Il coordinatore di Società aperta Lampedusa Linosa prende posizione contro i partiti che cavalcherebbero i timori legati alla pandemia correlandoli all'aumento degli sbarchi nell'isola. Il sindaco: «Non ci sono emergenze in corso»
La fotografia fake su Lampedusa come Coviland «Scatto del 2011, quereleremo chi strumentalizza»
Una foto che ritrae centinaia di migranti accompagnata dalla didascalia «Il molo di Lampedusa nelle ultime ore… benvenuti a Coviland», pubblicata sulla pagina Facebook Libertà Nazionale e condivisa da migliaia di utenti. Lo scatto però fa riferimento al 2011 e ha sollevato le proteste di alcuni abitanti dell’isola che lamentano «il danno di immagine» per un territorio che vive principalmente di turismo e che ha già affrontato la crisi legata all’emergenza Coronavirus.
Di foto come questa ne sono circolate tante negli ultimi giorni. Alcune recenti, altre vecchie. Non si tratta comunque di scatti catturati per le strade di Lampedusa ma realizzati all’interno dell’hotspot. «A qualcuno piace giocare sulla pelle delle persone che, costrette ad abbandonare il loro Paese, cercano un futuro migliore. Le foto circolate in rete non rappresentano quella realtà che qualcuno vorrebbe per i suoi giochi politici sporchi – commenta Giuseppe Nicolini, coordinatore di Società aperta Lampedusa Linosa -. Pertanto stiamo valutando delle azioni legali contro quei partiti che da anni si professano vicino a Lampedusa e ai suoi residenti, ma che poi con le loro azioni creano soltanto un danno alla nostra isola. Di certo, il problema immigrazione esiste e, nelle ultime ore, ne sono sbarcati tanti, anche se la gran parte è stata già trasferita. Ma – aggiunge – abbiamo avuto, in passato, momenti peggiori. Oggi, nonostante l’emergenza sanitaria, Lampedusa è invasa da turisti che ammirano il suo splendore ed è su questa strada che dobbiamo andare».
Negli ultimi giorni, sull’isola sono sbarcati circa mille migranti, provenienti soprattutto dalla Tunisia. «L’hotspot di contrada Imbriacola – spiega Mauro Seminara, giornalista che vive a Lampedusa – non dispone di tutti quei posti, i circa duecento disponibili sono nulla in confronto al flusso migratorio che sta interessando l’isola. Le navi traghetto che collegano Lampedusa e Linosa con la Sicilia sono già sotto pressione. Molte imbarcazioni arrivano autonomamente dalla Tunisia e bisogna considerare che al momento i rimpatri sono bloccati dall’emergenza Covid».
Per le strade di Lampedusa, tuttavia, il clima è sereno ed i turisti sono arrivati. Un attimo di respiro per gli imprenditori messi in ginocchio dal lockdown, come conferma il sindaco dell’isola Totò Martello. «Nell’era dei social – commenta il primo cittadino a MeridioNews – le notizie false sono all’ordine del giorno. Sta ai cittadini filtrare i contenuti dei post e scegliere cosa condividere. Io posso dire che è in atto la solita propaganda per screditare l’isola in un momento in cui è vero che sono in aumento gli sbarchi rispetto allo scorso anno, ma non c’è alcuna emergenza sanitaria o di altro genere. Il sistema sta funzionando».
Chi non si fida del sistema è invece Giacomo Sferlazzo, rappresentante del comitato spontaneo Lampedusa. «La questione immigrazione è molto complessa perchè si muovono interessi enormi, sia in termini economici che politici. La propaganda da una parte e dall’altra – commenta – rischia di stritolare in un tritacarne infernale, ogni discorso, ogni analisi, ogni proposta di risoluzione del problema alla radice. Andrebbero affrontate le cause per cui la gente lascia il proprio paese – prosegue Sferlazzo – ma per farlo bisognerebbe mettere in discussione l’intera politica ed economia dell’Ue anzi l’intero sistema economico neoliberista. Lo stesso sistema che tiene in piedi tutto quello che accade in Libia. Per evitare morti in mare, sfruttamento, riduzione a merce delle persone, militarizzazione dell’isola, continue emergenze, tensione sociale, bisognerebbe – conclude Sferlazzo – chiudere l’hotspot e regolarizzare i viaggi intervenendo sul mondo del lavoro ed evacuare immediatamente le persone imprigionate in Libia».