Perché l’università propone incontri con artisti nell’ambito del percorso disciplinare? Perché sono l’esempio vivente della realizzazione di un sogno e dell’impegno in un mestiere, e nel caso specifico di Fabio Volo anche perché è un grande comunicatore. Che difende a spada tratta non il dovere dello studio ma il diritto a sapere, conoscere quando si […]
Intervista al Volo dItalia e non solo
Perché l’università propone incontri con artisti nell’ambito del percorso disciplinare? Perché sono l’esempio vivente della realizzazione di un sogno e dell’impegno in un mestiere, e nel caso specifico di Fabio Volo anche perché è un grande comunicatore. Che difende a spada tratta non il dovere dello studio ma il diritto a sapere, conoscere quando si hanno lo stimolo e la voglia. Approfittiamo della sua disponibilità per una chiacchierata.
Il film “Uno su due” è una commedia umana sul tema dell’attesa, la riscoperta del valore dell’altro e la rimozione della paura. In apertura il tuo personaggio afferma di aver trovato il metodo per superare la paura. Tu appari molto forte, c’è qualcosa di cui hai paura? Se sì, qual è il tuo rimedio? Come riesci a superarla? Io devo ammettere di essere molto fortunato, perché non sono una persona molto timorosa. Forse la mia unica paura è il dover dipendere dagli altri, perché amo essere autosufficiente. Ecco questo. E il rimedio è cercare di non pensarci e continuare a vivere nella maniera più indipendente possibile.
“A uno su due va bene”. A te Fabio Bonetti come è andata? Nel titolo abbiamo voluto mettere il concetto di scelta perché il personaggio è uno che sceglie, che ha la possibilità di cambiare. Così come ognuno di noi che è tante persone, ma alla fine deve sopravvivere: o sei te stesso o sei quello che gli altri vogliono che tu sia. A me piace essere me stesso e mi sento privilegiato perché posso farlo… adesso. All’inizio è stato più faticoso però.
Sai del microbiologo per l’appunto catanese che è precipitato con il parapendio ed è rimasto appeso ad un albero in una foresta toscana per 3 giorni? Anche tu hai avuto una defaillance, che abbiamo visto su youtube, pubblicata da te stesso a detta dei più maliziosi… Sono svenuto perché avevo l’imbracatura troppo stretta, non riuscivo a respirare e ho perso i sensi. Io personalmente non avevo quel video, l’ho saputo tramite la radio. Penso che sia stato qualcuno della produzione, promozione o distribuzione.
Una trovata pubblicitaria, insomma.. Beh, non posso affermarlo con sicurezza ma credo di sì, anche perché è stato pubblicato una settimana prima dell’uscita del film nelle sale.
Cosa hai pensato sul momento –dopo aver ripetuto mille volte “son svenuto”? Credevi di essere morto? Quello che si vede nel video è tutto vero. Mi sono svegliato dopo aver strisciato a terra, e sai, svenire a quell’altezza lì è davvero rischioso… se non avessi avuto l’istruttore dietro potevo anche morire. Ho pensato e detto “certo che quando muori non ti accorgi di nulla!”.
Quanto c’è di Lorenzo in te? E interpretare questo ruolo ti ha cambiato dentro? Devo dire che scrivere un romanzo o interpretare un ruolo in un film un po’ mi cambia sempre, nel senso che lascio lì un pensiero, un sentimento, un’emozione che finirà per non appartenermi più; è come se ti scaricassi un po’ e poi sei alla ricerca di qualcos’altro che ti possa riempire. Per cui mi ha cambiato nel senso che sono partito alla volta di nuove curiosità.
Io parlavo del tema dell’uomo sul filo del rasoio, sospeso tra la vita e la morte.. ha stravolto il tuo approccio con la vita? No, da quel punto di vista non mi ha cambiato, non mi ha dato un’attenzione maggiore alla vita proprio perché ce l’avevo già, ero già cosciente di questo percorso per altri episodi accaduti nel passato.
