Il ddl di Fava contro la povertà e il voto di scambio «Sostegno da altri partiti? Spero sia tema condiviso»

Un aiuto concreto per gli ultimi ma pure per chi, anche se non lo è, rischia di diventarlo presto. I lavori dell’Ars potrebbero partire da qui, dal disegno di legge per gli interventi di contrasto alla povertà in Sicilia. A sperarlo è Claudio Fava, eletto deputato regionale con la lista Cento passi e unico rappresentate della sinistra a sala d’Ercole. Il parlamentare – in procinto di dimettersi dalla Camera per svolgere a pieno il ruolo in Sicilia – ieri mattina ha presentato quattro proposte che verranno depositate subito dopo l’insediamento previsto per venerdì. Tra esse c’è anche quello riguardante l’integrazione al reddito contro la povertà assoluta.

«In Sicilia la situazione della povertà risulta preoccupante non soltanto rispetto al Paese, ma anche rispetto al resto del Meridione – si legge nel testo che accompagna il ddl -. Secondo gli ultimi dati Istat, se in Italia nel 2015 un residente su cinque (19,9%) è a rischio di povertà, in Sicilia più della metà della popolazione (55,4%) vive in famiglie a rischio di povertà o di esclusione». L’idea è quella di istituire una carta che le famiglie meno abbienti potranno usare per l’acquisto dei beni e servizi di prima necessità e che verrà rimpinguata mensilmente dalla Regione. La somma versata dipenderà dalla differenza tra il reddito disponibile (Isee) e la soglia di povertà assoluta, ovvero la spesa necessaria a ottenere ciò che viene considerato essenziale. Una cifra che varia geograficamente e che in Sicilia, stando agli ultimi dati Istat, interessa più della metà della popolazione (55,4%). Nuclei familiari in cui si vive con meno di 1500 euro al mese.

Il disegno di legge, che dopo essere depositato dovrebbe approdare nelle commissioni di merito per essere discusso, punta al sostegno non solo dei disoccupati o di chi è in cerca di un lavoro, ma anche chi un lavoro già ce l’ha ma a condizioni tali da non garantire una vita dignitosa. Impieghi in cui lo sfruttamento spesso la fa da padrone. In tal senso, per Fava aiutare economicamente i più poveri darebbe anche un contributo significativo anche nell’ottica di una loro emancipazione. «In Sicilia un sostegno al reddito acquista una valenza civica ancor più pregnante – continua il testo -. Qui, più che altrove, la vita politica è inquinata dalla tendenza a barattare il voto contro favori, talora anche di minima entità. Rendere i cittadini meno dipendenti dalla morsa del bisogno – sottolinea il deputato – può dunque rappresentare un passo avanti decisivo anche per contrastare il voto di scambio politico-mafioso e quello clientelare».

Della necessità di intervenire in questa direzione in questi anni ne hanno parlato in molti. Tra loro la Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno. Nell’ultimo rapporto, pubblicato a novembre, viene rimarcata l’importanza di introdurre «misure di contrasto permanente alla povertà». A riguardo il governo nazionale quest’anno ha varato il reddito di inclusione (Rei), che entrerà in vigore dal primo gennaio andando a sostituire il Sia, ovvero il sostegno per l’inclusione attiva. Il tutto con il dichiarato obiettivo di aumentare la platea dei beneficiari. Un intervento che però la stessa Svimez non ha mancato di criticare, sottolineandone la portata limitata. «L’introduzione del reddito di inclusione avvia un processo che può portare in pochi anni l’Italia ad avere una forma universalistica di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale, al pari di tutte le altre democrazie economiche dell’Europa. Tuttavia – specificano i ricercatori – in sede di prima applicazione l’impegno finanziario appare ancora largamente insufficiente e rischia di non produrre effetti rilevanti sulla dinamica della povertà. Del Rei beneficerà (in Italia, ndr) soltanto il 38 per cento circa degli individui in povertà assoluta per importi che sono generalmente compresi fra il 30 e il 40 per cento della soglia di povertà assoluta per molte tipologie familiari».

E dunque anche per colmare queste carenze nasce il ddl a firma Fava. «Non vuole essere soltanto un buon proposito ma un intervento legislativo mirato», commenta il diretto interessato. Per far sì, però, che si trasformi in legge ci sarà bisogno dell’approvazione di decine di deputati, considerata l’estrema minoranza rappresentata dal movimento Cento passi all’interno dell’Ars, Un problema che tuttavia il deputato di sinistra per il momento non si sente di affrontare. «Appena insediato lo presenterò. Per il resto – conclude Fava – ritengo che si possa trovare uno spazio di dialogo con le altre forze politiche. Credo e spero siano temi condivisi anche da tutti».


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