Il rammendo di Renzo Piano a Librino Dal S.Teodoro parte il progetto sulle periferie

«Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per fare manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l’energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee. Le periferie sono la grande scommessa urbana dei prossimi decenni. Diventeranno o no pezzi di città?». Gli studenti che il 18 giugno hanno affrontato la prima prova dell’esame di maturità si sono ritrovati davanti anche questa traccia. L’ultima, il tema di ordine generale, li invitava a riflettere sulle periferie italiane, a partire da queste parole, scritte in un articolo sul Sole 24 ore del più famoso architetto italiano, Renzo Piano, dal 30 agosto 2013 anche senatore a vita.

Quell’articolo si intitolava Il rammendo delle periferie e si presentava subito come un manifesto d’intenti di quello che sarebbe stato un progetto concreto e ambizioso: la riqualificazione di alcuni quartieri degradati in tre città italiane, Torino a nord, Roma al centro e Catania a sud. Nella città etnea il sud del sud si chiama Librino. E’ qui che Piano e il suo staff – sei architetti scelti tramite bando pubblico tra 600 candidati, pagati con il vitalizio di senatore a vita e accompagnati da tutor come Mario Cucinella, responsabile del progetto su corso Martiri della Libertà – hanno osservato, studiato, analizzato e alla fine scelto un luogo ben delimitato da cui far partire l’opera di riqualificazione: il quartiere San Teodoro. E in particolare il rammendo tra la scuola Brancati, l’impianto sportivo dove ha sede la squadra dei Briganti e quello che esiste attorno a queste strutture. «Il nostro sarà come il lavoro del sarto, ma per individuare i fili giusti bisogna partire da un approccio finora trascurato: ascoltare le necessità dei cittadini», spiega Carlo Colloca, sociologo e docente all’università di Catania che, a titolo gratuito, accompagna i due architetti che si dedicheranno a Catania, Roberta Pastore e Roberto Corbia.

La prima fase è iniziata lunedì scorso. Nella club house Peppe Cunsolo del campo San Teodoro si è riunito un gruppo di residenti del quartiere: giovani e meno giovani rugbisti, chi si occupa degli orti sociali nati sotto l’impianto sportivo, sindacalisti, semplici residenti, pensionati. In termini tecnici si chiama focus group. In pratica tutti sono stati invitati a rispondere a una semplice domanda: «Se avessi le possibilità, qual è la prima cosa che miglioreresti di questo posto?». Su un grande foglio bianco il sociologo Colloca ha annotato le parole chiave alla base delle risposte. «Vorremmo che il San Teodoro diventasse un centro di alta formazione rugbistica», è l’ambizione dei Briganti, espressa da uno dei fondatori della squadra, Piero Mancuso. «Il campo d’inverno diventa duro», aggiunge Alessio, alle prese con gli esami di terza media. «Anche la strada per arrivare agli orti è piena di fango quando piove», ricorda Giovanni, pensionato. «E qui intorno di sera è tutto al buio e non sai chi rischi di incontrare, uomini e animali», precisa Valentina. C’è chi – come Sara Fagone, della Cgil – inizierebbe dalle spine verdi abbandondate, «per annullare l’incomunicabilità che regna nel quartiere». E chi, come la signora Franca che abita di fronte al palazzo di cemento, vorrebbe partire proprio da quel blocco di cemento simbolo da troppo tempo di degrado e illegalità. «Perché i ragazzi dovrebbero essere orgogliosi di Librino, invece scendono dall’autobus qualche fermata prima per non far capire ai loro compagni dove abitano».

Il piccolo staff ascolta e prende nota. «I cittadini non sono tutti uguali, bisogna intercettare e stratificare i loro bisogni. Questa fase durerà fino a settembre, poi entro la fine dell’anno presenteremo il nostro master plan sia all’amministrazione sia a i privati che vorranno investire», spiega Colloca. Le idee tra cui scegliere sono tante. «Nel mio progetto di rammendo delle periferie sono infatti centrali le scuole, che sono la fabbrica della nostra cultura», scriveva Piano. E anche a Librino particolare attenzione è rivolta all’istituto Brancati. Che presenta una pavimentazione perimetrale in asfalto piena di faglie e andrebbe messa in sicurezza e che non ha una palestra, mentre due enormi e vandalizzate sorgono a poche centinaia di metri di distanza all’interno dell’impianto del San Teodoro. Sui tetti della struttura potrebbero anche essere installati pannelli fotovoltaici da parte dell’Enel. Tutte ipotesi di cui si è discusso e che entro l’anno potrebbero essere trasformate in progetti.

«Siamo aperti al dialogo, non abbiamo alcuna pretesa di rubare il mestiere a nessuno, consapevoli che molti architetti da tempo portano avanti studi su Librino», precisa il sociologo. D’altronde è lo stesso Piano a definire il raggio d’azione dell’opera di rammendo, in un articolo: «Parlo di tetti trasformati in osservatori astronomici e arricchiti di orti dove coltivare gli ortaggi per la mensa, di un piano terra che diventa una casa aperta ai genitori, ai nonni, ai pensionati che vogliono contribuire con la loro esperienza. Penso a palestre ma anche a spazi dove fare teatro, suonare e ascoltare la musica, a laboratori, biblioteche e sale vuote dove semplicemente si possa pensare. Perché anche il silenzio e la solitudine fanno parte dell’educazione».

C’è però una condizione affinché tutto questo possa partire: la regolamentazione del San Teodoro. Da anni i Briganti portano avanti un lavoro di riqualificazione sociale e strutturale. Ma sono costretti a farlo da occupanti, vista l’inerzia delle amministrazioni comunali, da Raffaele Stancanelli a Enzo Bianco. Una richiesta ufficiale per l’affidamento del campo è stata protocollata lo scorso marzo. Il dialogo è aperto e si parla da tempo della pubblicazione di un bando pubblico per la gestione della struttura. Adesso anche l’entourage di Renzo Piano sta esercitando un pressing per sbloccare la situazione. Solo dopo si potrà parlare dei finanziamenti con cui realizzare i progetti di riqualificazione. Il canale privilegiato rimangono gli investimenti privati, nazionali e locali. Ma non viene escluso il ricorso ai fondi del Piano città. Catania ha infatti ottenuto dal ministero delle Infrastrutture 13 milioni per Librino, di cui otto destinati già al palazzo di cemento. «La cosa più importante – conclude Colloca – è che questa operazione lasci in eredità un metodo diverso di intervento: le amministrazioni non hanno ascoltato le esigenze dei cittadini prima di realizzare questo quartiere, hanno ancora la possibilità di farlo. Adesso».

Salvo Catalano

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