Ti riferisci al fatto che terminata la fase di scrittura, sei finito in ospedale vivendo un’esperienza molto vicina al tuo protagonista, quasi in osmosi, seguendo i dettami del metodo Stanislavskij… Non so di preciso cosa è successo, è stata una cosa strana. Qualche giorno prima delle riprese mi sono ammalato ma dopo poco mi sono ristabilito. Credo che ci fosse qualcosa di più profondo, di carattere psicosomatico.
Nel film dici “Io mi affido…”. Che vuole intendere il personaggio secondo te Fabio? Fidarsi delle persone è già difficile, affidarsi è un passo successivo. Io nei miei rapporti cerco sempre di fare scaturire una fiducia e anche un “affidarsi”. In questo ci rientra anche il discorso del cattolicesimo del “lasciate che i pargoli vengano a me” ricordando il bambino che si affida al genitore. Ma in effetti può essere riferito anche all’adulto che deve tornare ad essere bambino per affidarsi a qualcosa di più grande, che lo trascende, che è Dio.
Passando dal sacro al profano… In “Manuale d’amore 2” la promozione ha puntato tanto sull’attesa scena di sesso Scamarcio-Bellucci, deludente in confronto alla tua performance insieme ad Anita. Hai qualche aneddoto da svelarci invece tu a posteriori? È molto imbarazzante girare una scena di sesso anche per un tipo così spavaldo come me. Con delle persone che ti guardano diventa tutto molto meccanico, tutto tranne che un fatto sessuale! E poi bisogna rispettare una certa dinamica, l’attenzione alla macchina da presa, la tempistica, insomma non c’è una vera relazione con l’altro. È come fare ginnastica… solo che ansimi anziché sbuffare!
Sei sempre molto “estroverso” riguardo al sesso…in tutte le forme artistiche in cui ti sei manifestato: dai libri, all’arte oratoria in radio, al grande schermo adesso. Non ti inibisce l’idea che quello che fai e dici al riguardo verrà poi letto, sentito, visto dai tuoi genitori o dalla zia Leti? Eh sì, quando ti racconti con i tuoi amici è molto diverso rispetto a quando lo fai in famiglia. Anche se sono romanzi, film, finzione è ovvio che si mette sempre una parte di noi stessi e chiaramente dà più fastidio che la vedano i tre in casa piuttosto che le centinaia di persone fuori, ma ormai si sono abituati a me, sanno che fa parte del meccanismo, siamo cresciuti tutti!
Soffri di gamofobia, ovvero della paura di sposarsi? O un giorno, presto o tardi che sia, Peter Pan crescerà e metterà su famiglia, nell’accezione più comune del termine? Io? No, no. Non ho paura di sposarmi, non è una cosa che mi affascina, trovo la coppia una dimensione sociale sovrastrutturata e sopravvalutata, finché la si intende come un dipendere dall’altro sia dal punto di vista economico e peggio ancora emotivo.
Dove ti vedi tra 10 anni? Spero di avere una vita più lenta, ma ancora la curiosità che ho adesso e che mi spinge a ricercare e fare tutto ciò che faccio. Con un cagnolino e qualche marmocchio.
Hai affermato che vivi di progetti. Cosa hai in cantiere? Il 3 Aprile inizierò un programma televisivo, sulla scia del successo dello scorso anno, da Parigi dal nome Italo-francese, mentre la mattina continuerò a trasmettere alla radio in diretta da lì. In seguito vorrei andare a New York per la stesura del nuovo romanzo e nel frattempo sto leggendo delle sceneggiature, per cui probabilmente farò un altro film entro l’anno.
La última pregunta voy a ponértela en español. Después de tanto éxito, viajes, trabajos, mujeres y popularidad… ¿qué pides más a la vida? Me gustaría sólo estar un poco más tranquilo y ponerme de manera diferente frente a la vida. Gozármela y “tomar de todo un poco”, como dice Julio Iglesias… Y si me dejas no vale.
¡Vale, vale! Muchísimas gracias.