Il Piano del Ministro Barca per la Formazione

Verso la riforma della formazione professionale in Sicilia: seconda parte. 

Si tratta del proseguimento dell’intervista ad Angelo Vitale

Si può parlare, con riferimento alla passata gestione del sistema formativo siciliano, di devalorizzazione?

“I risultati del passato, purtroppo, sono quelli che sono. Si è più guardato all’oggi che al domani. Anche per la quarta relazione del Cedefop è in Europa e non solo in Sicilia, che si guarda con diffidenza all’IFP. Ma ciò non toglie che venga invocato l’azzeramento del sistema”.

Ma l’azzeramento viene invocato per il sol fatto che nel rapporto tra somme impiegate/spese e creazione di posti di lavoro le percentuali sono bassissime.

“Sarà vero anche questo. Ma si erra se si chiede al sistema solo questo. Anche perché non dipende solo dal sistema stesso. I dati vanno esaminati nel contesto socio-economico. Quelli dell’Istat sullo stato dell’occupazione nel terzo trimestre 2012 ci indicano un trend negativo. Provocariamente ho sostenuto che è come se si vuol chiudere il percorso di studio alfa o il corso di laurea beta perché non inseriscono tutti nel mercato del lavoro. Invero i risultati chiesti al sistema istruzione-formazione professionale desumibili dalla policy comunitaria, pur comprendendo anche l’occupabilità, sono rivolti, per gli inoccupati – i maggiori destinatari – più a migliorare le loro chance occupazionali tenendo conto degli effetti di dead-weight, eliminare il divario tra uomini e donne e tra soggetti con diversa dotazione di capitale umano. Per verificarne la qualità, l’Unione Europea, per essere più precisi, guarda agli indicatori a livello di input (dove insieme al legame con il mercato del lavoro si misura ad esempio la spesa sulla popolazione “potenziale”), di output (anche qui insieme al tasso formati su avviati si guarda alla popolazione “servita”) ed infine di outcome, ovvero indicatori performance. E poi una valutazione sociale, se pur non connessa, non è da sottacere: togliere i ragazzi dalle strade, sottrarli alle devianze. Non dimenticando, come purtroppo è avvenuto a Caltanissetta, i diversamente abili. Per anni ha svolto questo ruolo. Non apprezzato. I tassi di abbandono scolastico e di dispersione, in Sicilia, sono sotto gli occhi di tutti. Su queste situazioni non è possibile non elaborare una riflessione. Anche culturale. Gli operatori sono i primi a chiedere una riforma che assegni pari dignità degli stessi a quelli dei colleghi dell’istruzione, sia a livello di presenza, di governance, della giusta e corrente retribuzione”.

Non dipende solo dal sistema: in che senso?

“Partendo dalla comune invocazione: urge sviluppo! Senza di esso non solo la formazione professionale, ma anche le Istituzioni scolastiche e le l’Università, non assolveranno ad alcuna funzione ove la misurazione è determinata dal solo (e singolo o peggio l’unico) risultato dell’accesso al mercato del lavoro per la creazione di posti di lavoro. Utile la lettura dei dati ‘Il lavoro dopo gli studi – La domanda e l’offerta di laureati e diplomati nel 2012’, di Unioncamere – Ministero del Lavoro, Sistema informativo Excelsior, del 2012. Nel sistema formativo non possiamo trascurare l’apprendistato, istituto oggetto, di recente, di una rimodulazione in diverse articolazioni su cui poco si investe soprattutto in Sicilia. Malgrado la sua funzione educativa e formativa. Invero questo istituto costituisce risposta alla disoccupazione dei giovani”.

Sviluppo sì, ma come si lega alla istruzione e formazione professionale?

