Il ponte di San Luis Rey

Commedia in due tempi di Paolo Poli dal romanzo di Thornton Wilder
Regia Paolo Poli, scene Emanuele Luzzati, costumi Santuzza Calì, musiche Jacqueline Perrotin, luci Francesco Barbagli
Con Paolo Poli, Ludovica Modugno, Mauro Marino e Alfonso De Filippis, Alberto Gamberini, William Pagano, Giovanni Siniscalco
Produzione Produzioni Teatrali Paolo Poli – Associazione Culturale

A Catania, al teatro Stabile, è andato in scena l’ultimo lavoro del regista e attore fiorentino Paolo Poli, tratto da un romanzo di Thornton Wilder, “Il ponte di San Luis Rey”. Un titolo che rappresenta il legame fisico che nel romanzo come sulle scene si istituisce tra i personaggi coinvolti, le cui vite, e morti, sono legate dalle corde del ponte Inca più lungo del mondo, che si spezzò al loro passaggio. Cinque viaggiatori che si ritrovano insieme, fortuitamente o forse no, all’appuntamento con il destino.

Si apre con un dubbio generato da una tragedia, questo spettacolo, che per tutto il corso dello svolgimento resta sospeso tra il serio e il faceto, tra il comico più puro e la riflessione intimistica, quasi dolorosa, sul destino umano. Una riflessione che si estende all’indagine dell’uomo in senso lato: “Il Signore punisce così i malvagi oppure chiama a sé gli innocenti?”

Nel Perù del diciottesimo secolo incontriamo, presentati dalla madre superiora di un convento di carità che tutti li conobbe, cinque personaggi, le cui vite prendono forma sulla scena.
La marchesa egoista e ubriacona, la sua damigella paziente, un giovane scrivano consunto dall’amore che sta per imbarcarsi per sfuggire nel mare alle amarezze della vita, un pigmalione difensore della purezza del teatro classico spagnolo e il suo giovane pupillo, di cui conosciamo la madre, attrice consumata tra il successo sulle scene e l’aspirazione a riscattarsi davanti alla nobiltà cui aspira.

Intorno, tutto un corollario di personaggi splendidamente interpretati dagli stessi pochi attori, tutti uomini eccetto una, che impersonano ogni carattere che si alterna sul palcoscenico. Un vicerè annoiato che si rifugia nei piaceri dell’amore per un’attrice, il vescovo gaudente, un capitano che ha visto tutti i mari, una monaca dalla lingua corrosiva, che trova ragione di vita nelle opere di misericordia, Madre Pilar, cerniera tra i personaggi e voce narrante della vicenda.
Tutti i personaggi non perdono occasione di interrogarsi sulle ragioni della vita, su certi meccanismi infidi del destino, servendosi di tutto il repertorio della comicità.

La scenografia agile e d’effetto cambia rapidamente al mutare dei personaggi che vorticosamente si avvicendano sulle scene, e che trasportano lo spettatore da un ricco salone fin sulle impervie montagne, dal mare in una modesta abitazione, in un giardino fiorito.
Un viaggio attraverso la geografia umana, quello di Paolo Poli e dello spettatore insieme, attraversando le vite e i luoghi di questi personaggi per indagarne i meccanismi nascosti, i legami invisibili.

Grazie alle battute sagaci e ad un linguaggio scenico arguto e pungente, le riflessioni colpiscono per la fulminea carica comica, ma lasciano un retrogusto amaro, un dubbio, quello dell’inizio: “Il Signore punisce così i malvagi oppure chiama a sé gli innocenti?”


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