Trentadue anni fa, nel giorno dell'epifania di nostro signore, veniva colpito a morte piersanti mattarella. Un omicidio di mafia, dicono i risultati delle inchieste giudiziarie che hanno imputato il delitto ai corleonesi, una vendetta per le iniziative dirette a spezzare l'intreccio mafia-politica che il presidente della regione siciliana aveva intrapreso nel corso del suo breve tempo di permanenza a palazzo d'orleans.
Il sogno infranto di Piersanti Mattarella
Trentadue anni fa, nel giorno dell’Epifania di Nostro Signore, veniva colpito a morte Piersanti Mattarella. Un omicidio di mafia, dicono i risultati delle inchieste giudiziarie che hanno imputato il delitto ai corleonesi, una vendetta per le iniziative dirette a spezzare l’intreccio mafia-politica che il presidente della Regione siciliana aveva intrapreso nel corso del suo breve tempo di permanenza a palazzo d’Orleans.
Ed in effetti, nei suoi anni al vertice della Regione, Mattarella si era mosso proprio in quella direzione cercando di modernizzare gli istituti giuridici, lavorando per liberare la complessa macchina regionale da quei vincoli, soprattutto burocratici, che rendevano possibile l’ingresso di interessi non sempre leciti. Accelerare i meccanismi di spesa e rendere efficiente l’apparato servente della Regione, proseguendo e velocizzando quanto già era stato avviato dal suo predecessore, Angelo Bonfiglio, furono i grandi temi su cui intese misurare la sua azione di governo.
Mattarella è entrato nella storia politica della nostra Regione soprattutto per la onesta presa d’atto che il rivendicazionismo sicilianista, talora sfociato in contestazioni forti, nei confronti dello Stato, non aveva senso alcuno se non fosse stato preceduto dalla capacità di elaborare e praticare politiche utili alla valorizzazione e allo sviluppo del territorio siciliano. E’ suo il richiamo, peraltro rimasto voce che grida nel deserto, a mettere ordine dentro la Regione. Solo infatti chi ha “le carte in regola”, il testo virgolettato è suo, può legittimamente alzare la voce per protestare contro chi non onora i propri impegni. Un richiamo che appariva una sorta di rivoluzione copernicana per chi aveva sempre coltivato e praticato il vittimismo, cioè l’immagine di una Sicilia privata dei suoi diritti e delle sue risorse da uno Stato che quasi volutamente intendeva tenerla in condizioni di sottosviluppo per poterla meglio sfruttare. Ma Mattarella guardava oltre, si rendeva conto che, per operazioni come quella che intendeva portare avanti, erano necessarie energie nuove, una classe dirigente nuova che fosse qualitativamente preparata ai gravosi compiti che l’aspettavano e che, nello stesso tempo, non fosse disponibile ai compromessi. “Carte in regola” e “mani pulite” erano dunque, nel pensiero di Piersanti, il profilo necessario per la Regione istituzione e per le classi dirigenti regionali.
E’ noto l’impegno che profuse per creare le condizioni necessarie ad avere le carte in regola. Meno noto è l’impegno per la creazione di una classe dirigente, operazione di lungo periodo e di grande fatica che, proprio a causa di quella morte inaspettata, non riuscì ad andare a buon fine. E’ oltremodo utile, a questo proposito ricordare il “gruppo politica”, un laboratorio di confronto e di formazione che riuniva alcune delle migliori intelligenze presenti nella città di Palermo, al quale Piersanti intendeva affidare la realizzazione del suo ambizioso progetto. Pochi sanno che dalle animate e colte discussioni che si svolgevano nel “gruppo politica” sono venute fuori molte delle scelte fatte dal Presidente della Regione. Nel panorama complesso di quella stagione politica, Mattarella rappresentò, dunque, una grande novità, un elemento di rottura col passato e un ponte verso un futuro, un progetto di grande respiro, purtroppo, rimasto incompiuto per la morte del suo autore.