La Corsica in lotta per l’Indipendenza

La stampa ufficiale del villaggio globale ha censurato la notizia. C’è un popolo, nel cuore del Mediterraneo occupato dal liberalismo selvaggio, che combatte con il pensiero e con l’azione per l’indipendenza della propria terra.

C’è un’isola – nell’Europa depredata dall’elite tecnocratica, nell’Occidente dominato dal potere finanziario, nel mondo asservito a una nuova e spregiudicata razza padrona – che coraggiosamente insorge.

E’ una notizia pericolosa perché dimostra che organizzare una rivolta contro il mondo moderno, ribellarsi al regime globalista, battersi per un’alternativa rivoluzionaria con la bandiera dei princìpi comunitari è possibile. 

La lotta di questo popolo e di questa terra può diventare l’esempio vivente, storicamente concreto, di tutti quei movimenti che non si arrendono alla globalizzazione finanziaria, all’omologazione culturale, all’annientamento di un modello politico fondato sui valori dell’identità, della comunità, della giustizia sociale. Infine, la storia di questo popolo e di questa terra dimostra che una mobilitazione totale contro la globalizzazione non può nascere dall’appello alla marxiana lotta di classe perché le ragioni del conflitto non sono solo economiche. 

Dalla globalizzazione borghese non si esce con una globalizzazione proletaria; dalla globalizzazione capitalista non si esce con una globalizzazione marxista; ci sono altri fattori storici mobilitanti da tenere in considerazione: l’idea di patria, il sentimento nazionale, l’identità culturale, il movimento della partecipazione, il legame della cultura, il valore della comunità, la via economica della solidarietà e della cooperazione.

Tutto questo brilla nel bagliore delle bombe che sconvolgono ormai da anni la Corsica: echi e lampi di una battaglia che la perversa alleanza tecnocratica “mercato-mass media” ha soffocato. Ma la storia ha dimostrato che nessun totalitarismo può eliminare o nascondere in eterno il dissenso e la resistenza.

Senza fretta ma senza tregua la resistenza del popolo corso è riuscita a filtrare, comincia a farsi sentire e a diffondersi; potrebbe trasformarsi in mito capace di scuotere e mobilitare le coscienze contagiando l’intera area mediterranea e risvegliando le sopite potenzialità della Sicilia. Il popolo corso, come quello siciliano, si è sempre battuto per l’indipendenza e la libertà. Ormai da lungo tempo è operante nell’isola il Fronte Nazionale per la Liberazione della Corsica.

L’attività clandestina del Fronte consiste in una serie di attentati dinamitardi contro le ville dei ricchi stranieri che vanno a villeggiare nell’isola e contro i villaggi turistici delle multinazionali del turismo industriale; attentati senza spargimento di sangue perché volutamente compiuti quando le ville sono disabitate e i villaggi deserti.

L’intellettuale anticonformista Massimo Fini, accennando ai separatisti armati corsi nel suo libro “Sudditi”, li ha definiti “terroristi gentili”. Bersaglio del FNLC è la speculazione edilizia: si tratta di liberare la Corsica dall’invasione delle colate di cemento che mettono a repentaglio porzioni di coste e di territorio per il privilegio di pochi ricchi stranieri.

Ancora Fini ha spiegato che la proposizione di fondo di questi eco-terroristi “è, più o meno, la seguente: anche noi vogliamo lo sviluppo, ma a modo nostro, rispettando il nostro habitat, storia, tradizioni, stili di vita. Se questo significa uno standard inferiore ai livelli europei, noi ci stiamo … se dovesse voler dire rinunciare al frigorifero per tornare alla ghiacciaia, ci stiamo ugualmente”.

A sostenere politicamente la lotta armata del FNLC è il partito indipendentista “Corsica Libera” di Jean-Guy Talamoni. In un interessante reportage di Tommaso Della Longa su “Rinascita” dell’11 agosto scorso, è raccontato che Talamoni proviene dalle fila del terrorismo corso, che in passato fu arrestato dalle teste di cuoio francesi e trasportato con un Falcon militare a Parigi, che fu scarcerato dopo quattro giorni e prosciolto definitivamente perchè i francesi non riuscivano a tenere la situazione nell’isola infiammata da incendi, scontri, barricate, guerriglie urbane fino al suo rientro. 

Oggi Talamoni, uscito dalla resistenza clandestina, ha unificato le varie fazioni corse e ha la forza di trattare direttamente con il governo francese. La lotta armata del FNLC trova un punto di riferimento nella lotta politica di “Corsica Libera”. Il partito indipendentista di Talamoni, scrive Della Longa, “ha rilanciato un grande progetto di riforma costituzionale per dare all’isola più poteri e tutelare la lingua corsa e il patrimonio della cultura e dell’economia locale”. Il fine ultimo della piattaforma comune degli eletti corsi, annuncia Talamoni, è l’indipendenza della Corsica.
Non bisogna credere che quella di Talamoni sia una battaglia isolata. La scorsa estate la Corsica di Talamoni ha ospitato un convegno che ha riunito per la prima volta tutte le organizzazioni indipendentiste tradizionali: baschi, catalani, irlandesi, corsi, siciliani e sardi si sono ritrovati a Corti – antica capitale della Corsica – per discutere di un progetto comune. In Corsica, la lotta per l’indipendenza gode di un consenso popolare che si manifesta non soltanto con il sostegno elettorale a Talamoni ma anche con la diffusione nell’isola di magliette che raffigurano pastori armati che indossano il passamontagna nero: simbolo del Fronte Nazionale per la Liberazione della Corsica.
La lotta del popolo corso annuncia il risveglio delle piccole patrie e dimostra la possibilità di praticare un uso rivoluzionario del principio comunitario. Inutile negare che anche in Sicilia qualcosa del genere è possibile, è già accaduto; ma bisogna sottrarre dalle rapaci fauci dei novelli gattopardi il glorioso emblema della Trinacria dove patria, comunità e popolo si incontrano nel nome della libertà.

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