La casa punitiva dove da trent’anni abita una famiglia «Prima non c’era il tetto ma ci piove ancora dentro»

«Non è un posto in cui si può vivere, eppure noi ci abitiamo da oltre trent’anni». Una sola stanza di pochi metri quadrati, buia e senza finestre in via Antico Corso, nel cuore del centro storico di Catania, dove dal 1991 vivono Angelo Vittorio Arena, sua moglie Michela e il loro figlio oggi 31enne. La prima cosa che si è avverte entrando è un insopportabile odore di muffa che resta addosso. Dal tetto l’acqua cade a pioggia e passa anche tra i fili della corrente scoperti. Al centro della stanza un letto matrimoniale, accanto a una parete c’è una panca con un materasso singolo appoggiato sopra, qualche mensola e una sedia con sopra una montagna di vestiti piegati. Alle pareti foto di famiglia e immagini sacre. La cucina è ricavata in un minuscolo spazio esterno coperto con una tettoia, stessa cosa per il bagno che ha un ingresso che non supera un metro e mezzo di altezza. 

«Così non si può vivere. La situazione è diventata davvero insopportabile e siamo stanchi dopo anni di promesse e delusioni da parte delle istituzioni», lamenta Arena che da troppo tempo attende una sistemazione in un alloggio dignitoso. «Dal 2009 siamo inseriti anche noi nella graduatoria per l’assegnazione di un alloggio popolare ma – racconta l’uomo – continuo ad aspettare senza mai avere risposte chiare. Tutte le volte dagli uffici comunali mi dicono soltanto che non ci sono abitazioni disponibili. Adesso – continua Arena – proprio due giorni fa mi hanno detto che ci sarebbero 24 alloggi disponibili a Librino e che le nuove graduatorie dovrebbero essere pubblicate subito dopo le festività natalizie». 

E mentre la famiglia Arena continua pazientemente ad aspettare vivendo una situazione disagiata in un’abitazione fatiscente, è l’assessore ai Servizi sociali Giuseppe Lombardo ad assicurare che «a breve ci faremo carico di questo caso. Gli uffici sono già stati allertati e, attraverso le misure che abbiamo in campo che prevedono progetti flessibili per rispondere ai bisogni abitativi, riusciremo a trovare una soluzione anche a questa famiglia». Angelo è malato di cuore e, dopo un infarto, non ha più potuto lavorare e mantiene il nucleo attraverso il reddito di cittadinanza. Tra le varie patologie della moglie c’è anche il diabete e pure il figlio ha sviluppato negli anni delle pesanti allergie dovute probabilmente a tutta una vita trascorsa in un ambiente con un’elevatissima umidità

«Anche i materassi capita che si impregnino di umidità fino a essere bagnati e siamo costretti a passare le notti in piedi o sulle sedie», dice Arena che questa struttura l’ha avuta in eredità dalla nonna paterna. In passato, pare fosse stata utilizzata come casa punitiva. Così venivano chiamate le abitazioni in cui venivano rinchiuse le suore che rimanevano incinte durante il periodo delle gravidanza e dove, qualche volta, restavano anche dopo avere partorito. «Per la mia famiglia, avrebbe dovuto essere una sistemazione temporanea – sottolinea – e, invece, sono passati trent’anni e non abbiamo mai avuto le possibilità economiche per poterci permettere una sistemazione diversa. Quando siamo arrivati qui, mi ricordo che non c’era nemmeno il tetto. Con le nostre condizioni di salute – conclude Arena – qui non possiamo più rimanere a vivere ed è per questo che faccio un appello alle istituzioni. Questa, per noi, non è più vita».

Marta Silvestre

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