Il papa e le famiglie delle vittime di mafia «Un incontro che è una scelta di campo»

«È un segnale molto forte, una posizione di portata rivoluzionaria con cui la Chiesa si riappropria del suo ruolo nella lotta alla mafia». Con queste parole Dario Montana, fratello del commissario di polizia Beppe Montana ucciso da Cosa nostra nel Palermitano nel 1985, commenta la presenza di papa Francesco all’annuale veglia con i familiari delle vittime delle mafie organizzata dall’associazione Libera. «Credo che sia un momento molto importante e significativo – gli fa eco Elena Fava, figlia del giornalista Giuseppe Fava assassinato a Catania nel 1984 – Perché finora l’unico pontefice che ha parlato di mafia è stato Karol Wojtyla in visita ad Agrigento, gli altri ne hanno sempre accennato da lontano». E non è un caso che a raccogliere il testimone di Giovanni Paolo II sia papa Francesco, secondo Flavia Famà, figlia del penalista Serafino Famà ucciso a Catania nel 1995. «È un uomo illuminato che sta mandando al mondo dei messaggi di speranza e di cambiamento a prescindere dalla religione e anche per chi non crede», commenta.

Il momento di preghiera e di memoria si terrà il 21 febbraio a Roma. L’indomani l’annuale corteo di Libera sfilerà insieme alle scuole per le strade di Latina nella Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. «Ogni anno ci ritroviamo tutti alla veglia, come un’unica grande famiglia, ognuno con il suo dolore che ci accomuna anche se non ne parliamo mai – continua Elena Fava – È un momento di confronto che aspettiamo tutto l’anno, ma a cui si aggiungono sempre nuovi nomi. E questo è molto triste». Per la famiglia Fava, quest’anno, sarà presente Claudia, figlia di Elena e nipote del giornalista. «Io l’indomani sarò invece a Catania, a continuare il mio percorso con le scuole della città», spiega la presidente della fondazione Fava.

«Da non credente non posso nascondere l’emozione e il coinvolgimento per questa scelta che mi sembra di portata storica – commenta Dario Montana – Non dimentichiamo che in passato un pezzo di Chiesa negava l’esistenza della mafia e aveva dimenticato padre Pino Puglisi (assassinato da Cosa nostra nel 1993, ndr). E che tra i tanti parenti delle vittime c’è anche il fratello di Emanuela Orlandi». La giovane cittadina vaticana scomparsa nel 1983 in circostanze ancora oggi misteriose ma che non hanno mancato di coinvolgere anche le istituzioni clericali. Il suo nome, ancora oggi, in Vaticano resta un tabù. «Con la presenza del papa la veglia diventa non solo un momento di consolazione ma soprattutto di attenzione a perseguire giustizia e verità – conclude Montana – È un segnale per tutta la Chiesa di fare una scelta di campo».

E di una presa di posizione forte da parte del pontefice parla anche Flavia Famà. «Con questa scelta la Chiesa decide di seguire le orme di don Peppe Diana (ucciso a Casal di Principe nel 1994 dalla camorra) e don Pino Puglisi così come dei preti che fanno parte di Libera a cominciare dal fondatore don Luigi Ciotti – commenta – Quello del papa è un messaggio a tutti gli uomini di Chiesa, che spesso si sono macchiati di cose meno belle, dalla pedofilia alla vicinanza alla criminalità organizzata». Si dice emozionata per l’incontro la figlia del penalista catanese, nonostante sia di fede buddhista. «La veglia è sempre stata interreligiosa – conclude – perché la lotta alle mafie non ha colore partitico né religione, nessuno si deve sentire escluso».

 

[Foto di Osservatore romano]


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Si vedranno venerdì 21 marzo a Roma, all'annuale veglia che precede il corteo della Giornata della memoria e dell'impegno, quest'anno previsto a Latina. «Un segnale forte con cui la Chiesa si riappropria del suo ruolo nella lotta alla criminalità organizzata» e «importante perché finora l'unico pontefice che ha parlato di mafia è stato Karol Wojtyla in visita ad Agrigento, gli altri ne hanno sempre accennato da lontano», spiegano alcuni dei partecipanti. Tra credenti e non

Si vedranno venerdì 21 marzo a Roma, all'annuale veglia che precede il corteo della Giornata della memoria e dell'impegno, quest'anno previsto a Latina. «Un segnale forte con cui la Chiesa si riappropria del suo ruolo nella lotta alla criminalità organizzata» e «importante perché finora l'unico pontefice che ha parlato di mafia è stato Karol Wojtyla in visita ad Agrigento, gli altri ne hanno sempre accennato da lontano», spiegano alcuni dei partecipanti. Tra credenti e non

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