«Non sono abituato a parlare con gente che ha il vostro ruolo, ma io sto parlando con degli uomini». Salvatore Rinzivillo – l’uomo che, dopo aver ereditato il potere dai fratelli Antonio e Ginetto, era riuscito a estendere i business del clan gelese ben oltre i confini nazionali, non esitava a mostrare rispetto nei confronti della divisa. Il motivo è presto detto: quei due, Marco Lazzari e Cristiano Petrone, prima di essere uomini dello Stato, erano uomini al servizio della famiglia mafiosa. Questo perlomeno è il convincimento dei magistrati della procura di Roma che, nei giorni scorsi, hanno ottenuto una nuova misura cautelare nei confronti dei due carabinieri considerati infedeli. A corroborare questa tesi ci sono numerose intercettazioni in cui Lazzari e Petrone, il primo considerato uomo dei servizi e il secondo appartenente al Ros, non lesinano attestati di stima nei confronti di Rinzivillo. Fino al punto di dichiararsi disposti anche ad azioni eclatanti: «Io e mio fratello scherziamo, ma quando c’è da fare un’esecuzíone, tra virgolette, la facciamo. Se dobbiamo fare un lavoro non ci fermiamo a ventidue coltellate, non ti diamo la possibilità di parlare», commentano.
Al centro del filone romano dell’inchiesta Extra Fines 2 (l’altro è stato coordinato dalla Dda di Caltanissetta, ndr) trovano spazio le trattative che il clan avrebbe portato avanti, nella prima metà del 2016, con un gruppo di russi per esportare titoli di Stato. Un’operazione imponente – in un passaggio si fa accenno alla chiusura di un accordo per un affare edilizio del valore di cinquanta milioni di euro – in cui Lazzari e Petrone si offrono come corrieri, per scortare il denaro fuori dall’Italia, fino in Germania, dove i Rinzivillo da tempo hanno una propria base, grazie anche alle attività di Ivano Martorana, 38enne gelese finito già in manette insieme agli altri indagati nell’operazione Extra Fines 1. La terra tedesca insieme a quella russa sono, secondo la procura capitolina, i due punti di riferimento stranieri per il desiderato business di Rinzivillo che, grazie anche alle origini della propria compagna, sarebbe riuscito a intrattenere relazioni con alcuni russi periodicamente residenti in Romagna.
I problemi, però, non sarebbero mancati, al punto che l’operazione illecita potrebbe non essersi mai conclusa. Di certo, secondo gli inquirenti, ci sarebbe invece l’impegno profuso da Lazzari e Petrone per far sì che lo scambio avvenisse. In prima battuta, l’idea sarebbe stata quella di sfruttare i collegamenti via terra, con partenza da Milano. «Sembra che la situazione fermenti. Però non si sa sto trasporto dalla città italiana fino dove deve essere portato», racconta Lazzari, dopo avere avuto un incontro con Rinzivillo e un medico ortopedico romano, che avrebbe avuto un ruolo nella creazione della rete che conduce ai russi. Tuttavia, oltre al punto d’arrivo, a restare in ballo sarebbero stati anche altri aspetti. A partire dalla somma da trasportare – in alcune fasi si parla di tre milioni per il primo viaggio, in altre la somma viene ridotta a mezzo milione – al mezzo con cui viaggiare. «Una macchina tocca prenderla, non tanto vistosa ma nemmeno tanto piccola, una giusta, comoda», riflettono i due militari.
Nonostante la crescente fibrillazione, il viaggio però non si fa. A destare preoccupazione nei russi, e nel loro contatto in Germania, sarebbe l’eventualità che i soldi possano sparire durante il tragitto. Un’ipotesi che non manca di suscitare il disappunto di Lazzari e Petrone, ma che trascina fino ad aprile le trattative. A primavera inoltrata, la strategia sembra cambiare, complici la possibilità dei russi di viaggiare su aerei privati e i contatti che l’agente dei servizi avrebbe avuto in più aeroporti. Il piano, infatti, sarebbe stato quello di fare atterare il magnate straniero e di raggiungerlo direttamente sulla pista, poco prima della ripartenza, consegnandogli in una borsa i titoli di Stato. Per farlo, però, ci sarebbe voluta la collaborazione di qualcuno che lavora all’interno degli scali. Il primo pensiero di Lazzari, in tal senso, va a un finanziere un tempo in servizio a Milano, ma la difficoltà a rintracciarlo e l’ipotesi che possa essere stato trasferito spingono l’uomo a volgere lo sguardo verso l’aeroporto di Rimini. Nello scalo romagnolo lavora infatti un altro carabiniere, che la procura non esclude possa essere anche lui legato ai servizi. Lazzari è convinto di potere riuscire a cooptarlo. «Senti, a me serve un grosso favore. Questo personaggio lo puoi tenere sia per lavoro sia perché ti fa un buon regalo, ti appizza tremila euro – gli dice a metà aprile -. Lui viene normale con l’aereo suo privato e riparte con il suo aereo. Con i controlli normali io devo passare insieme a te, andare sulla pista, salutarlo, dargli una busta. Ci sono titoli di Stato. Solo questo ti dico». L’offerta in un primo tempo sembra essere vagliata, ma poi le difficoltà organizzative e il timore di sorprese dell’ultimo momento hanno il sopravvento.
Esito diverso sembrerebbe avere la proposta che pochi giorni dopo Petrone fa a un assistente capo della polizia in servizio a Fiumicino. L’incontro avviene a Roma, in un bar di via Giuseppe Ferrari. Insieme ai due ci sono Lazzari e l’avvocato Giandomenico D’Ambra, anche lui destinatario della misura cautelare e accusato, tra le altre cose, di avere sfruttato la conoscenza dei due militari per intimidire la propria ex e il nuovo compagno. Davanti alla possibilità di guadagnare diverse migliaia di euro, il poliziotto si sarebbe detto disponibile a creare le condizioni per raggiungere il russo sulla pista. «Ma tu hai una conoscenza di questo genere e me lo dici adesso?», commenta il primo. L’ottimismo, però, viene smorzato ancora una volta da nuove reticenze da parte dei russi. D’altra parte poche settimane prima aveva registrato un insuccesso anche la decisione di incontrarne uno nell’aeroporto di Bologna. Un fallimento causato anche dai problemi legati alla lingua, nonostante avessero chiesto aiuto a una hostess. «Un buco nell’acqua, questi non si fidano», aveva lamentato Lazzari a Rinzivillo.
Quei continui no finiscono per indisporre i due militari al punto da arrivare a ipotizzare di fare una segnalazione alla guardia di finanza e mettere nei guai i russi. Ma alla fine il boccone amaro viene buttato giù: l’idea di iniziare a fare affari con il capoclan sembra più importante di tutto: «Tu lo sai che sarai il futuro, l’erede insieme a me», ricorda un giorno Lazzari a Petrone.
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