Roberto Escobar, ospite donore allincontro di chiusura del ciclo Fuøritema a Scienze Politiche, presenta Fehrenheit 9/11
La guerra e la paura
Si chiude in bellezza la seconda rassegna cinematografica Fuøritema a cura della cattedra di Filosofia politica con la proiezione, martedì scorso, del film shock dellultimo anno cinematografico: Fahrenheit 9/11 di Michael Moore, vincitore della palma doro a Cannes.
A questultimo appuntamento, nellaula magna della facoltà di Scienze politiche, ha preso parte Roberto Escobar, professore ordinario di filosofia politica dellUniversità di Milano nonché critico cinematografico, che ha brevemente introdotto e indicato alcune chiavi di lettura interessanti prima di dare il via alla proiezione del film.
Il film-documentario di Moore dice Escobar da molti definito carente dal punto di vista cinematografico, dimostra invece scelte ben precise e ponderate, come quella di descrivere il momento dellattacco al World Trade Center non attraverso le stesse immagini con le quali tutti i mezzi di comunicazione ci hanno bombardati per mesi, ma attraverso lo sguardo di chi, trovandosi presente di fronte a quel terrificante evento, si è trovato stupito, spaventato e incredulo o prosegue ancora Escobar nellespressione non cinematografica di Bush nel momento in cui venne a sapere della tragedia. Espressione che esprime la tragica ambiguità del potere e la sua incapacità.
Il punto focale del film, secondo Escobar, risiede nella chiara esposizione del clima di incertezza e paura diffuso tra i cittadini americani per coprire la connivenza delle più alte sfere del governo statunitense con i mandanti dellattentato dell11 settembre 2001 e facente parte di una più ampia strategia di menzogne perpetrata fin dalla prima elezione di Gorge W. Bush Jr. a Presidente degli U.S.A.
Da qui il docente di Filosofia politica ha modo, grazie anche alle domande rivoltegli in sede di dibattito dopo la proiezione del film, di approfondire le motivazioni e i metodi attraverso i quali il governo Bush è riuscito a portare avanti una campagna di disinformazione e di costruzione della verità propedeutica al raggiungimento dei suoi obiettivi, che Escobar riassume nella frase Meglio non dire che mentire .
Non manca, tra i significati attribuiti al film di Moore, quello, suggerito dalla giornalista Maria Lombardo, e confermato dallo stesso critico, di atto daccusa di un film-verità come questo nei confronti dei mass media, veicolo di propagazione della verità che, come dice lo stesso Escobar, i pochi pensano per i molti.
E ne è prova il fatto che nulla abbia potuto la diffusione di Fahrenheit 9/11 negli States, poco prima delle presidenziali americane, di fronte al prolungato e martellante messaggio di una delle più grandi emittenti americane, Fox News.
Non è stato assolutamente difficile, visionando il film, comprendere cosa Escobar volesse dire ed è stata abbastanza diffusa, tra i presenti, la sensazione di amaro in bocca lasciata non solo da ciò che il film abbia portato in luce durante quasi due ore di proiezione, ma anche il concetto espresso da Escobar che, rispondendo ad un ultimo quesito, riporta i termini etica e politica come profondamente inconciliabili.
Non ci resta che sorridere alla genialità della frase, riportata in chiusura, di Woody Allen: Dio è morto, Marx è morto … e anch’io oggi non mi sento molto bene!.
Per ulteriori informazioni:
Recensione di Fahrenheit 9/11 di Roberto Escobar