«All’inizio della scorsa settimana ho annunciato alla presidente Rosy Bindi l’intenzione di richiedere l’audizione della giudice Gaetana Bernabò Distefano e del capo dei gip Nunzio Sarpietro». È l’annuncio del senatore del MoVimento 5 stelle Mario Giarrusso, che dovrebbe diventare cosa concreta nel corso della prossima settimana. Quando, cioè, in occasione di un ufficio di presidenza, il gruppo pentastellato alla Commissione nazionale antimafia potrà formalizzare l’intenzione di sentire entrambi i giudici. Protagonisti, in maniera diversa, del proscioglimento dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa a carico dell’imprenditore ed editore etneo Mario Ciancio Sanfilippo. «Una decisione scovolgente», secondo Giarrusso.
Bernabò Distefano è l’autrice di un pronunciamento quantomeno controverso. In cui il reato ipotizzato da Giovanni Falcone nel maxi-processo, che punta a colpire la zona grigia tra mafia, imprenditoria e politica, viene definito «una materia evanescente e nebulosa» in relazione all’applicazione a Ciancio. Sarpietro, vertice dell’ufficio dei giudici per le indagini preliminari di Catania, ha preso una posizione netta: «La negazione del reato di concorso esterno all’associazione mafiosa dal punto di vista giurisprudenziale è una decisione del tutto personale e isolata della dottoressa Gaetana Bernabò Distefano, poiché tutti gli altri giudici della sezione ritengono il suddetto reato sicuramente ipotizzabile, come più volte stabilito dalla Corte di Cassazione».
«La presidente Bindi è stata informata per il momento in maniera informale – spiega Giarrusso – Ma lei comunque mi ha dato un parere estremamente favorevole. E la stessa reazione è arrivata dal vicepresidente della commissione Claudio Fava». Così come, pare, sembra sia stato ampio il consenso da parte degli altri componenti della commissione bicamerale. «Davanti a un’ottima attività degli investigatori – conclude il senatore a cinque stelle – alcune reazioni sono sconcertanti». Ed è su quelle che contano di vederci chiaro sentendo chi ha formulato la sentenza e chi, a mezzo stampa, non l’ha difesa. Entrambi potranno essere ospiti di una seduta a Palazzo San Macuto, in date e modi che ancora devono essere definiti.
Sull’argomento, del resto, la magistratura non è rimasta in silenzio. E la prima delle voci che si è alzata contro la definizione del concorso esterno fatta dalla giudice etnea è quella della procuratrice Ilda Boccassini, che è intervenuta all’università di Milano. «In questi giorni ho letto che un giudice di Catania ha escluso l’esistenza del concorso esterno – afferma Boccassini davanti agli studenti milanesi – Premesso che ho trovato dequalificante la smentita del presidente dell’ufficio gip, ma questa è un’opinione personale». Per la magistrata il concorso esterno è «un fatto sancito da sentenze della Suprema corte», messo a rischio da «una magistratura sciatta, senza rigore professionale». Una materia difficile, «con una linea di demarcazione molto labile tra il concorso esterno e la partecipazione», «ma da qua a dire che il reato non esiste è un’aberrazione giuridica che è stata inventata». E, conclude, «vedo una deriva rispetto a questi principi».
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