In ricordo di un amico che ci ha lasciato

Si muore così, in un qualsiasi pomeriggio di un qualsiasi luglio, mentre l’aria rinfresca e ne siamo felici e con la camicia meno sudata ci avviamo ad aprire la nostra libreria, e mentre pensiamo che tra un paio di secondi fiuteremo il solito, caro, noto odore di libri vecchi e di libri nuovi (due odori ben distinti e che non si mischiano tra loro), eccola che arriva, e ci porta via. Io la immagino come uno scheletro beffardo su uno scheletrico cavallo, il “Trionfo della Morte”, sospeso e apparentemente immobile, proprio come quello del Palazzo Abatellis.

Magari non ci eravamo lavati bene i denti, e se fossimo vivi, ce ne vergogneremmo persino un po’… Ma la morte è, sa essere, incredibilmente ridicola e irrisoria, e se non l’avete letto, vi invito a leggere dell’argomento sapientemente trattato da Javier Marias nel suo libro dal titolo: “Domani nella battaglia pensa a me” (e cada la tua lancia), pubblicato qualche anno fa da Einaudi.

Penso che quando muore un libraio, persino il più supponente della terra come Lorenzo Giordano, abbiamo tutti di che piangere, con lui va via un pezzo di storia di Palermo, forse la più colta, sicuramente la più tenace..

Grande giocatore di scacchi, Presidente dell’omonima società palermitana che ha visto le partite più belle disputarsi sotto il suo giudizio, grande libraio antiquario fondatore della libreria umanistica“L’Aleph”, piccolo angolo antiquario e culturale tra via Gioacchino di Marzo e via Arimondi.

Per chi non ha letto il breve racconto di Borges, l’Aleph, oltre a essere la prima lettera dell’alfabeto greco sembrerebbe essere il punto dal quale si può vedere il mondo, tutto, contemporaneamente, sovrapposto e immenso… un punto – e ne esisterebbero più di uno – che contiene ogni cosa. Non il riassunto delle cose, ma di ogni cosa nella sua completezza, la coesistenza di tutto accuratamente sovrapposto e trasparente, così da poter vedere distintamente ogni elemento come entità autonoma. (foto a destra tratta da laparolamagica.blogspot.com) 

Aleph conterrebbe anche noi stessi, quello che è stato, ogni luogo, comprese queste parole che leggete in questo istante; Borges lo descrive agilmente in poche pagine seppure possiamo trovarvi l’intera sua narrativa, la Biblioteca di Babele e gli specchi, la sua vita e ogni cosa immaginata fino ad allora.

Se avessimo gli occhi capaci di guardare, potremmo trovare un Aleph nei punti più impensati della terra, dentro una pietra o nell’angolo buio di una cantina, probabilmente senza vederlo. Nemmeno Borges scopre l’Aleph da solo ma gli viene rivelato da certo Carlos Argentino, un poeta di bassa lega retorico e formale che ne fa pessimo uso, spendendo tutta la vita per descrivere in versi minuziosi l’intero pianeta. Non so sia un bene o un male il fatto che non siamo in grado noi umani di concepire una verità così assoluta, è probabile che finirebbe per farci rinunciare a qualsiasi iniziativa personale, diversa dall’osservare l’Aleph; ma una piccola parte di Aleph è comunque dentro ognuno di noi, lo costruiamo attimo dopo attimo e lui, l’Aleph, incompleto e parziale, alimenta la memoria che contiene tutti i nostri passati, distinti ed innumerevoli. Una piccola porzione di verità universale.

L’avevo incontrato poco tempo fa, Lorenzo, e da libraia a libraio gli avevo venduto una perla rara, introvabile ormai come l’opera omnia di Cornelius Agrippa pubblicato dai fratelli Beringos in una fittizia tipografia di Lione nel 1600… Sapevo che era l’unica persona che a Palermo avrebbe apprezzato un’opera del genere e che avrebbe saputo a chi indirizzarla per far sì che sarebbe durata nel tempo ancora e ancora, per salvarla.. Dopo la solita discussione sul prezzo e sulla bontà dell’opera ci siamo salutati con affetto… Eravamo quelli che alle riunioni o presentazioni di libri, venivamo ripresi, come diceva lui, per il nostro gran parlare. Avevamo sempre tante cose da dirci e tante altre per le quali litigare. E’ stato il mio maestro, alla notizia della sua scomparsa è morta una parte di me. Grazie ancora per l’ultimo libro che mi hai regalato, Lorenzo, “Memorie di un vecchio giardiniere”, che io scelsi tra quelli esposti sul tuo tavolo proprio perchè ho avuto la sensazione che contenesse qualcosa di te; molto raffinato, freddo e ironicamente inglese.

Voglio dedicarti questa poesia di Strinberg, “Nell’avenue de Neuilly”, che sembra sia stata scritta per noi, anacronostici librai di un tempo ormai in disuso:

 

Nell’avenue de Neuilly

c’è una macelleria, e quando vado in città

sempre ci passo davanti.

 

La grande vetrina aperta

riluce rossa di sangue,

su bianche lastre di marmo fuma la carne appena macellata.

 

Oggi dalla porta di vetro pendeva

un cuore, credo di vitello,

che ravvolto nella carta goffrata

pareva tremasse dal freddo.

 

Allora i miei pensieri corsero veloci

Alle vecchie botteghe di Norrbro,

dove file di scintillanti vetrine

sono contemplate da donne e bambini.

 

Là pende nella vetrina del libraio

Un libretto dall’involucro sottile.

E’ un cuore divelto

Penzolante dal suo uncino.

 

Arrivederci antipatico, signorile, tracotante a volte, ironico spesso, sempre sorridente, fumaiolo, fumettoso e strepitoso personaggio di una Palermo che scompare, mi rimangono di te il tuo assegno ormai scambiato, i tuoi preziosi consigli, i ricordi libreschi e le tue mails.

Arrivederci Lorenzo, il Mare Magnum delle nostre domande troverà in qualche luogo una risposta…

24/07/2012 Cettina Vivirito

Foto di prima pagina tratta da alephlibreria.it


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Si muore così, in un qualsiasi pomeriggio di un qualsiasi luglio, mentre l'aria rinfresca e ne siamo felici e con la camicia meno sudata ci avviamo ad aprire la nostra libreria, e mentre pensiamo che tra un paio di secondi fiuteremo il solito, caro, noto odore di libri vecchi e di libri nuovi (due odori ben distinti e che non si mischiano tra loro), eccola che arriva, e ci porta via. Io la immagino come uno scheletro beffardo su uno scheletrico cavallo, il "trionfo della morte", sospeso e apparentemente immobile, proprio come quello del palazzo abatellis.

Si muore così, in un qualsiasi pomeriggio di un qualsiasi luglio, mentre l'aria rinfresca e ne siamo felici e con la camicia meno sudata ci avviamo ad aprire la nostra libreria, e mentre pensiamo che tra un paio di secondi fiuteremo il solito, caro, noto odore di libri vecchi e di libri nuovi (due odori ben distinti e che non si mischiano tra loro), eccola che arriva, e ci porta via. Io la immagino come uno scheletro beffardo su uno scheletrico cavallo, il "trionfo della morte", sospeso e apparentemente immobile, proprio come quello del palazzo abatellis.

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