Per i precari catanesi lunedì 27 aprile sarà una giornata speciale. Proprio nel giorno in cui l’Ateneo è impegnato nelle elezioni del rettore, il Coordinamento precari della ricerca dell’Università e degli enti di ricerca organizzerà infatti la “Giornata del ricercatore precario”. Una giornata che ha come slogan “Io non voto ma ricerco” e che sarà articolata in due momenti. La mattina alle 10.30, presso l’Edifico Polifunzionale della Facoltà di Ingegneria (Cittadella Universitaria) verrà presentato e distribuito il questionario “Indagine sul lavoro atipico nell’Università di Catania”. Un questionario, precisano gli organizzatori dell’iniziativa, che «servirà a “fotografare” le condizioni e le caratteristiche della “ricerca precaria” all’interno del nostro Ateneo».
Il secondo momento consiste una riflessione sulla funzione democratica dell’istruzione e della ricerca universitarie che parte dai problemi dei precari ma non si esaurisce in essi. Da qui l’iniziativa di una tavola rotonda su “Università e democrazia”, che si svolgerà a partire dalle 16.30 presso i locali del Medialab (Piazza Dante n. )13. Parteciperanno i docenti Maurizio Caserta (Economia), Vincenzo Cucinotta (Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali), Luciano Granozzi (Lingue e letterature straniere), Francesco Priolo (Scienze Matematiche, fisiche e naturali).
«Un’università migliore – scrivono gli organizzatori dell’iniziativa nel comunicato di presentazione dell’iniziativa – significa maggior benessere e una migliore qualità della vita democratica di questo Paese. I recenti provvedimenti legislativi, improntati soltanto all’indiscriminata riduzione del finanziamento pubblico all’università, determineranno nei prossimi anni pesanti conseguenze sulla complessiva qualità del sistema della ricerca e della formazione universitaria di questo Paese. Tali interventi legislativi non esprimono alcun disegno di rilancio e miglioramento dell’università italiana, tanto da far pensare che essi siano, piuttosto, una tappa di un processo di progressivo smantellamento dell’Università pubblica. Essi sono stati supportati da un violento, quanto ipocrita, attacco mediatico all’università pubblica, dipinta come un indistinto rifugio di “baroni” nepotisti e “fannulloni”».
Ciò non significa affatto, però, che si debba difendere in toto l’esistente: «Noi siamo consapevoli dei difetti e delle storture dell’attuale organizzazione del sistema universitario ma riteniamo che l’università pubblica sia un’istituzione democratica utile e preziosa. Siamo anche consapevoli del fatto che una parte importante dell’attività didattica e scientifica nelle nostre università è oggi possibile grazie all’impegno di tanti giovani studiosi che quotidianamente svolgono un lavoro di elevata qualità, con scarsi riconoscimenti e in condizioni di precarietà e incertezza del futuro. Questi giovani, già mortificati dalle condizioni di precarietà del loro lavoro, sono la categoria più colpita dai provvedimenti sull’università. Il taglio indiscriminato di risorse non premia il merito né sanziona il demerito, ma priva i giovani ricercatori e l’università tutta dell’opportunità di un futuro».
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