A lungo è stato una rimessa di auto. Al suo interno un fabbro aveva costruito un’officina a ridosso degli antichi bastioni. Uno dei residenti per anni ha ingaggiato una sorta di guerra per continuare a parcheggiare la sua vettura davanti a uno degli accessi, creando non pochi problemi agli operai impegnati nei lavori di recupero dell’ex monastero dei Benedettini, il cui cantiere subiva furti di ogni genere. Oggi ai suoi bordi si raccolgono cumuli di spazzatura e la manutenzione non è tra le priorità del Comune. È il giardino di via Biblioteca, l’unico spazio verde del centro storico, incastrato tra il complesso monastico e palazzo Ingrassia, dove ha sede il museo archeologico universitario.
L’area ufficialmente è stata riconsegnata alla città nel 2006, quando si sono conclusi i lavori nella struttura che oggi ospita il dipartimento di Studi umanistici. Di notte i due cancelli vengono chiusi, ma periodicamente l’area diventa meta di atti vandalici. L’ultimo a dicembre, quando ignoti hanno sradicato un albero di piantato in memoria dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Un carrubo cresciuto all’ombra del pergolato creato grazie un’opera innovativa dell’architetto Giancarlo De Carlo, autore del restauro dell’ex monastero. Il rettore Giacomo Pignataro in quell’occasione ha garantito che l’albero verrà piantato un’altra volta. E ha anche svelato le intenzioni dell’università sul giardino. «Puntiamo a sottoscrivere una nuova convenzione, in base alla quale l’ateneo assumerà l’onere della cura del verde e del ripristino dei luoghi».
«Anche perché il Comune ha fatto poco o nulla», puntualizza Antonino Leonardi, geometra e braccio destro di De Carlo durante i lavori. «Ogni giorno, arrivati al cantiere, c’era una sorpresa – racconta con amarezza – Quando era quasi tutto pronto, si sono portati via le lampade applicate a terra perché avevano le basi in alluminio». E così «l’unica soluzione che pensarono di attuare, fu mettere i cancelli». A custodirne le chiavi sono sia Unict che l’ente comunale, ma è a quest’ultimo che sono affidati sorveglianza e manutenzione.
Nell’ultimo periodo è stata l’associazione Officine culturali a occuparsi dell’angolo di verde immerso nel cuore del quartiere Antico Corso. Un anno fa un progetto di valorizzazione ha permesso ai volontari di vincere il bando Pari promosso dalla Direzione cultura e dalle Politiche giovanili del Comune di Catania. «Il nostro obiettivo è stato far conoscere il giardino a residenti e non», racconta Ciccio Mannino, tra i fondatori dell’associazione. «Ci siamo riusciti, è cambiata la percezione che si aveva del giardino». La strada è punto di passaggio verso il neonato museo archeologico e la biblioteca Ursino Recupero. Ma in molti hanno già iniziato a guardarla con occhi diversi. E anche in piazza Dante inizia qualche segnale di riappropriazione da parte di studenti e associazioni, che ieri hanno creato il Giardino delle giuste e dei giusti.
«In via Biblioteca abbiamo realizzato un workshop per raccogliere le proposte sull’area – prosegue – Ha prodotto delle idee, alcune estreme come quella di abbattere il muro che separa il giardino dalla piazza». Come per molte delle attività del gruppo che si occupa della valorizzazione dell’ex monastero, tra i principali protagonisti dell’attività ci sono stati i bambini. E sono stati loro a dipingere un grande telone che simboleggia l’apertura simbolica della strada alla città. «Qualche tempo dopo alcune famiglie sono tornate nel giardino – sottolinea Mannino – Dobbiamo riuscire a capitalizzare quello che è successo».
«Dopo il momento di incontro dello scorso anno si è creato un bagaglio utile a quello che potrebbe essere il passo successivo – prosegue Mannino – Tutto questo deve essere visto come una risorsa dall’università per poter riprendere un dialogo con la città». Per questo motivo, precisa il presidente di Officine culturali, «se la responsabilità della via dovesse passare all’ateneo, non devono cambiare quelli i rapporti con quanti frequentano il giardino: deve continuare a essere fruito anche dai cittadini».
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