La grande scommessa di Faraone e Ferrandelli

La conferenza stampa tenuta ieri da Davide Faraone e Fabrizio Ferrandelli, rispettivamente, parlamentare nazionale e regionale del Pd, può segnare un punto di svolta importante non soltanto nelle vicende interne al Partito democratico dell’Isola, ma anche per la politica siciliana.

Molto dipenderà dal seguito che Faraone e Ferrandelli riusciranno a conquistare all’interno e anche al di fuori del loro Partito. Sarebbe riduttivo, per questi due dirigenti del Pd, impostare la battaglia politica all’interno del perimetro, peraltro ormai piuttosto angusto, dello stesso Pd siciliano.

Liberare il Pd isolano dalla vecchia nomenklatura siciliana, che in buona parte affonda le radici negli anni ’80 e ’90 del secolo passato, è cosa giusta. Ma quello che manca, oggi, alla sinistra siciliana è l’autorevolezza rispetto al rapporto con Roma.

Soprattutto a partire dal 1994, la sinistra siciliana ha iniziato a subire le scelte romane. Il ‘celebre’ 61 a zero del 2001, ovvero il pesantissimo tracollo della sinistra siciliana alle elezioni politiche di quell’anno, con la sconfitta in tutt’e 61 i collegi uninominali è stato il frutto non soltanto della forza del centrodestra siciliano, ma anche della debolezza del centrosinistra dell’Isola.

Dal 2001 ad oggi lo scenario non è mutato. La sinistra siciliana ha tenuto in alcune posizioni locali (Enna ma non soltanto). Ma, nell’Isola, ha perso regolarmente le elezioni politiche nazionali e le regionali.

La stessa vittoria di Rosario Crocetta nell’ottobre dello scorso anno – che peraltro è costata al Pd la perdita di circa 200 mila voti – è il frutto di un accordo trasformista con Raffaele Lombardo e con una parte dello stesso Pdl catanese. Tutti prezzi che il Governo Crocetta sta pagando e che sono, almeno in parte, alla base del suo fallimentare Governo.La sinistra siciliana, per potere essere autorevole, deve esserlo, in primo luogo, nel rapporto con Roma. Plaudire, come fanno alcuni dirigenti dell’attuale Pd siciliano, al fatto che il Governo Letta avrebbe ‘concesso’ la proroga per i 23 mila precari degli Enti locali è da ‘ascari’. 

Per un motivo semplice: perché i soldi che il Governo Letta tirerebbe fuori per pagare questa miserabile proroga elettorale – che peraltro si fermerebbe al dicembre di quest’anno – sono già soldi nostri.

Abituati ad essere servili con Roma e con i loro referenti romani, i dirigenti del Pd siciliano dovrebbero sapere che il Governo nazionale ha rubato alla Regione siciliana 800 milioni di euro. Questo è avvenuto senza che il presidente Crocetta e l’assessore all’Economia, Luca Bianchi, abbiano trovato qualcosa da dire rispetto a questo incredibile scippo.

Sarebbe opportuno che Faraone e Fermanelli, se vogliono veramente risultare credibili agli occhi dei siciliani, trovino il coraggio di dire quello che i loro compagni di Partito non dicono, forse perché ormai ‘infettati’ dal ‘doppio ascarismo’ (nei riguardi del loro partito romano e nei riguardi del Governo nazionale). E cioè che i soldi per una misera proroga fino a dicembre, ammesso che non sia un bluff elettorale, sono, lo ribadiamo, soldi nostri.

Il Governo nazionale ci ha rubato 800 milioni di euro dal Bilancio 2013. E tiene nel ‘cassetto’ 452 milioni del Fondo sociale europeo destinato alla Sicilia.

Di fatto, il Governo Letta, in questo momento, ha tra le mani un miliardo e 250 milioni di euro circa scippati ai siciliani. La battaglia di Faraone e Ferrandelli – questo, almeno, è quello che noi ci auguriamo – è che questi soldi facciano ritorno in Sicilia.