“Serve un patto per il lavoro, puntando, senza scandalo, sui contratti di prossimità. In esso, e con esso, attraendo investimenti, aumentare le possibilità occupazionali, di ricollocazione individuandone le figure e, quindi, i contenuti dei saperi. Questo consente un’azione di orientamento, una scelta ponderata dei soggetti, una formazione consapevole e, quindi, un impiego facilitato. Soprattutto nelle avviande Zone franche urbane (Zfu). Perché in una congiuntura economica non favorevole, l’aver irrigidito con la riforma Fornero l’ingresso nel mercato del lavoro ponendo ai margini la flessibilità regolata dalla Legge Biagi, scambiandola per precarietà, porterà maggiore disoccupazione. Inoltre, l’aumento del costo contributivo, per come è stato programmato, provocherà l’ulteriore ricorso agli ammortizzatori ed al lavoro nero o, ben che vada, grigio. Ridurre i costi riconduce alla legalità i rapporti di lavoro, maggiori entrate e investimenti in formazione e riqualificazione. Questo vale tanto per le Zone franche urbane, quanto per le aree di Termini Imerese, Gela, o altre aree in crisi. Vale per la Gesip di Palermo. Vale per il settore della formazione professionale. Una domanda provocatoria: è immaginabile che il lavoratore black (nero) o gray (grigio) possa essere coinvolto in programmi di formazione?”.

E allora?

“Nel patto per il lavoro necessita riprendere il Patto formativo locale (Pfl) quale strumento di programmazione finalizzato a rafforzare la qualità dell’offerta formativa, in quanto capace di percepire e analizzare i reali bisogni dei protagonisti dello sviluppo di un determinato territorio, settore produttivo, filiera o distretto. Nel (Pfl) deve trovare spazio l’analisi dei bisogni cui è riferimento nonché quanto necessario per incidere sulla concreta applicazione del sapere. Partendo dall’individuazione dei profili professionali occupabili nel brevissimo e breve periodo. Per poi transitare sui contenuti che si intendono assegnare ad ogni profilo e mansione, con riferimento al Quadro europeo delle qualifiche (Eqf) ed ai profili individuati nei percorsi sperimentali triennali di istruzione/formazione professionale. Dal Pfl si dipartono prima le azioni formo orientative e, quindi, le azioni di istruzione e formazione professionale. Sistemi questi che autoregolano la transizione tra i vari gradi e ordini dei percorsi educativi di istruzione e di formazione, affrontando le modalità per contrastare i rilevanti fenomeni di abbandono e dispersione”.

Questi sembrano pure gli obiettivi contenuti nel Piano del ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca.

“Il piano Barca è l’ultima occasione che ha la Sicilia di far riconquistare dignità al sistema e ai suoi operatori. Non che ne siano mancati occasioni. Si parla di rilevamento dei fabbisogni formativi, azione pure prevista dal Fondo sociale europeo (Fse), ma noi corriamo il rischio di restituire i fondi senza aver percorso questa strada. Si parla di riqualificazione del personale, come ha detto l’assessore Nelli Scilabra. Ma posso dirle che, per evitare il disperdere delle professionalità degli operatori, giace al Dipartimento una inevasa richiesta, oramai datata, con la quale si chiedeva la rimodulazione dell’attività utilizzando le risorse, non regionali, previste per gli stati di crisi nella direzione auspicata. Al Ministero ne sono state sottoscritte, di ali richieste. Ora il piano Barca prevede un programma straordinario di riforma della formazione professionale in Sicilia nella direzione della riorganizzazione dei modelli gestionali, della riqualificazione del personale e potenziamento degli strumenti per la governance del mercato del lavoro e il miglioramento della capacità di intervento dei Servizi per il lavoro. Come vede, interessano sia la filiera degli sportelli, che al 30 settembre 2013 completano il percorso triennale, che quella degli interventi, dove sono stati dichiarati pure esuberi”.

Cosa manca?

“Il Piano ha avuto già l’ok dall’Unione Europea (UE). Un ultimo passaggio, al Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) e potrà essere operativo. Speriamo però che poi si decida, se pur sotto le direttive e le indicazioni del Governo con il conforto delle parti sociali, di farlo scrivere agli operatori di strada. Quelli che conoscono “la pratica”. Non serve teoria. Le idee gli operatori di strada le hanno chiare”.

Quindi il personale del sistema formativo siciliano, costituisce, come emerge da recenti studi, il 46 per cento dei dipendenti della formazione professionale italiana. Come vede gli esuberi?

