«Dire che la mafia ha un controllo del territorio tale da respingere le infiltrazioni del terrorismo è una visione romantica e pericolosa». Il professore Salvatore Lupo spiega a MeridioNews perché la tesi sposata da Fava ha basi fragili. E sottolinea come non esistono analogie con gli anni di piombo
«La mafia tiene lontano l’Isis? Non sta in piedi» Il parere del massimo esperto di Cosa Nostra
«Dire che la Sicilia è fuori dal rischio di infiltrazioni dell’Isis perché c’è la mafia, è una cosa che non sta in piedi. L’Isis è qualcosa di molto più grande della mafia e questa non gli impedirebbe, qualora gli estremisti lo volessero, di insediarsi». Parola di Salvatore Lupo, professore di Storia contemporanea all’università di Palermo e tra i massimi esperti del fenomeno mafioso a cui ha dedicato numerose pubblicazioni. Sul rapporto tra Cosa nostra e Stato islamico due giorni fa si era espresso Claudio Fava, vicepresidente della commissione nazionale antimafia, che, a precisa domanda dei giornalisti, ha risposto: «Non mi stupisce che la Sicilia possa essere considerata fuori dal rischio di infiltrazioni dell’Isis per la presenza della mafia». Per poi abbozzare un passo indietro: «Anche se forse non è del tutto vero, perché la capacità di infiltrazione di questo terrorismo, talmente liquido, non ha alcuna possibilità di prevedibilità».
Per Lupo questa tesi rischia di essere interpretata come «una spudorata esaltazione della mafia». «Non bisogna cadere in queste banalizzazioni», aggiunge. Ma, soprattutto, lo storico sottolinea come le basi su cui poggia il ragionamento sono molto fragili. «Dire che la mafia ha un controllo assoluto del territorio, tale da respingere i tentativi di infiltrazione di movimenti terroristici rappresenta una visione romantica e pericolosa che attribuisce a Cosa nostra un’onnipotenza che non ha e che non può avere, un potere che non è mai esistito», spiega il docente. Che sottolinea come anche il confronto con il terrorismo degli anni ’70 in Italia – di cui ha parlato Fava – «non sta in piedi».
«Negli anni di piombo – spiega Lupo – la questione terrorismo era tutta interna al nostro Paese e rispondeva a dinamiche proprie della società italiana». Secondo lo storico, sarebbero quest’ultime il motivo per cui il Meridione rimase sostanzialmente immune dal fenomeno. «Non ci fu terrorismo non perché c’era la mafia, ma perché, nella dialettica regionale italiana, in alcune zone come la Sicilia mancavano le ideologie politiche diffuse e la società era molto diversa rispetto al Nord». Allargando il raggio della riflessione, lo storico aggiunge: «L’Isis è un’idea politica che usa la religione, affondando in un livello profondo delle comunità umane. Ma è anche un fenomeno nuovo per molti aspetti, mentre mi pare che si continui a usare criteri di valutazione del passato, invece siamo nel presente e anche nel futuro».
Negli ultimi tempi, infine, una teoria opposta vorrebbe la Sicilia più esposta al rischio terroristico a causa della presenza sul suo territorio di importanti installazioni militari statunitensi, come la base di Sigonella, che a breve ospiterà i Global Hawk a pilotaggio remoto, e quella di Niscemi, dove ha sede il Muos. Su questo il professore Lupo si limita a guardare ai fatti registrati fino a oggi. «Non mi pare – afferma – che i terroristi dell’Isis abbiano attaccato obiettivi militari, ma piuttosto gente comune che con le armi e con l’esercito non hanno niente a che vedere».