Gianna e Alessandro sono solo due delle persone che ieri sera sono riuscite a rimettere piede sull'Isola, dopo 36 ore trascorse in una saletta della stazione ferroviaria calabrese. Storie diverse che si sono incrociate nel pieno dell'epidemia di Covid-19
Il ritorno a casa dei siciliani bloccati a Villa S. Giovanni Tra controlli della polizia, traghetti e taxi da 500 euro
Prima un aliscafo, poi un traghetto. Così, ieri sera, decine di siciliani, rimasti bloccati per oltre 36 ore all’interno di una saletta della stazione ferroviaria di Villa San Giovanni, sono riusciti a ritornare nell’Isola. Il via libera è arrivato al culmine di un braccio di ferro che ha coinvolto sindaci, presidenti di Regione e ministero degli Interni. Il gruppo faceva parte dei siciliani rimasti in terra calabra dopo che, due sere fa, un centinaio di persone era riuscito a salpare dal porto di Reggio Calabria grazie all’impegno diretto del primo cittadino del capoluogo Giuseppe Falcomatà.
A partire per primi sono stati i tre musicisti del Trapanese che, nei mesi scorsi, hanno lavorato per Costa Crociere in Brasile e che, due mattine fa, sono arrivati a Civitavecchia (nel Lazio). Il trio martedì è partito in treno dalla stazione Termini di Roma alla volta di Villa San Giovanni, convinto di potersi imbarcare. Il viaggio è avvenuto quando già era entrato in vigore il decreto del governo nazionale che vieta gli spostamenti da un Comune all’altro se non giustificati per motivi di lavoro o salute. «Solo che alla partenza nessuno ci ha detto nulla, anzi la Polfer ha visto le nostre autocertificazioni e ci ha fatto passare. La sorpresa l’abbiamo avuta in Calabria», ha raccontato a MeridioNews Gianna.
Ai tre, quindi, non è rimasto altro da fare che sostare a oltranza all’interno di una saletta, senza riscaldamento. Lì hanno trascorso una notte all’addiaccio e l’intera giornata di ieri, fino alla sera quando è stato concesso di partire con un aliscafo. Direzione Marsala e dintorni. «Abbiamo prenotato un servizio taxi alla cifra di 500 euro – ha raccontato ieri sera la donna -. L’esperienza che abbiamo passato non è da augurare a nessuno. Ci hanno bloccato, dopo averci fatto partire e senza considerare il fatto che noi avevamo già fatto la quarantena a bordo della nave».
Storia diversa è quella di Alessandro. Venticinque anni ragusano, è stato bloccato insieme alla fidanzata e a un’amica dopo avere lasciato Napoli. «Sapevamo del decreto, ma non avevamo alternativa – spiega il giovane a MeridioNews -. Io studio a Napoli, ma da un po’ lì non ho casa. Mi ha ospitato un amico perché dovevo dare degli esami, poi però, in conseguenza dell’emergenza in casa, sono arrivati alcuni suoi parenti e noi abbiamo dovuto lasciarla. O partivamo verso la Sicilia – aggiunge – o rimanevamo in giro a vagare». I tre, come tutti i siciliani bloccati a Villa, sono stati denunciati dalle forze dell’ordine. Per loro la partenza verso la Sicilia è avvenuta a bordo di un traghetto, salpato poco dopo le 22.
«Durante il pomeriggio, ci hanno fatto compilare due moduli diversi chiedendoci di esplicitare le motivazioni che ci hanno spinto a metterci in viaggio e la polizia ha poi fatto controlli per verificare che non avessimo mentito – prosegue il 25enne -. Abbiamo avuto la sensazione che alla fine saremmo partiti soltanto in serata». Il gruppo è stato scortato dalla polizia fino sopra al traghetto e poi, all’arrivo, nuovamente controllato dal personale presente a Messina. Nel capoluogo peloritano, già da ieri, una sessantina di persone sono state accolte in un hotel della città dopo essere sbarcati dalla nave partita da Reggio Calabria martedì notte.
Il sindaco Cateno De Luca, che da giorni si divide tra sopralluoghi nei punti nevralgici della città e dirette Facebook, ieri ha lanciato una nuova frecciata a Nello Musumeci. Il presidente della Regione Siciliana, nel pomeriggio, aveva affermato di non essere in condizioni di concedere autorizzazioni allo sbarco dei siciliani fermi a Villa San Giovanni, perché in ballo c’era un decreto del ministero. «Noi non facciamo questioni di competenze, noi non siamo dei Ponzio Pilato – ha attaccato De Luca senza menzionare il governatore -. Lasciare queste persone là significa spendere soldi e dare una punizione che non serve. Denunciamoli, ma spediamoli nei comuni di destinazione».
De Luca, che solo pochi giorni fa ha presidiato il porto per protesta contro quello che in un primo momento era stato definito un esodo, ieri sembra avere ammorbidito la propria posizione. «Coinvolgiamo i sindaci dei Comuni di destinazione e facciamogli fare la quarantena sotto libertà vigilata», ha proposto. Per poi ripartire all’attacco. «Facciamoli attraversare, li scortiamo e così si chiude questa vergogna di Stato».
A parlare di vergogna per tutta la giornata era stato anche Falcomatà. «Reggio Calabria non è un lazzaretto – ha ribadito nel tardo pomeriggio il sindaco – Ci opporremo con fermezza all’ipotesi di un trasferimento in hotel delle persone bloccate a Villa San Giovanni. Sarebbe una soluzione assurda, che crea potenziali assembramenti mettendo a rischio la salute di migliaia di reggini. Quelle persone – ha sottolineato il primo cittadino – non dovevano partire, dovevano essere controllate prima».