Già condurre questa battaglia politica con Roma darebbe a Faraone e Ferrandelli quella credibilità che tutto il resto del Pd siciliano ha perso per eccesso di servilismo verso Roma. Spiace dirlo, ma per molti dirigenti del Pd siciliano, di derivazione comunista, gli interessi del Monte dei Paschi di Siena vengono prima di quelli della Sicilia.

Se ne hanno il coraggio e la forza, Faraone e Ferrandelli dovrebbero invertire questa scala di valori. Mettendo la Sicilia al primo posto. Anche prima del Pd.

Anche perché, quello che succederà nel Pd siciliano, tra qualche mese, non sarà edificante. L’esclusione del senatore Giuseppe Lumia dal Governo Letta significa almeno due cose.

In primo luogo, che Lumia e il presidente Crocetta, a Roma, non contano nulla (anche il loro silenzio ‘ascaro’ sullo scippo dei già citati 800 milioni di euro non gli è servito a nulla: Roma ha preso i soldi e non gli ha detto nemmeno grazie, lasciando appiedato Lumia in Sicilia).

In secondo luogo, che quello dello stesso Lumia, questa volta, è veramente l’ultimo giro. Ciò significa che Lumia, che tiene, con i suoi soliti metodi, in ‘ostaggio’ Crocetta, utilizzerà il Governo regionale per capitalizzare il potere fino all’estremo, a cominciare dalle imminenti nomine nella sanità, accentuando lo scontro con la vecchia nomenklatura del Pd. A propria volta convinta che per fare politica non serve il consenso popolare, ma il potere allo stato puro.

Se Faraone e Ferrandelli si chiameranno fuori da questi giochi, costruendo una seria alternativa – dentro e fuori il Pd siciliano – non solo alla vecchia nomenklatura del Pd siciliano, ma a una fallimentare e ‘ascara’ politica siciliana troveranno un ampio spazio politico.

In politica contano i numeri e l’evoluzione dello stesso quadro politico. Nella Prima Repubblica, in Sicilia, Pci e Psi superavano di poco il 40 per cento dei consensi. Il Pd siciliano, oggi, raccoglie meno della metà de voti di tutta la sinistra siciliana degli anni ’80.

Se è sbagliato guardare al presente con gli occhi del passato, è altrettanto sbagliato non cogliere i fermenti di un quadro politico in evoluzione.

L’esperienza di Beppe Grillo ha dimostrato che si può recuperare una parte dell’elettorato che, di solito, non va a votare. Gli elettori della sinistra che non hanno avuto rappresentanti all’Ars sono una risorse. L’elettorato socialista confluito in Forza Italia non seguirà in eterno un Berlusconi ormai in uscita.

Questi elettori – che in Sicilia non sono pochi – non voteranno mai, però, per un Pd controllato dai vari Cracolici, Cardinale, Capodicasa, Bianco, Anna Finocchiaro o, peggio, da Lumia. Questi ed altri elettori si recuperano con un profondo rinnovamento del Partito. Ma anche recuperando le radici autonomiste della sinistra siciliana. Evitando di barattare gli interessi della Sicilia per poltrone romane.

La forza e la credibilità di un Governo arriva dal consenso popolare. Quello vero, pulito. Costruito e raccolto alla luce del sole, non con accordi trasversali e inconfessabili. L’idea di Cracolici, Lumia e di tutta la vecchia nomenklatura del Pd siciliano di governare la Sicilia senza il consenso popolare, ma con i ricatti (politici, s’intende, per carità!), gli inganni e il trasformismo politico porta al Governo Crocetta: un Governo sbiadito, tirato di qua e di là ora da ‘pezzi’ del Pdl, ora da Confindustria Sicilia.

Con i risultati disastrosi che sono sotto gli occhi di tutti.

Faraone e Ferrandelli, la coppia dell’anno: “Ripariamo il Pd, a casa i notabili”

 


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