Inchiesta sul carabiniere che si è tolto la vita Sequestrati pc e smartphone per analizzarli

Decine di militari dell’Arma dei carabinieri si sono stretti stamane attorno alla famiglia del maresciallo Giacomo Marzaro, all’obitorio dell’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta dove si trovava la salma del sottufficiale che si è tolto la vita lunedì notte con la pistola d’ordinanza a Vallelunga Pratameno.

Da Zeppola, in provincia di Pordenone, sono giunti il padre medico e la sorella con altri congiunti, visibilmente provati e chiusi in un dolore profondamente composto. A porgere le condoglianze alla famiglia è stato il colonnello Gerardo Petitto, comandante provinciale dei carabinieri di Caltanissetta. Alcuni giovani colleghi di corso, amici del carabiniere, sono giunti da Palermo per supportare la famiglia. Il corpo del militare è stato caricato sul furgone di una ditta di pompe funebri dopo essere stato vestito in uniforme.

L’inchiesta aperta dalla magistratura punta a ricostruire le ultime ore di vita del maresciallo nella notte tra il 30 e il 31 gennaio scorsi e sono stati sequestrati Pc e smartphone che saranno adesso analizzati. Non essendo stato trovato alcun messaggio scritto, gli inquirenti cercano una traccia nel computer per comprendere le cause della morte violenta del giovane maresciallo.

Forse a pesare è stato l’isolamento di una vita in un piccolo e così lontano paese oppure l’insoddisfazione. Sin da quando era brillante studente del liceo classico Leopardi Majorana di Pordenone, Marzaro avrebbe accarezzato l’idea di una carriera nell’Arma. Quella di Vallelunga Pratameno, paese arroccato nel Vallone, è una piccola stazione con quattro militari in servizio, compreso il comandante. Che dipendeva gerarchicamente dal comando afferente la compagnia di Mussomeli


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