Il ‘famigerato’ parere del Cga: nessun pericolo di sanatoria edilizia generalizzata

SEMMAI IL VERO PROBLEMA – SOTTOLINEA IL DOCENTE UNIVERSITARIO – E’ LA MANCANZA DI UNA RIFORMA URBANISTICA CHE HA CREATO E CONTINUA A CREARE PROBLEMI ENORMI AL GOVERNO DEL TERRITORIO. BASTI PENSARE CHE MENO DEL 10 PER CENTO DEI COMUNI DELLA NOSTRA ISOLA E’ OGGI DOTATO DI STRUMENTO URBANISTICO CON VINCOLI VIGENTI. UNO SCENARIO AGGRAVATO DALLA MANCATA REGOLAZIONE DELLA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS)

da Giuseppe Gangemi

professore ordinario di Urbanistica all’Università di Palermo
riceviamo e volentieri pubblichiamo

Vale la pena di chiarire, in prima considerazione, che ci si riferisce all’applicabilità della legge di sanatoria nazionale n.326/2003 (“seconda sanatoria” dopo la legge n.47/85, essendo la “ terza sanatoria” quella introdotta dalla L.R. 15/2004, art.24). In seconda considerazione che l’opera abusiva ricada in aree di vincolo relativo, e non di vincolo assoluto.

Quindi gli allarmismi di questi ultimi giorni circa l’ipotesi di una sanatoria generalizzata possono essere smorzati e contenuti, semmai, all’interno delle due considerazioni esposte.

Il parere del Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) a Sezioni Riunite (che in Sicilia svolge le funzioni del Consiglio di Stato) è il n.291/10 emesso il 31 Gennaio 2012. Il Presidente della Regione siciliana, nell’accogliere un ricorso straordinario di un privato, ha ritenuto di aderire alle considerazioni svolte nel detto parere con suo Decreto n.465 del 16 Maggio 2013. Il D.P.R.S. in parola è stato notificato soltanto nel Dicembre u.s., provocando le note reazioni politiche e amministrative che hanno acceso, giustamente, le micce di combustione mediatica le quali, tuttavia, a loro volta, hanno amplificato sommariamente i rischi del nostro già martoriato territorio e del degrado delle nostre città, che ne avrebbero volentieri fatto a meno.

Tutto passa dalla distinzione tra vincolo assoluto e vincolo relativo. In linea di dottrina, il vincolo si intende assoluto quando mantiene il carattere di esproprio per il fine, per esempio, di realizzare un’opera pubblica come la previsione di viabilità che si manifesta con azione ablativa della proprietà privata, ovvero perché l’inedificabilità del privato è inibita da leggi statali e/o regionali senza obbligo di esproprio, per esempio nella fascia costiera dei 150 metri dalla battigia in Sicilia. Quindi decade il timore di una sanatoria per quelle opere abusive che ricadono nella fattispecie del vincolo assoluto.

Diversa è la condizione del vincolo relativo, sia perché la sua imposizione potrebbe essere avvenuta posteriormente all’abuso, per esempio un vincolo paesaggistico il quale comunque non prescrive l’inedificabilità, ma soltanto l’obbligo del parere (anche con pesanti prescrizioni) della Soprintendenza, oppure per esempio il vincolo della fascia di rispetto stradale che comunque è una prescrizione di arretramento funzionale alla sicurezza della visibilità veicolare. E’ ovvio che, in tal caso, occorre la valutazione discrezionale, caso per caso, dell’organo preposto per dirimere se la sanatoria, in quella specifica situazione e soltanto in quella, possa essere concessa o meno. Non mi sembra che tale possibilità possa essere negata a-priori, senza violare norme costituzionali di esercizio del diritto di proprietà, né sostenere che ciò equivalga in partenza a una sanatoria generalizzata tout-court.

