C’è un pre-partita e c’è un post-partita. E la prospettiva da cui inquadrare un risultato può cambiare totalmente. Chiunque, e in maniera legittima, in casa rosanero avrebbe storto il naso a priori al cospetto di un pareggio casalingo (1-1) contro una squadra in crisi (un punto in sei partite, tre negli ultimi otto turni) e scivolata progressivamente verso le zone medio-basse della classifica. A bocce ferme, prima del match, il risultato maturato oggi sul campo avrebbe avuto il sapore di un mezzo passo falso. Poco compatibile con le esigenze di un Palermo intenzionato, dopo la turbolenta sconfitta rimediata al Tardini contro il Parma, a riprendere la propria rincorsa per spiccare il volo verso i primi due posti che valgono la promozione diretta in serie A. Poi, però, c’è la partita. C’è un film che va in onda e ci si accorge che l’1-1 ottenuto dai rosanero contro il Pescara va accolto con soddisfazione nel senso che al Palermo, obiettivamente, nella giornata odierna poteva andare molto peggio.
Gli uomini di Tedino hanno rischiato seriamente di perdere e, al di là di alcune nitide palle-gol create dagli ospiti soprattutto nel secondo tempo (clamorosa l’occasione fallita da Pettinari con una girata a tu per tu con il portiere), devono ringraziare Pomini se sono rimasti sulla linea di galleggiamento. L’estremo difensore è salito in cattedra al 33′ della ripresa ‘ipnotizzando’ dagli undici metri l’ex di turno Brugman (in occasione di un rigore dubbio fischiato dall’arbitro Piscopo per un presunto fallo di Rajkovic su Mancuso) con un intervento che, nell’economia del risultato, ha avuto per i rosanero lo stesso peso specifico di un gol segnato. Grazie alla respinta del numero 22, che non parava un penalty da un Sassuolo-Verona del marzo 2013, i rosa non solo hanno mosso la classifica ma hanno anche raggiunto il secondo posto agganciando il Frosinone, sconfitto a Parma e in svantaggio negli scontri diretti con il Palermo. L’obiettivo della giornata (il sorpasso sui ciociari, anche se solo parziale in questo caso) è stato centrato e questo è un aspetto che sposta il flusso delle cariche rosanero verso il polo positivo. Diverso, il discorso, se si analizza il modo in cui questo obiettivo, cioè il secondo posto, è stato raggiunto.
Il fine, nel caso specifico, non giustifica i mezzi: anche se sono secondi e in una posizione che li mette nelle condizioni di essere padroni del proprio destino nella porzione finale del campionato, i rosanero non possono essere contenti per la prestazione fornita. Il Pescara ha giocato molto meglio e avrebbe anche meritato di conquistare l’intera posta in palio. La prova degli uomini di Tedino non è stata all’altezza delle aspettative. Alcuni giocatori sono fuori forma (ci si aspettava di più, ad esempio, da Chochev, sfortunato protagonista in occasione dell’1-1 firmato Valzania al 39′ del primo tempo, e soprattutto dal capitano Nestorovski, involuto e in una condizione psico-fisica non ideale evidenziata nell’ambito di una prestazione culminata, nel momento in cui nel finale ha lasciato il posto a Moreo che ha sfiorato il gol in zona Cesarini, con un applauso polemico nei confronti del pubblico che lo stava fischiando) e la squadra, in generale, non ha brillato. Dando l’impressione, al netto degli acuti del solito Coronado che ha sbloccato il risultato al 25′ del primo tempo con un destro a giro sul secondo palo, di essere scarica (complice la stanchezza accumulata in quest’ultimo periodo caratterizzato da una serie di gare ravvicinate) e con poche idee. In costante difficoltà, specialmente nella ripresa, contro un Pescara magari vulnerabile in difesa ma tatticamente organizzato (4-3-3 il sistema di gioco degli ospiti al cospetto del 3-5-2 proposto da Tedino con Coronado mezzala e in attacco il tandem Nestorovski-La Gumina) e convincente dal punto di vista dello sviluppo della manovra.
Pillon, al debutto sulla panchina biancoceleste, non ha la bacchetta magica e non ha trasformato all’improvviso il volto di un gruppo che finora ha peccato di discontinuità ma ha preparato bene la partita e, una volta individuati i difetti dell’avversario, ha saputo sfruttare le potenzialità dei suoi giocatori. Elementi di un collettivo strutturato, a prescindere dai risultati deludenti di questa stagione e non in linea con il valore dei singoli, per esprimere un calcio propositivo.
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