“Insensibilità e amarezza“, queste sono le parole più ricorrenti durante la conferenza di presentazione del libro “La cultura degli italiani” tenutasi, venerdì 18 marzo, sulla cultura italiana nell’Aula Magna della nostra Facoltà. Coordinatore dellincontro il preside Pioletti che ringraziando anzitutto la partecipazione dellautore Tullio De Mauro, introduce quello che poi sarà il tema del dibattito: la cultura italiana e listruzione, tra politica e ideologia.
Il libro di De Mauro ritrae brevemente tutti i gradi dellistruzione in Italia, partendo quindi dalla scuola elementare fino ad arrivare alluniversità, analizzando anche il ruolo che la classe politica negli anni ha avuto nel campo e la sensibilità dimostrata ad ogni evidente difficoltà.
Questo libro è fondato su tre tematiche principali, come dice la prof. Spampinato: la prima è una cronologia della cultura linguistica, la seconda è unindagine statistica sul livello culturale attuale, e lultima è unanalisi critica della politica adottata dai governi (sia di destra che di sinistra) nei confronti dellistruzione.
Secondo De Mauro infatti i problemi dellistruzione italiana rispecchiano il livello culturale del paese. Il sistema italiano comincia ad avere difficoltà subito, nella scuola elementare.
Il dibattito prende presto una piega politica, in difesa o contro le riforme del ministro Moratti ricordando le proposte dellautore stesso, durante il suo mandato come ministro della Pubblica Istruzione. Nel confronto la linea polemica delluniversità si fa sentire “con le ultime riforme questo governo ha cercato di spostare il ruolo dellistruzione ad una prerogativa privata“, e di certo non saranno i “più” a poter studiare, ma sarà sicuramente la minoranza.
Vari sono gli interventi contro la linea politica attuale, ma una nota stonata viene espressa dallintervento del prof. Gianni Famoso della scuola superiore Majorana.
Questultimo, infatti, espone quali siano le reali difficoltà di una scuola superiore, ricettrice di studenti che a volte “non sanno quasi scrivere” ed escono con la stessa difficoltà, della quale si lamentano i professori universitari. È chiaro secondo il prof. Famoso come questa difficoltà non derivi dalla scuola superiore direttamente, ma da ciò che cè prima, cioè la scuola media, e da ciò che cè ancora prima, la scuola elementare: da lì prende il via tutto.
Tirando le somme è evidente che il problema della cultura italiana è alla base della società stessa, e lottimismo che De Mauro fa trasparire non rappresenta unalternativa realizzabile facilmente, lottimismo in fondo è la speranza che allinterno della gestione culturale del paese si trovi una soluzione alle profonde difficoltà.
Un altro intervento molto particolare è quello della prof. Priulla, che mette a confronto una società dominata sempre dal fattore tempo, e di questultimo anche succube. La professoressa fa anche una panoramica generale della situazione italiana prendendo ad esempio la televisione, mezzo che mette a confronto tante realtà, tralasciando quella culturale. È un dato di fatto che ci sono sempre meno libri nelle case degli italiani, ed è invece proprio la famiglia il primo propulsore verso listruzione, ma che (come del resto era prevedibile) è nuda di aspettative.
Lincontro sembra avviarsi verso la fine, poco spazio è dedicato agli interventi di altri professori, critiche, complimenti, precisazioni tutte molto interessanti rivolte a De Mauro, che solo alla fine riesce ad esprimere un parere, seppur molto breve.
Un po deludente questo finale. Fortunatamente riusciamo a raggiungere lospite donore della serata che ci concede un po di tempo per qualche personale considerazione.
Su quali basi si dovrebbe fondare listruzione italiana futura?
Su tanti blocchi che insieme fanno la base. Una cosa che viene richiesta ora in Francia, dove cè stata una grande indagine collettiva promossa dal presidente Chirac, una cosa che chiediamo e che chiedono gli Stati Uniti. Il primo principio che viene fuori da queste due esperienze e a cui noi siamo affezionati è il principio del “non uno di meno”, cioè listruzione deve riuscire a prendere tutti e a portarli ai livelli per il possibile più alti. Questo significa una riorganizzazione delle scuole profonda, del modo di insegnare e del modo di formare prima e poi di reclutare gli insegnanti perché siano capaci di accompagnare positivamente studentesse e studenti tutti quanti fino a questi livelli molto più alti di quelli a cui noi siamo purtroppo abituati in Italia.
Qual è la situazione della cultura italiana oggi?
Beh, non tutti si rendono conto che questo sia il problema numero uno. Quando dico non tutti penso nellambiente intellettuale e nellambiente giornalistico. Riuscire a spiegare che questo è un fattore di coesione sociale. Raggiungere quellobiettivo del “non uno di meno” è un fattore di produttività. Carlo Cattaneo diceva che a capo della produzione stanno le idee, lo diceva nellOttocento e oggi è ancora più vero. Non possiamo lamentarci che per esempio lindustria italiana sia poco competitiva perché manca il sapere, manca il contenuto di ricerca che fa il valore aggiunto delle produzioni. Non possiamo andare avanti facendo magliette colorate. Per carità, va benissimo. Ma questo lo fanno con minori costi e magari pure meglio in Cina, nel sudest asiatico. Abbiamo bisogno e abbiamo anche le capacità di produzioni di più alto livello. Ma questo è solo uno degli aspetti.
Qualcuno non lo capisce. Nei nostri giornali non è che ci sia tra chi li fa una consapevolezza di questo. Non cè una produzione di articoli, di inchieste che dimostrino questo fatto. Questo è consegnato ai libri che circolano un pochino ma se i giornali fossero consapevoli e volessero appoggiare questa causa spiegando alle famiglie quanto sia importante tutto sarebbe molto bello.
Il futuro dellItalia è sempre lì, dietro la porta, senza però nessun incentivo positivo, lunica aspettativa che da ancora importanza allo studio è “credere e lottare per un mondo in cui tutti possano essere a turno governati e governanti“, ma lo stesso ex ministro non sembra crederci molto.
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