Milioni di visualizzazioni su Youtube, un fenomeno della musica napoletana a Catania e il tema del cambiamento, possibile, che ricorre nelle sue canzoni. Per gli inquirenti sarebbe però un «pusher domiciliare». C'è infatti anche lui tra gli indagati dell'inchiesta Double track che, nei giorni scorsi, ha portato a un blitz con 25 arresti
Il neomelodico Niko Pandetta e la cocaina a domicilio Dall’inno a zio Turi a «tappa obbligata» della movida
Uno dei suoi brani musicali più noti è dedicato a uno detenuto speciale condannato al carcere duro: zio Turi, forse il capomafia Salvatore Cappello. Lui è Vincenzo Pandetta, meglio conosciuto come Niko. Professione cantante neomelodico con un seguito di fan in tutta Italia e una passione per il quartiere Cibali di Catania ricorrente in tutti – o quasi – i suoi video musicali. «Zio Turi, io ti ringrazio ancora per tutto quello che fai per me – recita il testo del brano da 1,2 milioni di visualizzazioni su Youtube – Sei stato tu la scuola di questa vita, mi hai insegnato a vivere con onore». Un riferimento che, nella vita online di Pandetta, torna spesso. Assieme a tatuaggi, simboli ultras, doppi tagli e dirette Facebook, il suo pane quotidiano. C’è anche lui tra gli indagati dell’inchiesta Double track che, nei giorni scorsi, ha portato a un blitz con 25 misure cautelari. Tra gli arrestati non c’è il nome di Pandetta, però accusato dai magistrati della procura di Catania di essere un pusher domiciliare. Ritenuto responsabile di spaccio e detenzione di cocaina. Spesso intercettato con Walter Buscema.
Il cantante non avrebbe avuto un rapporto stabile con il clan Cappello, ma risulterebbe impegnato «in una parallela e intensa attività di spaccio, in particolare per quanto riguarda la cocaina». A fare da tramite sarebbe stato Walter Buscema: spacciatore della strada da un lato, procacciatore di partite di polvere bianca, anche in grossi quantitativi, dall’altro. L’unico acquirente che avrebbe beneficiato di consegne a domicilio, secondo gli investigatori, sarebbe stato proprio Nico Pandetta, all’epoca dei fatti agli arresti domiciliari. Nonostante il regime detentivo l’uomo avrebbe, durante tutta l’indagine, «effettuato cessioni di cocaina». I suoi clienti si sarebbero recati direttamente all’interno dell’abitazione del neomelodico che, spesso, li invitava a posizionarsi davanti al cancello d’ingresso in modo da poterli scorgere. Vendite che poi si sarebbero susseguite anche in piena notte, con ordinazioni effettuate perfino via sms. Uno smercio che però, secondo l’accusa, necessitava di continue disponibilità di droga. Per farlo sarebbe entrato in azione proprio Buscema. «Puoi essere qui entro un’ora?», chiedeva il cantante al suo interlocutore. «Uno a zero o due a zero?», replicava lui. Numeri che, per le forze dell’ordine, nascondevano le quantità di cocaina da consegnare.
Una polvere bianca di ottima qualità, tanto che l’abitazione del neomelodico sarebbe stata nota ai tanti avventori della movida catanese. Diventando «una tappa obbligatoria – scrivono i magistrati – all’uscita di locali e ristoranti». Intercettazioni e appostamenti continui raccontano di forniture che sarebbero avvenute in maniera continuativa. Con consegne anche un giorno dopo l’altro. Almeno fino a quando il calendario segna la data del 26 febbraio 2015. Ad attendere Buscema, sotto l’abitazione di Pandetta, ci sono gli agenti della squadra mobile etnea che lo fermano e lo perquisiscono, trovandogli addosso 20 grammi di cocaina. Subito dopo, all’interno della sua abitazione, vengono recuperati seimila euro in contanti e un libro mastro dei clienti. Qualche mese dopo, ad aprile, tocca anche a Pandetta e a due suoi presunti complici. Accusati di spacciare la droga che il neomelodico lanciava dalla finestra della sua abitazione.
L’ultimo arresto di Pandetta risale a maggio 2017, quando non si è fermato a un controllo dei carabinieri a San Cristoforo. Insieme a lui, in sella a uno scooter senza assicurazione, c’era Orazio Campagna. Dentro al mezzo nascondevano una mitraglietta giocattolo senza il tappo rosso di riconoscimento. Una passione per le armi sottolineata dai diversi tatuaggi sulla pelle: due pistole ai lati del collo, un’altra sull’avambraccio destro, una granata sulla nuca. «Siamo noi, ragazzi di strada, vorremmo cambiare ma siamo fatti così. Ci siamo abituati, ci siamo cresciuti», canta Niko Pandetta in un singolo uscito a marzo 2017 (2,4 milioni di visualizzazioni su Youtube), poco prima di finire di nuovo sotto la lente d’ingrandimento delle forze dell’ordine. E il 3 ottobre, due giorni prima del blitz, esce un altro brano, stavolta insieme a un secondo neomelodico, Peppe Ferretti. «Siamo pronti a cambiare – dice Pandetta in napoletano, puntando il dito contro la telecamera, tra una ripresa col drone e l’altra – Un’altra chance nella vita non ce la possono togliere».