevere il servizio di giardinaggio ne versava 15».

«A Palermo – racconta Palmeri ascoltato nella seduta del 26 febbraio 2015 – in quel periodo c’è stato, proprio per dare una dimostrazione e per dire ‘non dovete occupare più’, lo sgombero più grosso che ci sia stato in Italia, quello di via Mozambico, dove ottantasette famiglie che non avevano i titoli sono state cacciate» un’operazione che ha richiesto l’intervento di 450 tra carabinieri e agenti di polizia. «Spesso e volentieri – aggiunge l’ex commissario – il questore o chi c’era in quell’occasione mi diceva di non andare a dormire nei posti dove andavo in paese, dove avevo la residenza, o da mia sorella». Proprio in quel periodo, appunto, è venuto fuori il sistema di rivendita di allacci abusivi alla condotta idrica. In questo caso era la criminalità organizzata a sostituirsi all’Amap, azienda che gestisce regolarmente il servizio. «Allo Zen – conclude Palmeri – l’unica cosa che funzionava era l’acqua. Veniva presa dalla condotta principale con una rete di tubi neri, dove ognuno aveva il proprio contatore e dove ognuno pagava ogni mese a questa sorta di mafia. L’ho denunciato in tutti i posti al mondo». Un giro che avrebbe potuto fruttare anche sessantamila euro al mese. Soldi su cui, a detta sempre di Palmeri, si stendeva la mano dei Lo Piccolo, i boss di San Lorenzo. 


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