Sono due provvedimenti della Ragioneria generale di Palazzo degli elefanti che elencano il numero di cartelloni promozionali «che può essere escluso dall'esecuzione della sentenza». Vale a dire il pronunciamento della giustizia amministrativa che ritiene abusiva «qualunque sanatoria sul mercato delle affissioni»
Impianti pubblicitari, il Comune aggira il Cga Autorizzati 176 cartelloni dichiarati «illegittimi»
Il 20 ottobre 2015 il Comune di Catania autorizza 176 impianti pubblicitari. Una cosa normale, se non fosse che una sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa definiva quei cartelloni pubblicitari, e molti altri, illegittimi. È il nuovo capitolo dell’intricata vicenda relativa alla cartellonistica in città. Una storia che comincia nel 2014, quando – in mancanza di un regolamento per l’attribuzione degli spazi – l’amministrazione etnea stipula un protocollo d’intesa con quasi tutte le ditte del settore. Nello specifico, «il 98 per cento degli addetti ai lavori», spiegava Palazzo degli elefanti all’epoca. Un documento contro il quale si scagliano i dissidenti, vale a dire il restante due per cento. Che scelgono di portare gli uffici comunali davanti alla giustizia amministrativa. Il ricorso al Cga della società Job creation è del 2014 e la sentenza con la quale la commissione dà ragione alla piccola società etnea è dell’8 maggio 2015. Ma la direzione Ragioneria generale del Comune, il mese scorso, scrive: «Di seguito si comunica il numero degli impianti che può essere escluso dall’esecuzione della sentenza». «Ricordiamo che un pronunciamento del cga è definitivo», arringava ieri in commissione Bilancio il vicepresidente Niccolò Notarbartolo, chiedendo chiarimenti – mai arrivati – all’assessore Giuseppe Girlando.
Gli impianti pubblicitari sul territorio di Catania, secondo il Comune, sono circa 6500. Di questi, quasi 1500 sarebbero quelli non in regola con i provvedimenti di riordino varati dall’amministrazione comunale. Situazioni illecite sanate con il protocollo d’intesa voluto e sponsorizzato dal primo cittadino Enzo Bianco. Solo che proprio quell’accordo tra pubblico e privati è finito al centro della sentenza del Cga. «Va esplicitato – si legge nel documento – come il Comune di Catania non possa, legittimamente, rimettere il contenuto dei propri provvedimenti a una sorta di negoziazione tra e con gli operatori del settore, allorché i risultati di quest’ultima diano luogo ad autorizzazioni per la gestione di impianti pubblicitari non conformi al piano generale degli impianti». E non solo: «Non può considerarsi legittima – continuano i giudici amministrativi – la concertazione, con gli operatori già presenti nel mercato di riferimento, di una qualunque sanatoria delle pregresse situazioni di illegittimità». Il motivo è semplice: accordi di questo tipo diventerebbero «una esclusione dal mercato catanese delle affissioni di nuovi operatori».
Di punti fermi il Consiglio di giustizia amministrativa ne pone molti. Ai quali aggiunge l’annullamento degli atti impugnati dalla Job creation. Atti che riguardano la Alessi e la Start affissioni, due delle più importanti società siciliane di gestione della cartellonistica. Ma, nonostante il pronunciamento del Cga, il Comune riceve due «richieste di riesame», una per ciascuna delle ditte. Alle quali risponde il 20 ottobre, un mese fa, comunicando quanti cartelloni pubblicitari possono essere esclusi dall’esecuzione della sentenza. Il motivo? «Risultano liberi sul territorio e in siti coincidenti con il piano generale degli impianti». Alla Start, per esempio, vengono sbloccati 26 manifesti di sei metri per tre, e 49 stendardi da un metro e 40 per due metri. Alla Alessi, invece, ne sono stati sbloccati 39 del primo tipo e 62 del secondo.
«Sono cose gravi, vanno annullate, sennò rischiamo di fare favori a qualcuno», diceva ieri il consigliere comunale Pd Niccolò Notarbartolo. Ma l’assessore Girlando non conosceva i termini della questione. «Bisogna parlarne con gli uffici, io non sono a conoscenza di questi casi specifici. In più, dopo la sentenza sono arrivati una grande quantità di ricorsi e controricorsi e lettere di avvocati – affermava Girlando – È una situazione complessa, se si deve parlarne in commissione bisogna farlo in modo diverso dal caso per caso».