La tangentopoli dei rifiuti non puzza. Profuma di alberghi in piazza di Spagna, telefonate di rassicurazioni e «profonda amicizia». Quella che avrebbe legato i due condannati Mimmo Proto, patron della Oikos, e Gianfranco Cannova, dipendente pubblico
Il fruscìo delle banconote tra Proto e il funzionario Nelle «pieghe oscure» della Regione i favori a Oikos
Gli investigatori che registrano le conversazioni tra Mimmo Proto e Gianfranco Cannova incidono anche quello: il fruscìo delle banconote. Il patron della discarica Oikos di Motta Sant’Anastasia e il funzionario regionale sono i protagonisti del romanzo contenuto nella sentenza di primo grado. Ovvero quella che condanna l’imprenditore a sei anni e il dipendente pubblico a nove. La tangentopoli dei rifiuti puzza di alberghi in piazza di Spagna, a Roma, telefonate di rassicurazioni e di «pieghe», ma anche piaghe, «oscure dell’apparato». Quell’adagio secondo cui, alla Regione Siciliana, comandano i burocrati più che i politici sembra trovare conferma in 375 pagine fitte fitte di un rapporto «di amicizia» che, per il tribunale di Palermo, si è spinto troppo in là.
Ora che si alzano le voci per chiedere la revoca dell’Autorizzazione integrata ambientale all’impianto di smaltimento di Valanghe d’inverno, a Motta, il tema torna in prima pagina. Per anni, però, a parlarne erano stati i comitati No discarica. Sempre presenti nella mente e nei discorsi di Proto e Cannova: è grazie agli attivisti, a un’interrogazione dell’allora deputato Ars Giovanni Burtone e al lavoro dell’ex assessore ai Rifiuti ed ex magistrato Nicolò Marino che si muovono i primi, timidi tentativi di vederci chiaro sull’Aia concessa alla Oikos. Sempre stoppati dall’impegno di Cannova, impegnato a telefonare a colleghi e amici, a incontrare persone. A ringraziare, chinando il capo, Mimmo Proto. «Mimmo, non ti preoccupare, quelli che mi hai dato mi bastano…». «Una suite addirittura!». Il fruscìo dei soldi. Le ispezioni annunciate. I documenti portati a mano perché nel fax dell’ufficio «è finito l’inchiostro, e siccome ogni volta l’ha accattari iu (lo devo comprare io, ndr) l’inchiostro…».
Cannova, però, non lo fa per corruttela. Lo spiega lui, con foga, ai giudici in un memorandum che viene citato più e più volte. Scritto di suo pugno, firmato in calce, necessario a mettere nero su bianco la buona fede del funzionario che si sentiva «consulente privato più che dipendente pubblico». Anche perché coltivava il sogno di andarci a lavorare pure lui alla Oikos. Un percorso che, in effetti, qualcuno ha fatto. Come Federico Vagliasindi, non coinvolto nell’inchiesta Terra mia, docente di Ingegneria sanitaria e ambientale all’università di Catania e, oggi, super-esperto della discarica. Sebbene prima (siamo nel 2011) fosse consulente della Regione Siciliana. Nominato dall’ex governatore Raffaele Lombardo che, per capire se le proteste dei comitati fossero ben motivate (e per rispondere ai titoli di giornale sull’interrogazione di Burtone), mette in piedi una squadra.
Di esperti non ce n’è. Sono tutti burocrati regionali, con l’unica eccezione di Vagliasindi, appunto. «Vagliasindi non è un tecnico, ha competenze superficiali», dirà di lui Mimmo Proto, in una delle telefonate di conforto con Cannova. Mentre quest’ultimo lo rassicura: col professore di UniCt c’è già un appuntamento, devono incontrarsi presto. Le intercettazioni non lasciano scampo. Ed evidentemente il pensiero di Mimmo Proto, socio di Oikos insieme a diversi componenti della sua famiglia, non era il pensiero dell’azienda tutta. Perché poi il prof dalle «competenze superficiali» è saltato dall’altra parte del fosso: da controllore a consulente dei controllati.
Le motivazioni della sentenza vanno avanti a raccontare legami personali, rapporti amicali e intrecci politici. Una sera, a cena a Roma, dovevano esserci Proto, Cannova e Saverio Romano, all’epoca (ottobre 2011) ministro alle Politiche agricole. Un altro giorno, al telefono, c’è un esponente di Palazzo Madama: l’amico di sempre Mimmo Sudano, zio di Valeria, ex senatore. «Abbiamo predisposto la risposta e martedì la firma Berlusconi», lo rassicura. Cosa dovesse firmare Berlusconi la conversazione non lo esplicita e i giudici, nelle motivazioni, non lo approfondiscono. Certo è che per Proto e Cannova la Capitale è un posto di appuntamenti frequenti, di incontri per discutere di pratiche. Incluse quelle sull’annullamento in autotutela dell’Aia del 2009, di cui in quel periodo si parla tanto. E che poi, tra giudizi amministrativi e lungaggini burocratiche, non si farà.