A mettere un pontile sull’isola Lachea non ci ha pensato nemmeno Vittorio Emanuele III, quando era re d’Italia e poteva permettersi di fare tutto quello che voleva, senza dover chiedere autorizzazioni e concessioni. Perché sembra che quando sua maestà, nel 1911, visitò quell’isolotto davanti al porto di Acitrezza, non volle che costruissero nulla per ormeggiare il suo «autoscafo». Centouno anni dopo, l’Università di Catania attraverso il Cutgana, centro universitario per la gestione degli ambienti naturali e degli agrosistemi diventa, è il caso di dirlo, più realista del re. Perché non solo un attracco per le barche e i visitatori ci vuole, ma dev’essere pure di cemento. Adesso, a fomentare la protesta contro la costruzione si aggiungono una raccolta di firme organizzata dal consigliere comunale di Aci Castello Antonio Guarnera e una serie di osservazioni presentate all’assessorato regionale Territorio e ambiente dall’associazione Centro studi Acitrezza.
Da un lato la protesta clamorosa: «Raccoglieremo le firme da inviare alla commissione generale Ambiente dell’Unione europea», afferma Guarnera, annunciando la costituzione di un comitato provinciale per la difesa dell’isola Lachea. «Non esiste che venga occupata l’insenatura naturale di un sito tutelato a livello comunitario rincara la dose il consigliere castellese I cittadini sono dalla mia parte, ho fatto assemblee pubbliche, la gente non vuole il cemento a mare». Di pari passo con questa indignazione va il Centro studi trezzoto, che alla Regione ha presentato un elenco di sette osservazioni, preso atto delle quali la costruzione di un molo in muratura dovrebbe risultare impensabile. In primo luogo perché il decreto istitutivo dell’area marina protetta Isole dei ciclopi vieta «l’alterazione diretta o indiretta dell’ambiente e delle caratteristiche delle acque». Poi per via del fatto che i requisiti minimi per la concessioni demaniali marittime sono che qualunque struttura venga costruita in «acciaio zincato, acciaio inox, legno e altri materiali ecocompatibili». «Tutti materiali diversi dal cemento», sottolinea Giovanni Grasso, responsabile delle attività civiche del Csa. «Non possiamo nemmeno pensare che chi ha il compito di tutelare un bene voglia permettere che questo bene sia inquinato», prosegue Grasso. Il riferimento è all’area marina protetta, che non viene accusata solo di omesso controllo su ciò che l’Università concessionaria di isola e faraglioni vuole fare di quell’area, ma anche di appoggiare un progetto troppo invasivo. «Chi controlla il territorio deve saper controllare anche se stesso», concludono dal Csa.
La risposta di Emanuele Mòllica, responsabile dell’area marina protetta, è netta: «Il progetto non è come viene descritto». Un incontro con i referenti dell’ateneo e del comune di Aci Castello avrebbe chiarito i dettagli di una banchina ancora da fare. «Per esempio: il pontile in sé non è grande più di 20 metri quadrati», spiega Mòllica. Il fatto che sia stata chiesta la concessione per 66 metri quadrati si spiega con la necessità di «decementificare la zona, mantenendo comunque un raccordo tra l’ormeggio e i laboratori». Un altro punto chiarito dall’appuntamento avvenuto lo scorso 11 maggio «è stato quello sulla colata di cemento di cui s’era parlato: ne servirebbero soltanto 120 chili, giusto per compattare la pietra lavica con cui si farebbe la struttura». Secondo Mòllica, l’allarmismo è ingiustificato, «ma con gli ingegneri dell’Università abbiamo deciso comunque di vagliare altre ipotesi e cercare nuove possibilità». Di raccolte firme non vuole sentire parlare: «È facile cavalcare la tigre dell’antipolitica per tentare di guadagnare qualche voto in più», sostiene. Ce l’ha con Granata, il quale risponde: «Se questo pontile si farà, chiederò le dimissioni di Mòllica».
[Foto di gnuckx]
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