Alcuni attivisti a più riprese si sono scagliati contro la stampa presente all'evento, qualcuno di loro si è spinto anche nel gazebo riservato ai cronisti solo per lanciare degli insulti. L'Ordine dei giornalisti: «Clima da rissa che ricorda gli ultras degli stadi e lo squadrismo degli anni Settanta». Guarda il video
Italia a cinque stelle, insulti e spintoni per i giornalisti Scuse da gruppi parlamentari, Grillo fomenta: «Feticisti»
Che il clima nei confronti della stampa non fosse dei più sereni, è stato evidente dall’apertura della due giorni di Italia a 5 Stelle, la kermesse nazionale del movimento fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, appena concluso al Foro Italico di Palermo. I primi segnali di insofferenza erano stati avvertiti dai cronisti già ieri, quando i corrispondenti di testate regionali e nazionali si erano accalcati prima attorno a Beppe Grillo e poi all’arrivo di Alessandro Di Battista. «E basta con queste domande», «Lasciateli respirare», «Giornalisti venduti» avevano inveito gli attivisti del Movimento, mentre lo stesso Grillo, in serata, aveva definito i cronisti dei «feticisti»
Questa mattina gli episodi più inquietanti, quando all’arrivo della sindaca di Roma, Virginia Raggi, si è assistito a spintoni e cori contro i giornalisti – tra i quali si trovava in quel momento anche chi scrive, a sua volta spintonato e insultato. La scena è questa: Raggi arriva al Foro Italico e viene subito attorniata dai giornalisti. Lei li ignora e va dritta verso il backstage, i cronisti la seguono mentre lei, sulle note della musica live dal palco, accenna qualche passo di danza, pur continuando ad ignorare i cronisti. Entrata nel backstage (scortata dai militanti che le facevano da scudo e dalle forze dell’ordine), ci ripensa e torna indietro per salutare i cittadini accorsi per parlarle. Scansa la stampa e si dirige verso il gruppo di fedelissimi, tra i quali si è intrufolato il corrispondente di MeridioNews. Appena chi scrive accenna una domanda sull’assessorato al bilancio del Comune della Capitale, ancora vacante, viene allontanato di peso dagli attivisti, al grido di «Venduto, infame, terrorista, giornalisti di m***».
Ma se, da una parte, è stata secca la presa di distanza del gruppo parlamentare pentastellato all’Assemblea regionale siciliana, che in una nota ha espresso la sua solidarietà ai cronisti, attribuendo i gesti violenti a «soggetti che nulla hanno a che vedere coi principi e gli ideali del Movimento e con lo spirito pacifico delle nostre manifestazioni», dall’altra Grillo, salito sul palco, non ha mollato la presa. Se dal gazebo della stampa, infatti, si vociferava di un comunicato di scuse, il cofondatore del Movimento ha approfittato della chiusura della kermesse per tornare ancora una volta sul tema dell’informazione, parlando dei giornalisti italiani «che sono quelli che fanno delle paginate formidabili sulla Raggi che ha i peli, che ha la cellulite, su non so cosa, questi sono i nostri giornalisti». Poi il comico genovese ha passato la parola a Julian Assange, cofondatore di Wikileaks – in collegamento su Skype – secondo cui le morti delle guerre sarebbero causate «dalle menzogne che leggiamo sulla stampa. Il dovere del giornalista è osservare, comprendere e dire la verità. Ciò che ci rende una comunità è la comunicazione». Insomma, secondo Assange, ogni giornalista avrebbe «dieci morti sulla coscienza». Parole che hanno fatto saltare sulle sedie i cronisti intenti a riportare le dichiarazioni, che subito hanno ricordato i tanti colleghi ammazzati in Sicilia proprio per avere fatto il proprio lavoro.
«Abbiamo registrato un clima da rissa con insulti, aggressioni e spintoni ai giornalisti che pretendevano di fare il loro lavoro, ponendo delle domande ai rappresentanti più in vista del M5S» ha dichiarato in una nota l’Ordine dei giornalisti di Sicilia. «Un episodio che ci preoccupa – hanno continuato da via Bernini – e che ricorda gli ultras degli stadi e lo squadrismo degli anni Settanta. Ci rivolgiamo ai dirigenti del Movimento, che dicono di voler governare l’Italia e intanto sembrano non riuscire a governare la loro piazza: la democrazia, fatto salvo il sacrosanto diritto di critica, che vale anche nei confronti dei giornalisti, impone il rispetto del lavoro altrui, specialmente di chi informa e di chi contribuisce così alla salvaguardia dei principi democratici di questo Paese».