D’altronde, la questione giuridico-urbanistica sollevata dal parere del Cga riguarda meramente la non applicabilità in Sicilia degli artt. 32-33 della L.R.47/85, con l’esplicita salvaguardia di quanto previsto dall’art. 23 della L.R. 37/85. In base a questa considerazione, viene negato il rinvio automatico agli articoli citati nel recepimento della norma nazionale avvenuto con la L.R. 37/85. “Ciò equivale ad affermare che in Sicilia il divieto (di sanatoria, n.di r.)… deve considerarsi riferito unicamente ai vincoli assoluti, e non anche a quelli c.d. relativi, per i quali ultimi può, invece, ottenersi la concessione in sanatoria”. (v. Cga n.291/10)

La successiva Circolare n.2/2014 (prot.2302 del 31.01.2014) dell’Assessore Reg.le del Territorio e dell’ Ambiente, nel diramare il D.P.R.S. n.465/2013 che accoglie il parere del Cga, precisa comunque che l’applicabilità di questa possibilità di sanatoria opera esclusivamente per le istanze di condono edilizio già presentate ai sensi della L.326/2013.

L’allarmismo scatenato da questa limitata ripresa delle condizioni di sanabilità, per una più corretta applicabilità delle norme statali e regionali in materia, va quindi contenuto nei suoi giusti confini amministrativo- urbanistici, perché in ogni caso evita il formarsi di ulteriori contenzioni, questi sì che fin oggi hanno rallentato enormemente l’attuazione delle severe sanzioni (finanziarie e demolitorie) previste per contenere il grave fenomeno dell’abusivismo edilizio.

Nessun rischio quindi per i territori della fascia costiera e nessuna deroga per l’inedificabilità discendente da leggi statali e/o regionali; ma un mero riesame da parte degli organi preposti ai vincoli relativi per una valutazione specifica del caso per caso.

L’allarmismo in Sicilia non trova la stessa solerzia di attenzione da parte delle forze politiche, nemmeno le più oltranziste e ambientaliste, per la formazione di una legge regionale di riforma urbanistica, meglio detta di governo del territorio.

Una tragedia giuridico-amministrativa che nessuno sembra volere conoscere e affrontare, questa sì, con la dovuta pertinacia e competenza, per la cui assenza non si rileva alcuna levata di scudi, neppure le urla dei più intransigenti integralisti della materia. Un silenzio totale nella Regione siciliana, che vale la pena ricordare essere l’ultima e l’unica tra le Regioni italiane a non essersi dotata di una legge di governo del territorio.

La gravità della condizione pianificatoria in Sicilia è denunciata da un dato terrificante: meno del 10% dei Comuni siciliani (sui 393 che sono) è oggi dotato di strumento urbanistico con vincoli vigenti. La situazione si è ulteriormente aggravata per la mancata regolazione del procedimento VAS (Valutazione Ambientale Strategica) fissato da Direttive Comunitarie con il vecchio e non ancora superato procedimento di formazione degli strumenti urbanistici risalente al 1978.

Una situazione urbanistica insostenibile per un Paese civile e per una società altrettanto civile che deve affrontare problemi grandi e piccoli di governo del territorio, che vanno dal regolamento dei chioschi sui marciapiedi al recupero dei Centri storici, dalle grandi attrezzature alla viabilità regionale, gommata e ferrata, senza che nessuno si meravigli più della modestia dell’uso dei fondi comunitari che non è sorretto da alcuna forza urbanistica e pianificatoria, come invece accade in altri luoghi e in altri Paesi.

L’attenzione data in questi giorni all’applicabilità di norme riguardanti un limitato e parziale riesame di talune sanatorie non ha alcuna proporzione con la complessiva gravità dei disastri e dei dissesti dei nostri territori e delle nostre città per la carenza di un’adeguata riforma urbanistica, carenza responsabile originaria anche del fenomeno dell’abusivismo che non potrà essere né combattuto, né debellato solo a forza di sanzioni contestabili e demolizioni improbabili come vorrebbero le urla dei più oltranzisti che si nutrono, il più delle volte, di ipocrisia politica e giuridica, quanto piuttosto di un lavoro di riflessione competente e di un coraggio politico e amministrativo che va con forza perseguito, soprattutto nelle condizioni attuali.

 


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