Irsap, un mostro giuridico che ha esautorato i Comuni

di Angela Barone

Quando la legge di riforma delle Asi e di creazione dell’Irsap venne discussa ed approvata dall’Ars, venne da tutti salutata come una grande legge di riforma, perché eliminava in un sol colpo tutti i farraginosi e pletorici organi di gestione dei Consorzi Asi (Assemblea Generale e Comitato direttivo), i cui membri erano nominati da tutti i Sindaci dei territori ricadenti nei singoli Consorzi, e dalle organizzazioni produttive.

Sin da allora sollevai l’obiezione che la creazione di un nuovo Istituto regionale finiva sostanzialmente per accentrare tutte le competenze e le decisioni in materia di utilizzo del territorio e di assegnazione delle aree e delle risorse a fini industriali e commerciali nelle mani del solo Presidente della Regione.

Avevo infatti rilevato che, caso più unico che raro, con la creazione dell’Irsap il potere di conformazione dell’intero territorio siciliano, mediante elaborazione ed emanazione dei Piani regolatori delle aree destinate allo svolgimento di attività produttive, che prevalgono sulle singole discipline dei Piani regolatori di tutti i Comuni interessati, veniva attribuito ad un ristrettissimo gruppo di persone, tutte nominate dal Presidente della Regione stessa.

Infatti, mentre in passato tale potere veniva esercitato dagli organi dei Consorzi nominati, nella stragrande maggioranza della loro composizione, dai Sindaci (che in tal modo mantenevano il controllo sulla conformazione del loro territorio e, mediante controlli incrociati, sulla distribuzione delle aree industriali nei Comuni confinanti, sull’intera disciplina degli insediamenti produttivi nel territorio di riferimento), oggi invece i singoli enti locali sono stati del tutto esautorati di tale potere, a ben poco o forse nulla, rilevando la previsione della partecipazione alla Consulta delle Attività Produttive del singolo Sindaco del cui territorio si discute.

Nel 2012 avevo ipotizzato che tutto ciò rientrasse perfettamente nell’idea “cesaristica” del potere propria dell’ex Presidente Raffaele Lombardo e mi ero permessa di indicare che una riforma più democratica sarebbe stata quella di conferire tutti i poteri in materia di conformazione del territorio agli enti locali (Comuni e Province) in sede di redazione dei Piani regolatori generali comunali e provinciali, soggetti al controllo democratico del corpo elettorale.

Ma questa mia idea, identicamente espressa anche per le ipotesi di riforma degli Istituti Autonomi Case Popolari, venne ritenuta poco riformatrice, rispetto alla ‘epocale’ riforma che l’Ars aveva prodotto.

Oggi, nonostante Lombardo non sia più il Presidente e Rosario Crocetta ne abbia preso il posto, purtroppo nulla è cambiato e la deriva cesaristica è sempre dietro l’angolo, aggravata anche dal mantenimento nei ruoli rilevanti, e nonostante le specifiche indicazioni fornite dalla giurisprudenza amministrativa, dei medesimi personaggi dell’era Lombardo, buoni per tutte le stagioni, e solo ora l’Ars si rende conto che forse quella riforma così epocale non era.

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