Il direttore del quotidiano sportivo replica alle parole di ieri del sindaco etneo, che chiedeva alla testata di non calcare la mano sulle scelte della giustizia sportiva in merito alla sentenza sulle combine di cui è accusato il club rossazzurro. «Bene favorire i pentiti, ma lo sconto può trasformarsi in incentivo a delinquere», scrive il giornalista
La Gazzetta risponde alla lettera di Bianco «Pene leggere non fanno il bene del Catania»
«Confidiamo che la sentenza sarà equilibrata ed equa». Il direttore de La Gazzetta dello Sport Andrea Monti risponde alla lettera inviatagli ieri dal sindaco Enzo Bianco, in cui il primo cittadino sostiene che «calcare la mano sul Catania, con punizioni più gravi – di quelle chieste alla giustizia sportiva dal procuratore federale Stefano Palazzi – comporterebbe il rischio di uccidere il calcio nella nostra città, con conseguenze assai gravi per tutto lo sport locale». Il riferimento è alla sentenza del tribunale sportivo della Federcalcio, che in settimana dovrà esprimersi sulle richieste di Palazzi a carico del Calcio Catania e dei dirigenti coinvolti nello scandalo I treni del gol. Un giro di partite dello scorso campionato di serie B che l’ex presidente Antonino Pulvirenti, in concorso con altri esponenti del club, avrebbe tentanto di comprare per favorire la salvezza della squadra.
Per la società, deferita per responsabilità diretta, è stata chiesta la retrocessione in Lega Pro con in più la penalità di cinque punti. Una pena più morbida, rispetto al massimo concesso, che ha tenuto conto della «fattiva collaborazione» resa da Pulvirenti nei colloqui con Palazzi. La proposta dell’accusa è stata giudicata però fin troppo leggera da buona parte degli addetti ai lavori e del pubblico che segue il pallone. Il direttore del quotidiano sportivo scrive che la posizione di Bianco «va rispettata» e afferma che «una normativa premiale che favorisca i pentiti è un elemento necessario». Eppure serve fare attenzione, affinché «l’entità dello sconto non si trasformi in un incentivo a delinquere, sapendo che in fondo ce la si cava con poco». E conclude: «Se la pena non risultasse minimamente afflittiva o cozzasse clamorosamente con quelle comminate in altre situazioni e altre città, non si farebbe il bene del Catania e soprattutto del calcio italiano».