Un duplice omicidio che riporta alla mente i cadaveri per strada a Palermo negli anni ’80. I corpi dei due uomini uccisi questa mattina in via Falsomiele riversi a terra, le braccia lungo i fianchi. Un delitto che sa di mafia da subito, ancor prima di scoprire che una delle vittime, Vincenzo Bontà di 44 anni, era il genero del boss Giovanni Bontate, fratello di Stefano, figura storica di Cosa nostra negli anni ’60 e ’70, ucciso a Palermo nel 1981. La seconda vittima è Giuseppe Vela, 53 anni.
Si sarebbe trattato quindi di un agguato in piena regola, pista principale seguita dagli inquirenti. Tutto fa pensare che dietro all’omicidio ci sia la mano di Cosa nostra, ma resta al vaglio la posizione di alcuni conoscenti che avevano avuto un litigio con le vittime per la realizzazione di un muro di cemento in campagna.
Secondo quanto ricostruito finora le vittime avrebbero avuto un appuntamento con i sicari. Gli investigatori ipotizzano che i due dovessero incontrare persone che conoscevano. Sarebbero scesi dall’auto, una fiat 500 L parcheggiata e chiusa, e sarebbero stati colpiti a bruciapelo con una calibro 9. L’obiettivo dei sicari sarebbe stato il genero del boss. Vela, che lavorava nei terreni di Bontà, era forse una sorta di guardaspalle. Hanno tentato di fuggire a piedi ma sono stati raggiunti e uccisi dai killer, probabilmente tre. L’ipotesi dell’esecuzione è suggerita anche dal luogo scelto per l’agguato, una strada che non consente quasi via di fuga, e dal fatto che una delle vittime sarebbe stata finita con un colpo alla testa.
Polizia, ambulanze e il nastro a delimitare l’area attorno alle due vittime. La notizia della morte di Bontà intanto fa il giro del quartiere e si espande a macchia d’olio. In pochi forse se lo aspettavano. L’uomo, incensurato, nonostante la parentela con il boss, era descritto come una persona a modo, appassionato di caccia e allevatore di canarini spagnoli. La moglie fa la maestra. Si occupava della gestione di agrumeti e terreni agricoli.
L’agguato a Falsomiele adesso suscita preoccupazione per le modalità con cui si è svolto. Una preoccupazione che traspare dalle parole del Procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, che ha commentato la vicenda parlando con i giornalisti alla facoltà di Giurisprudenza. «Purtroppo dobbiamo registrare la permanente vitalità, che del resto avevamo segnalato con forza fino a pochissimo tempo addietro, delle organizzazioni operanti sul territorio. Ribadisco ancora una volta: se qualcuno pensa che la mafia sia stata sconfitta e tutto sia finito, evidentemente non ha capito ancora niente». «È bene tener sempre alta l’attenzione – ha aggiunto – ed è bene continuare a lavorare tutti quanti per cercare di sconfiggere questo fenomeno».
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