Incendi, catasti vecchi anche nelle città più colpite A Randazzo i consiglieri non vogliono aggiornarlo

Nonostante da anni sia un obbligo di legge, continua a essere trascurato da tantissimi Comuni. Parliamo del catasto incendi, il registro nel quale ogni ente locale è tenuto a segnare le particelle di terreno – siano boschi o semplici aree incolte in città – in cui si sono verificati roghi. Il tutto con l’obiettivo di fotografare le zone che dovranno essere sottoposte ai vincoli previsti dalla normativa. Che in tal senso parla chiaro: dove ci sono state le fiamme, per 15 anni non si potrà effettuare alcun cambio di destinazione d’uso; per dieci non si potranno portare a pascolo gli animali, praticare la caccia o costruire immobili (a meno che non si fosse già in possesso delle autorizzazioni); mentre per un lustro non si potrà fare opere di rimboschimento con soldi pubblici.

Tutte misure che però, in mancanza di documenti che cristallizzino gli accaduti, difficilmente possono essere applicate. Negli scorsi giorni a lanciare un appello alle amministrazioni comunali era stato uno dei responsabili dei distretti forestali siciliani, che aveva messo in guardia dal privarsi di un possibile deterrente per coloro che hanno interessi ad appiccare gli incendi, mentre Anci Sicilia ha ammesso come la maggior parte dei Comuni dell’Isola non abbiano il catasto aggiornato, che per legge avrebbe bisogno annualmente di essere arricchito di nuovi dati.

E se statistiche regionali non sembrano essercene, quello che si può fare è capire quale sia la posizione dei Comuni che sono stati più danneggiati. Tra essi c’è Misilmeri. Nel centro del Palermitano i roghi dolosi, che hanno impegnato vigili del fuoco, operai forestali del servizio antincendio e in alcuni casi anche personale del Comune, sono stati diversi. Nonostante ciò, il catasto incendi non è aggiornato da anni. A confermarlo è la sindaca Rosalia Stadarelli. «Gli ultimi dati risalgono al 2009, un anno dopo l’istituzione – dichiara la prima cittadina -. Ad avere influito è stato lo scioglimento per mafia». Stadarelli si è insediata nel 2014, ma da allora l’ente non è riuscito a elaborare il nuovo aggiornamento che, secondo la legge, deve essere approvato dal consiglio comunale. «Gli uffici stanno lavorando alla raccolta dei dati, la volontà di aggiornarlo c’è», assicura la sindaca, che a inizio estate ha provato a pianificare le misure di prevenzione degli incendi insieme al corpo forestale e agli altri primi cittadini del comprensorio.

Spostandoci sulla costa ionica, a essere rimasto indietro è il Comune di Acireale. Qui, un mese fa, un vasto ha distrutto terreni incolti a ridosso del centro città e minacciato lo stesso comando dei vigili del fuoco. «Il catasto non è più aggiornato da quando c’era la passata amministrazione – spiega l’assessore all’Ambiente Francesco Fichera, in carica dal 2014 -. Il ritardo è stato dovuto a problemi di distribuzione di competenze tra i vari uffici. La nostra amministrazione per risolvere i problemi ha concluso una conferenza di servizio tra i settori coinvolti delineando chi deve fare cosa. A conclusione della stagione antincendio – continua Fichera – prenderemo tutti i rapporti sulle aree percorse dal fuoco e si predisporrà la delibera di aggiornamento».

Le cose vanno invece meglio a Messina e Patti, città che in momenti diversi hanno visto andare in fumo vaste porzioni di territorio e messa in pericolo l’incolumità degli abitanti. «Da noi il catasto è aggiornato – spiega l’assessore all’Ambiente del capoluogo peloritano Daniele Ialacqua -. Sul sito il registo è consultabile e aggiornato al 2015, mentre gli uffici hanno già pronti i dati riguardanti il 2016». A Messina, l’attenzione al momento è posta sul rischio idrogeologico che potrebbe derivarne. «Crocetta ci aveva assicurato di agire in deroga per consentire il rimboschimento delle zone a rischio cedimento, ma finora non abbiamo saputo nulla – prosegue -. Per questo, in vista delle piogge, ci stiamo concentrando sulla pulizia degli alvei dei torrenti». A dichiarare di tenere particolarmente al catasto incendi è il sindaco di Patti Giuseppe Aquino. «Gli ultimi dati sono del 2016 – assicura -. Qui in passato per gli incendi abbiamo perso delle vite e per quanto non credo che basti per mettere fine ai roghi, lo aggiorniamo con regolarità».

Per due Comuni che rispettano le direttive, ce ne sta uno in cui il registro dei roghi è diventato un caso politico. A Randazzo, Comune ai piedi dell’Etna, il catasto non è aggiornato da sei anni. Dietro al ritardo ci sarebbe qualcosa di più di una lentezza burocratica. Dal 2013, infatti, il sindaco Michele Mangione ha cercato tre volte di portarlo in aula, senza però riuscire mai a fare esprimere il consiglio comunale. «Nessuno ha mai dichiarato di non volerlo aggiornare per difendere gli interessi di qualcuno – commenta il primo cittadino a MeridioNews – ma so che c’è chi ritiene che sia troppo restrittivo per i piccoli proprietari». E nonostante Mangione affermi che «gli incendi si verifichino sempre nelle stesse aree», e per questo l’aggiornamento aggiungerà poco all’esistente, la mancata redazione dei dati va contro la legge. «Ne sono pienamente cosciente ed è per questo – conclude il sindaco – che ho deciso di approvare in giunta la delibera per poi mettere i consiglieri davanti alla responsabilità di bocciarlo».

Infine c’è chi, nonostante sia impegnato in prima persona nel cercare di fronteggiare i danni causati dagli incendi all’economia locale, ammette di non essere al corrente dello stato di aggiornamento del registro. «Al momento mi trovo a Roma – ha detto ieri il sindaco di Chiaramonte Gulfi, Sebastiano Guerrieri -. Sto portando avanti la richiesta dello stato di calamità per le nostre aziende. Il catasto? Ci siamo insediati da pochi mesi, dobbiamo ancora lavorarci».


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