“Il personale si lega allo sviluppo dell’offerta formativa nella sua evoluzione prima esposta. Per una serie di disposizioni le assunzioni dovevano bloccarsi al 31 dicembre 2008. Oggi, dopo l’intervento della Corte dei Conti che non riconosce costi diversi da quelli originariamente fissati, si registrano gli esuberi. Quindi occorre distinguere i primi dai secondi. Non per fare discriminazioni. I primi possono essere utilmente utilizzati anche in strutture diverse, come pure ha individuato la delibera di Giunta del 4 ottobre 2010, la n. 350. Norma e direttiva ad oggi sostanzialmente disattese. Così come è stata disattesa la disposizione che attiene all’Albo di cui all’art. 14 della legge 24/76. Sostituito, senza una fonte normativa, da un elenco che oltremodo, al di là dell’individuazione nominalistica, non tiene conto delle disposizioni vigenti. Per far fronte ai ritardi nell’avvio dell’Avviso 20/2011 e agli esuberi, nell’impossibilità di utilizzare il personale così come invece previsto, si è fatto ricorso agli ammortizzatori sociali in forza non solo della legge nazionale, ma anche della legge regionale n.10 del 7 giugno 2011. Ma anche su questo sono sorti problemi”.

Quali?

“Oltre alla carenza di somme, i ritardi accumulati nelle procedure. Molti aspettano. Anche qui si percepisce una non attenzione agli operatori della formazione professionale. Come se fossero diversi dai precari e da altri lavoratori come, ad esempio, quelli della Gesip. La legge pone sullo stesso piano tutti i lavoratori. I ritardi continuano e continueranno. Nel 2013, salvo che non si attuino, come auspicabile e possibile, interventi diversi. Sul piano della Cassa integrazione guadagni in deroga (Cigd) a livello nazionale è stato già firmato l’accordo per la proroga a luglio 2013 ed alcune regioni, come la Toscana, hanno sottoscritto l’intesa. Mi chiedo e chiedo: e in Sicilia?”.

Che tipo di interventi ipotizza?

“Intanto quelli sulla riqualificazione del personale in direzione di quanto prima ho esposto. Anche in house, avendo la Regione strutture delle quali si può avvalere senza far ricorso a bandi o avvisi. L’attuazione della delibera n. 350 previo ridisegno dell’Albo, magari costituendo apposita sezione per gli operatori al 31.12.2008, e revoca del D.A. 5074 nelle parti in contrasto. L’avvio del piano Barca ed altri interventi. Innovare non sta per rincorrere. L’investimento in cultura, in formazione è un risorsa. Non una spesa infruttifera. L’elenco potrebbe continuare. Non tralasciando l’ipotesi fatta intravedere dal Governo del pagamento diretto attraverso una struttura pubblico-privata che gestisca le attività delle diverse filiere. Che avvii il percorso per giungere ad una struttura unica, qual che sia la sua denominazione, che gestisca il personale cui attingere le risorse umane necessarie, come avviene nelle istituzioni scolastiche”.

Come valuta le disposizioni anti-parentopoli?

“Positivamente. Peccato che si sono dimenticati del coniuge. Infatti, secondo il Codice civile, tra coniugi non vi è né parentela, né affinità. Solo rapporto di coniugio. E quindi la dichiarazione è incompleta. E poi sicuramente essa non doveva limitarsi, come rilevato a più voci, ai soli deputati regionali”.

E quelle sui controlli sulla spesa per il personale?

“Ben vengano. Se costruttivi nel senso che occorre si allontanare le mele marce evitando di buttare il bambino insieme all’acqua sporca. Ci sono realtà positive. Occorre farle emergere. Nelle more che si possa decidere sulla struttura unica cui parlavo sarebbe utile, come ho già proposto, di inserire – giacchè trattasi di enti utilizzatori di somme pubbliche, dette anche strumentali – un collegio sindacale nominato dalla Regione, come avviene nelle istituzioni scolastiche, con i medesimi compensi, ed un risparmio non indifferente sui costi di controllo ed una verifica trimestrale sulle somme in entrata ed in uscita”.

 


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