Il caro gasolio tra autotrasportatori, Gdo e intermediari  «Rischio di fermo tecnico per le imprese del centro-sud»

Gli scaffali dei supermercati sono rimasti vuoti per giorni. La carenza di prodotti è dovuta allo sciopero degli autotrasportatori che sembrano non uscire soddisfatti dai diversi incontri con il ministero delle Politiche agricole. Nonostante questo, però, il sit-in guidato dal consorzio Aias, per giorni in protesta al casello di San Gregorio (nel Catanese), si è arrestato con la promessa di un tavolo di confronto garantito dall’assessore regionale ai Trasporti Marco Falcone. «Per il momento dalla Regione tutto tace», lamenta a MeridioNews il presidente di Confartigianato trasporti Sicilia Salvo Di Piazza. E anche dall’incontro di ieri a Roma con la Lega non è emerso nulla di nuovo. «La situazione internazionale con una guerra in corso in Europa – ha sottolineato il segretario regionale della Lega Nino Minardo – non ci consente di avere un quadro chiaro». La questione, quindi, è molto più complessa di quanto sembra: in mezzo ci sono gli autotrasportatori, la grande distribuzione organizzata e le agenzie di trasporto che fanno da intermediari

Poi ci sono le iniziative autonome che in Sicilia hanno portato allo sciopero dei trasportatori e che potrebbero ripresentarsi. «Non abbiamo mai avviato alcun blocco, preferiamo i tavoli istituzionali – commenta Di Piazza – anche perché è stato dichiarato lo stato di emergenza fino al 31 dicembre per assicurare soccorso e assistenza alla popolazione ucraina in Italia – aggiunge – e ulteriori blocchi non sarebbero opportuni». Innumerevoli le variabili in gioco. Dal costo del carburante alle leggi disapplicate – e, in alcuni casi, completamente disattese – con il rischio che i supermercati rimangano ancora vuoti. Soprattutto se si considera che la guerra incide su approvvigionamento e costi di petrolio e gas. Temi al centro dell’audizione in commissione Lavori pubblici alla Camera delle sigle rappresentative del comparto. «Nei prossimi giorni ci sarà un contingentamento nella fornitura di carburante – ha spiegato in audizione il segretario generale di Trasporto Unito Maurizio Longo – ma non sappiamo ancora quando sarà consegnato e quanto costerà. C’è il rischio di un fermo tecnico soprattutto per le imprese del centro-sud», ha riferito Longo. 

Eppure, a livello nazionale, qualcosa si è mosso. Con il decreto Energia per il settore sono stati previsti finanziamenti di 80 milioni di euro per promuovere la sostenibilità d’esercizio delle imprese italiane che si occupano di attività logistica e di trasporto con mezzi di ultima generazione (Euro VI/D) a bassissime emissioni inquinanti. Per queste aziende si riconosce il 15 per cento in meno di tasse sotto forma di credito d’imposta sul valore aggiunto del componente AdBlue. Ovvero, il liquido iniettato nei gas di scarico di un motore alimentato a diesel per ridurre le emissioni di ossidi di azoto. Una soluzione tampone che però non è la panacea di tutti i mali. «Questo intervento non risolverà il problema – ha dichiarato Longo – ma si dovrebbe riequilibrare il mercato dal punto di vista normativo». Come adeguare, allora, i costi di trasporto al rincaro del carburante? La risposta potrebbe e dovrebbe arrivare dal tavolo delle trattative che è ancora aperto. Tanto in Italia quanto in Sicilia. Sull’isola, però, le cose si complicano ulteriormente. «Continuiamo a essere in esercizio provvisorio e senza finanziaria non possiamo scegliere nulla – fa notare a MeridioNews il deputato regionale Nuccio Di Paola – Al di là dei promessi dieci milioni di euro, che non si capisce da dove saranno presi, potremmo decidere se aiutare un comparto piuttosto che un altro solo quando avremo una finanziaria», analizza il capogruppo all’Ars del M5s. 

A preoccupare il sistema dei trasporti ci pensano già la condizione di insularità – che alla Sicilia costa circa sei miliardi di euro l’anno – e il costo del biglietto per l’imbarco dei mezzi ingombranti sui traghetti. «È ovvio che i maggiori costi devono essere applicati al valore della merce che viene trasportata – ha proseguito Longo – In paesi come la Francia questi non rimangono a carico dell’impresa di autotrasporti come, invece, avviene in Italia». Anche qui la normativa ci sarebbe, ma non è applicata. «Così si ritorna alla vecchia maniera in cui la relazione è tutta tra autotrasportatori e committenti – ha spiegato -, i primi chiedono l’adeguamento e i secondi valutano se concederlo parzialmente o non concederlo affatto».


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