La Casa della memoria operante nel covo di Riina «Ora un presidio di legalità anche nell’altra Palermo»

Una casa della legalità aperta a tutti al posto di quello che un tempo è stato un fortino della mafia e dei suoi insospettabili alleati della Palermo bene. L’indirizzo è quello di via Bernini 52 dove, insieme alla sede dell’Ordine dei giornalisti e il comando dei carabinieri, sorge da oggi anche la Casa della memoria operante, nuova sede del centro studi Paolo Borsellino. Adesso a riempire quelle che furono le stanze progettate dai costruttori Sansone, negli anni ’90 a capo di una delle imprese più potenti della città e direttamente coinvolti nel coprire le tracce di Totò Riina e della sua famiglia, ci sono libri, foto, statue, quadri. «È un passo importante sulla strada della memoria e dell’impegno», è il primo commento di Rita Borsellino, sorella del magistrato ucciso da Cosa nostra. «Importante – prosegue – perché viene da tanti passi precedenti e ne prelude degli altri. Ed è importante proprio per questo, perché non è qualcosa di fermo e statico che si guarda, si studia e si analizza. No, è qualcosa di diverso, un’evoluzione continua».

A prendere parte alla cerimonia, insieme ad associazioni, scout, cittadini e rappresentanti delle istituzioni, anche il fratello Salvatore Borsellino, che ha preferito tenersi in disparte per la maggior parte del tempo. «Avere un presidio di legalità qui dove per anni si è portata avanti la latitanza di Totò Riina è sicuramente molto importante, sono felice di esserci – dice subito -. Sansone e Riina anche vivevano in case bellissime, non ho mai visto un posto così a Palermo. Altro che latitanza ricotta e cicoria, qui si viveva praticamente nel lusso». L’entusiasmo, però, lascia presto il posto anche all’amarezza. «È importante avere un presidio di legalità in un posto come questo. Ma è altrettanto importante per me avere anche un presidio di legalità nell’altra Palermo, quella che era veramente la Palermo di Paolo. La Casa di Paolo infatti sorge nel quartiere della Kalsa, dove abbiamo vissuto da bambini e dove c’è tutto un altro strato di popolazione che ha bisogno di altre cose. Di quella Palermo, però, in troppi si dimenticano», conclude.

Mentre alle sue spalle, all’esterno della villa, si esibiscono i Picciotti della Lapa del teatro Ditirammu e posteggiata al sole c’è anche la Bibliolapa del centro studi. Tra la folla fanno capolino anche Giovanni Impastato, fratello di Peppino, ucciso a Cinisi nel ’78 e Vincenzo Agostino, il papà dell’agente Nino, crivellato di colpi insieme alla moglie Ida, incinta all’epoca, a Villagrazia di Carini nell’89. «Questa è una giornata di memoria e non soltanto di ricordo – commenta ance il sindaco Orlando – Il ricordo è freddo, mentre la memoria è chiedersi che significa oggi e ricordare quanti hanno dato la vita per cambiare la città». Una città che, secondo lui, negli ultimi trent’anni ha subito un cambiamento notevole, radicale. Soprattutto grazie a chi ha pagato con la propria vita per combattere il cancro mafioso. «Questa casa comune è un segnale molto forte di vita, in questa zona buia e nera, un segnale di legalità in quello che in passato è stato un presidio di mafia invece». 


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