La riforma universitaria ha causato dissesti in ogni ateneo italiano, anche i giuristi si ribellano. Intervista ad uno dei rappresentanti degli studenti della Facoltà di Giurisprudenza di Catania, Luigi Randazzo
La corsa ai ripari
Uno dei rappresentanti degli studenti della Facoltà di Giurisprudenza di Catania, ci aggiorna sulle ultime vicende accademiche che prendono da vicino Villa Cerami. Si tratta di un cambiamento dovuto soprattutto ad uninsoddisfazione sia dei Presidi delle facoltà di Giurisprudenza italiane, sia degli studenti stessi che, al termine della laurea breve, non vedevano riconosciuti i loro meriti. Da qui nasce lesigenza di apportare cambiamenti. Luigi Randazzo ci spiega le modalità e i motivi che portano a tale svolta.
In che modo sono cambiati i piani di studio?
I nuovi piani di studio, strutturalmente, non sono cambiati. Si tratta di una riforma interna, voluta dai Presidi, che nasce dallinsoddisfazione verso il cosiddetto 3+2. Questultimo, infatti, in Giurisprudenza, non ha raggiunto il risultato sperato. Nella riforma che si è pensata per soccorrere gli studenti, i moduli delle materie restano invariati allinterno di ogni anno, la disposizione delle materie è identica a quella precedente. Cambia solo lorganizzazione e il passaggio di corso dal triennio alla specializzazione, sperando anche di ridurre i tempi di laurea. Come sai, il triennio finora vissuto ha causato solo rallentamenti: se allinizio, nel vecchio ordinamento era un quadriennio il tempo minimo necessario per laurearsi (nel peggiore dei casi si riusciva con un massimo di sei anni a raggiungere lobiettivo), con il nuovo ordinamento, invece, il triennio si è trasformato in un quadriennio e i due anni di specializzazione spesso diventano tre, per un totale di sette anni. Come vedi i tempi si sono ulteriormente allungati.
Allora cosa è cambiato esattamente nella vostra facoltà?
Poiché il triennio della laurea breve non dà la possibilità di iniziare direttamente quelle carriere per le quali si sceglie questo corso di studi, è chiaro come, per gli studenti e per le stesse facoltà, non è stato più possibile prescindere dalla specializzazione e quindi conseguire una laurea che partisse da un minimo di 5 anni complessivi. Tra laltro la laurea breve non è assolutamente riconosciuta in questo campo, perciò non ha alcun senso fermarsi ai tre anni.
I Presidi di molte facoltà italiane di Giurisprudenza si sono riuniti e hanno redatto un documento sottoponendolo allattenzione del Ministro, chiedendo esplicitamente di poter riformare internamente le proprie facoltà. Il cambiamento sostanziale, che entrerà in vigore dallanno prossimo, sta nel fatto che non si è più obbligati a fare una tesi e a mostrarla alla commissione a fine triennio, ma si può scegliere direttamente di passare al 4° anno, che corrisponderebbe al primo anno di specializzazione. Cosi tutti coloro i quali riusciranno a laurearsi entro lanno accademico 2006 avranno in mano la laurea breve, se si dovesse ritardare e entrare nellanno accademico successivo, si proseguirà col primo anno di specializzazione, quindi al quarto anno.
E se invece qualcuno volesse fermarsi ai primi tre anni, cosa accadrebbe?
Se si desidera interrompere la carriera ai primi tre anni, si consegue la laurea breve, il titolo di dottore e occorre la relativa tesi, tutto rimane invariato.
E se si sceglie di specializzarsi in unaltra università?
A quel punto si interrompe la carriera universitaria e funziona tutto come accadeva prima, cioè si chiede il nulla osta e ci si trasferisce in unaltra università. Chiaramente il titolo di dottore in legge non lo rilascerà la facoltà di Catania ma la facoltà nella quale ci si è trasferiti.
Ringraziamo Luigi Randazzo per le sue dichiarazioni.