«La combriccola» attorno al parco archeologico di Segesta Dal parcheggio dell’indagato per mafia alle elezioni comunali

Il tempio greco di Segesta non è solo uno dei beni che il mondo invidia di più alla Sicilia, scelto nell’ultimo anno da oltre 300mila visitatori. Questo pezzo di storia antica e tutto quello che gli ruota attorno fa gola, produce business e decide pure le elezioni comunali. È quanto emerge dall’inchiesta dei carabinieri che, nei giorni scorsi, ha portato all’arresto dell’imprenditore Francesco Isca – già indagato per associazione mafiosa e ritenuto socio in molti affari del re dell’eolico Vito Nicastri – e del vicecomandante dei vigili urbani di Calatafimi-Segesta Salvatore Caprarotta. Isca è «il dominus» del parcheggio di cui usufruiscono i turisti al parco archeologico (5 euro a macchina, 30 euro ad autobus). Caprarotta è accusato di essere il suo braccio armato per rimuovere tutti gli ostacoli: stoppando i concorrenti ed elevando una pioggia di multe, spesso dietro sollecitazione di Isca e soci, a chi lasciava l’auto lungo la strada. Tra il 2016 e il 2019 i carabinieri ne hanno contate 1.006, un numero decisamente anomalo. 

LA RETE FAMILIARE
D’altronde il vicecomandante dei vigili aveva il suo interesse affinché le cose al parcheggio andassero bene. Nella Segesta Green Tour, la società che gestisce l’area, lavorano la moglie (Maria Caprarotta, indagata), la figlia (Maria Giusy Caprarotta che è pure socia al 50 per cento della srl, non indagata), e il genero (Martino Gandolfo, non indagato). Un altro figlio, Alfonso Caprarotta (non indagato), è dipendente della Nuovi sistemi edili, la società proprietaria del parcheggio le cui quote di maggioranza sono in mano a Isca. La ditta nel 2017 ha subito il diniego della prefettura di Trapani alla richiesta di essere inserita nella white list, a causa dei «rapporti (di Isca, ndr) con mafiosi e loro familiari dell’hinterland di Vita e Salemi». 

Così, quando un altro imprenditore fa pulire un terreno vicino all’ingresso del Parco per farne un parcheggio (gratuito ma abusivo), Isca va su tutte le furie e chiama immediatamente l’amico vicecomandante, chiedendo giustizia. «Salvatore, mi sento ancora più umiliato che tu nemmeno te lo immagini! Ma qui una putìa hanno aperto! C’è la bilancia, arance, partualli (arance in siciliano, ndr), limoni, ceci, broccoli. Dovete venire subito! Non è possibile! Cioè avere la guardia di finanza dentro che mi sta facendo il culo a cappello di prete e devo essere umiliato a queste cose. Ma sono delinquente io allora che ho tremila autorizzazioni, Salvatore? Se i vigili non possono fare niente, la magistratura se ne fotte e indaga sopra di me. […] Alla giustizia italiana non ci credo più, completamente!». E ancora: «Al parcheggio da me non c’è nessuno e qua ci sono venticinque macchine! Ma di cosa stiamo parlando? Devi chiamare il prefetto, chiamate i pompieri, chiamate… non lo so… u beccamorto».

IL RUOLO DELL’EX SINDACO SCIORTINO
A venire incontro a Isca non è solo Caprarotta. Tra gli indagati c’è anche Vito Sciortino, ex sindaco di Calatafimi-Segesta. Fino a luglio del 2017 chi andava al parco di Segesta poteva tranquillamente lasciare l’auto in un’area interna pubblica. Gratis. Dal 2011 quella zona era «adibita a parcheggio permanente». Negli anni successivi, però, Comune e sovrintendenza individuano l’area dove opera Isca come l’unica che deve essere destinata al parcheggio. Così si pone il problema di cosa fare del parcheggio pubblico. A sollecitare la decisione è proprio l’ex sindaco Sciortino che, tra maggio 2017 (momento dell’apertura dell’attività di Isca) e luglio, scrive più volte alla direzione del Parco invitando a chiudere l’area gratuita. Non ottenendo risposta, invia al Parco una diffida – a sua firma ma mai protocollata – che per gli inquirenti è un atto «arbitrario», «non dettato da alcuna ragione di pubblica sicurezza o altro direttamente riconducibile alle competenze di un sindaco», «inesistente giuridicamente», tanto che Sciortino lo tiene nel suo cassetto «come un atto privato». Eppure, l’anomalo documento ottiene l’effetto sperato: l’allora direttrice del parco Agata Villa (non indagata), non ottenendo risposta scritta dal dipartimento regionale, decide la chiusura del parcheggio pubblico, «un provvedimento illegittimo – precisa la procura – basato unicamente su una richiesta del sindaco». 

I FERRARA E «LA COMBRICCOLA»
In questa storia i legami parentali hanno un ruolo di primo piano. E anche l’ex sindaco non ne sarebbe immune, essendo cugino del suo predecessore Nicolò Ferrara, primo cittadino a Calatafimi-Segesta tra il 2007 e il 2014 (anno in cui fu arrestato per avere intascato una tangente da tremila euro, mentre l’anno dopo ha patteggiato un anno e mezzo per corruzione, falso e turbativa d’asta). Cosa c’entra Ferrara? C’entra perché il figlio Giuseppe detiene l’altro 50 per cento della Segesta Green Tour. L’altra metà è, come detto, di Maria Giusy, la figlia di Salvatore Caprarotta

Ed ecco che il giro si allarga. Secondo la procura di Trapani, infatti, questa storia non si limita ai confini di «un continuo e permanente do ut des». Attorno al parco di Segesta si sarebbe formato un vero e proprio «comitato d’affari», «una combriccola» come la chiamano da tempo in paese. Dove assoluti protagonisti – oltre a Isca e ai Caprarotta – sono proprio l’ex sindaco Nicolò Ferrara e il figlio (entrambi non indagati). «Le attività finalizzate a garantire vantaggi al sodalizio – si legge nell’ordinanza – si ampliavano in un progetto quanto più possibile di lungo termine, cercando di entrare nel cuore della pubblica amministrazione i cui organi avrebbero potuto garantire la prosecuzione indisturbata delle loro attività nella zona archeologica di Segesta». 

LE ULTIME ELEZIONI AMMINISTRATIVE
Il gruppo sarebbe stato molto attivo anche per le ultime elezioni amministrative dello scorso aprile, a favore del candidato sindaco che è stato eletto. Antonino Accardo (non indagato), è uomo di fiducia di Nicolò Ferrara e, in passato, anche membro della sua giunta. «Per quanto cercassero di nasconderlo – spiegano i pm – l’obiettivo principale risultava quello di ottenere, una volta eletto il candidato sindaco sostenuto, la nomina ad assessore al Turismo di una persona di loro fiducia, attraverso la quale trarre benefici per l’attività imprenditoriale. La scelta ricadeva sulla figura di Eliana Bonì (non indagata)». La donna effettivamente verrà scelta per quel ruolo. Una decisione, quella del sostegno di Accardo, su cui «l’eminenza grigia» Nicolò Ferrara non aveva alcun dubbio. «Io questa volta – diceva in campagna elettorale, vantandosi – invece di fare il sindaco, li faccio».


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