Una madre troppo apprensiva si rivolge all'attività commerciale per trovare l'anima gemella per la ragazza, ignara di tutto e peraltro anche già fidanzata. La donna si è poi accorta di essere stata raggirata e ha chiesto che il documento sottoscritto fosse annullato
Iscrive di nascosto la figlia a un’agenzia matrimoniale Contratto è illegale, titolare deve restituire 730 euro
Una madre troppo apprensiva, un’agenzia matrimoniale e una figlia – peraltro fidanzata – ignara di tutto. Non sono i protagonisti di una commedia degli equivoci ma di un fatto realmente accaduto, nel 2016, in provincia di Messina. Una signora sulla sessantina, inutilmente preoccupata per la situazione relazionale della figlia, sarebbe stata convinta da un’agenzia matrimoniale a sottoscrivere un contratto all’insaputa della figlia. Adesso, una sentenza ha stabilito che quel contratto illegale andava annullato e la donna ha recuperato anche i 730 euro che aveva già versato.
Circa tre anni fa, la donna va insieme al compagno convivente in un’agenzia matrimoniale per richiedere informazioni per la figlia, ignara del fatto che la ragazza fosse già impegnata. Confidate al titolare le proprie apprensioni e il desiderio che la figlia trovasse l’anima gemella, la donna viene convinta a sottoscrivere un contratto a nome della figlia. Senza nessuna delega e versando, immediatamente, una quota pari a 730 euro. «Possiamo fare tutto, ci pensiamo noi, è per il bene di sua figlia», si sarebbe sentita dire la donna che poco dopo si sarebbe resa conto di essere stata raggirata. Di fronte al rifiuto dell’agenzia matrimoniale di annullare il contatto sottoscritto, la donna si è rivolta alla sede di Confconsumatori di Santa Teresa di Riva.
L’avvocato Carmelina Cilla di Confconsumatori, pur rilevando le ingenuità della madre, ha inteso la mala fede dell’agenzia (poi riconosciuta anche dal giudice) che non poteva proporre un contratto intestato alla figlia all’oscuro di tutto e che, una volta informata della madre ha espresso la propria contrarietà. Falliti i tentativi di soluzione bonaria, si è arrivati alla causa e alla sentenza, emessa nei giorni scorsi, del tribunale di Messina, che ha riconosciuto il diritto al rimborso della madre. L’agenzia «in assoluta malafede – si legge nella sentenza – spinta dall’interesse ad acquisire una cliente, chiaramente sprovveduta e animata da preoccupazioni inesistenti sul futuro della figlia, l’ha convinta della validità della sua sottoscrizione, priva di apposita delega o procura, e della fattibilità delle prestazioni subdole offerte dal contratto».