Indagine Ong, parla direttore della spagnola ProActiva «Procuratore venga a bordo a vedere come lavoriamo»

«I sospetti possono essere leciti, ma non si accusa senza prove. Il procuratore Zuccaro salga a bordo con noi, venga a vedere come lavoriamo». Riccardo Gatti difende con veemenza il lavoro della Ong di cui è direttore operativo, la spagnola ProActiva Open Arms. Lo fa telefonicamente al culmine dell’ennesima giornata segnata da un’escalation di accuse nei confronti delle organizzazioni non governative impegnate nel salvataggio dei migranti nel Canale di Sicilia. Quelle politiche seguite alle nuove contestazioni del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro: «A mio avviso alcune Ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti. Un traffico che oggi sta fruttando quanto quello della droga».

Gatti, avete mai avuto contatti diretti con scafisti, trafficanti o semplici migranti sui barconi?
«Nessun contatto diretto. Sappiamo che a volte la Guardia costiera italiana riceve telefonate dirette dai migranti, perché in Libia possiedono il numero istituzionale dei soccorsi. Chi chiama? Non possiamo dire se sono trafficanti o famigliari, spesso gli stessi migranti sui barconi hanno cellulari o satellitari. In ogni caso le chiamate di soccorso alla Guardia costiera si trasformano nei cosiddetti target. A quel punto la Guardia costiera ci dà una posizione e l’orario della chiamata, e noi ci muoviamo».

Mai avuto contatti con i migranti nemmeno dopo aver ricevuto l’ordine di intervenire da parte della Guardia costiera?
«No, lo ripeto. Mai avuto contatti diretti. Noi ci dirigiamo nella posizione che ci hanno indicato, poi facciamo una stima della distanza che possono aver coperto e li andiamo a cercare verso Nord».

Capita che siate voi a comunicare alla Guardia costiera la presenza di imbarcazioni con migranti a bordo?
«Certo. Abbiamo due radar a bordo e tutti scrutiamo l’orizzonte con i binocoli. Quando li vediamo, lo comunichiamo a Roma».

Vi è capitato di intervenire dentro le acque territoriali libiche?
«Sì, ma solo in caso di naufragi. Se invece, trovandoci al limite delle dodici miglia, vediamo imbarcazioni dentro le acque territoriali libiche che non sono in difficoltà, non interveniamo».

Eppure le contestazioni della Procura di Catania si fanno sempre più insistenti.
«Il procuratore Zuccaro continua a fare dichiarazioni sui media. Ma se ha informazioni così gravi, perché non ha scritto nessuno nel registro degli indagati? So che le informazioni in fase di indagini non dovrebbero essere rese note, non credo che a livello deontologico quello che sta facendo il procuratore sia corretto. In ogni caso, salga a bordo con noi per vedere come lavoriamo».

Un’altra delle accuse è che alcune Ong sono finanziate dai trafficanti. Le autorità giudiziarie vi hanno mai chiesto l’elenco delle donazioni che avete ricevuto? 
«No, mai. Nessuno ci ha chiesto niente. Noi siamo trasparenti, non possiamo pubblicarle per questione di privacy, ma se la magistratura ci chiedesse queste informazioni, non avremmo nessun problema a fornirle».

Quanti soldi avete ricevuto e chi sono i vostri sponsor?
«Nel 2016 abbiamo avuto 32mila donazioni per un totale di 2 milioni e 200mila euro. Ci hanno sostenuto personalità di spicco del mondo dello sport e della musica in Spagna. E posso citare Xavi (il centrocampista del Barcellona ndr), Pep Guardiola (allenatore del Manchester City ndr), mentre siamo in trattative con le società Barcellona e City. Tre settimane fa una signora di Barcellona ci ha lasciato in eredità 118mila euro».

Come avete fatto a raggiungere questa popolarità?
«Tutto nasce a Lesbo, quando l’emergenza migranti era in Grecia. Il fondatore della ong, Oscar Camps, iniziò con propri fondi gli interventi di salvataggio. Grazie a un buon lavoro di presentazione del progetto, la società civile spagnola ha iniziato ad appoggiare la nostra azione. Quando cominciarono ad arrivare gli aiuti economici, è stata creata la Ong».

Dove vanno i soldi che raccogliete?
«Solo il 5 per cento viene speso in logistica e comunicazione, il resto va alle operazioni di soccorso in mare».

Quanti mezzi avete?
«Abbiamo iniziato con il veliero Astral, prestato dall’armatore italiano Livio Lo Monaco, ma è rimasto fermo in inverno per problemi tecnici. Allora abbiamo affittato la Golfo Azzurro, che è attualmente a Barcellona per riparazioni. Adesso ci è stata ceduta un’altra nave in comodato d’uso che inizierà a lavorare dalla prossima estate. Tra qualche mese opereremo quindi con almeno due navi».

Perché secondo lei si registra questa escalation di accuse alle Ong?
«Perché si vuole creare sfiducia attorno a noi, temo che vogliano toglierci di mezzo perché diamo fastidio. Mostriamo una realtà scomoda: abbiamo a bordo giornalisti che intervistano i migranti. Grazie a loro sono emerse le violenze e le torture in Libia. E l’Europa paga il governo libico per allenare la Guardia costiera che non si sa bene cosa fa. Dopo la fine della missione Mare Nostrum, c’è un vuoto istituzionale che abbiamo colmato. Chi adesso ci accosta a trafficanti e criminalità organizzata fa dichiarazioni molto gravi».


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