Prendiamo in prestito da "Astratti furori" la presentazione della mostra "Miti del nuovo millennio", organizzata dalla facoltà di Lettere e Filosofia per la rassegna l'"Antico oggi"
Il ‘barone-mago’ che viveva di notte
“Miti del nuovo millennio” è un percorso tra le piccole divinità di un mondo sommerso. La mostra degli acquarelli di Casimiro Piccolo di Calanovella trova posto nell’ambiente suggestivo delle cucine del Monastero dei Benedettini e dà l’occasione di scoprire la figura intrigante del “barone-mago”, fratello del poeta Lucio Piccolo e cugino di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che, appassionato di esoterismo e di pittura, unì i due interessi in una cosa sola.
Ne nacquero queste opere, dipinte a partire dal 1943, nell’arco di trent’anni circa, con una dedizione e uno studio sorprendenti. In principio ritrattista, poi paesaggista, nonché pioniere della fotografia del tempo, Casimiro diventò infine il demiurgo di un mondo fantastico con cui aveva intessuto rapporti molto personali. Nella villa di Capo d’Orlando, in cui la famiglia Piccolo si era trasferita da Palermo colpita da uno scandalo – la fuga amorosa del padre, il barone Giuseppe- col suo parco e nel suo isolamento assunse presto un’aura di magia. Qui, i due fratelli Lucio e Casimiro insieme alla sorella Giovanna e ai
frequentatori di “Villa Piccolo”, diventata un cenacolo di artisti, invocavano gli spiriti riuniti intorno a un tavolo e fino a notte fonda evocavano il popolo sopito delle ombre.
L’interesse per l’esoterismo aveva contagiato tutta la famiglia, ma Casimiro era un vero esperto, non solo per i suoi studi coltissimi ma perché con gli spiriti aveva una confidenza particolare. I fratelli Piccolo possedevano un cimitero per i cani, unico per l’epoca, e poteva capitare di trovare il pittore palermitano a parlare con lo spirito del suo cane Alì. Ciò non deve sorprendere data la speciale considerazione che il barone aveva per tutti i viventi e che gli derivava dall’idea per cui tutti gli elementi del mondo sono fatti della stessa sostanza vitale. E in
genere, doveva preferire avere rapporti con le ombre piuttosto che con una umanità verso cui sembrava diffidente.
Così, nelle sue opere le forme umane sono presenti come residuo, traccia di sembianze familiari necessarie agli uomini per guardare anche ciò che è altro da sé. L’umano viene stravolto: dai suoi tratti straripano forme inconsuete. Come quelle degli “spiriti elementali”, protagonisti degli acquarelli di Casimiro: gnomi, ninfe, silfi, salamandre: le schiere di una folta mitologia nordica che Piccolo ha saputo ricreare e accendere
nell’orizzonte già abbagliante e magico del paesaggio isolano. Disinteressato al “negotium” del mondo diurno, viveva di notte: nell’oscurità si tenevano le sue frequentazioni con ombre, gnomi, simulacri. Esseri grassocci o rinsecchiti, mai rassicuranti, con i loro occhi stralunati, colmi di stupore, dubbio, paura, che ora si affacciano dai suoi quadri.
Personaggi vecchissimi e bambini allo stesso tempo, come a unire una saggezza millenaria alle misure minime dell’infanzia. E se la statura è simbolo di visibilità, in qualche modo dell’importanza all’interno della società, si nota subito come questi esseri siano “piccoli” oltre il senso più banale. Sono ombre di un mondo invisibile: marginali non solo perché lontane dal senso comune, ma anche perché presenze sinistre, note
dissonanti, portatrici di inquietudine in una realtà lineare e a tutti i costi rassicurante come quella quotidiana. La società degli uomini è minacciata e derisa da esseri che hanno il dominio sulla natura, che ne ammettono le forze distruttive, destabilizzanti.
Spesso simbolo dei quattro elementi, questi spiriti sono anche riflesso dell’animo umano, talvolta nei suoi tratti più “asociali”, nei suoi umori: la melanconia, la bile, la flemmaticità; e con gli uomini spesso si uniscono, generando esseri singolari come nani o giganti.
Nei personaggi di questi acquarelli non è difficile riconoscere persino alcune bizzarrie della nobiltà, spesso folle nei suoi eccessi: per antonomasia fuori dalla “mediocritas”; e che in comune con la genìa degli gnomi sembrerebbe avere i tratti del viso, allungati, duri, come levigati ad secoli di vetustà. Eppure il mondo dei folletti è una realtà invocata, che quindi tende ad essere sempre nuova nelle sue epifanie. La vivacità e la magia di questi acquarelli sta in gran parte nei colori brillanti e accesi, complici nel rendere sottile il confine tra il personaggio e la natura che lo circonda. Se è vero che gli esseri mitici rappresentati hanno il dominio sui boschi, sulla vegetazione, sull’acqua e la terra , questo si riflette perfettamente nelle composizioni: paesaggi senza cielo, o dal cielo basso, e quasi sempre scuro, spesso di un intenso blu cobalto animato dall’interno, dal chiarore di una luna piena; protagoniste sono le piante, le radici, le foglie e i fiori; e se la città è presente, lo è in scorci che generano quasi tensione : generalmente varchi, porte o finestre. L’esposizione delle opere di Casimiro Piccolo non solo porge uno spunto per approfondire la figura di un artista
insolito e affascinante, ma ci immerge in una riflessione suggerita ad ogni quadro da esseri che mediano fra due realtà spesso trascurate e tra cui non sempre c’è equilibrio: quella del mondo di fuori, della natura mai del tutto dominata dall’uomo; e quello di una interiorità mai accettata, da nascondere perché fatta di stravaganze ritenute inopportune, soffocate a forza per restare invisibili.
La mostra si terrà fino al 25 marzo nelle cucine dell’ex
Monastero dei Benedettini e sarà aperta dalle ore 9 alle ore 13 e
dalle 15 alle 19. Il sabato pomeriggio e la domenica si potrà
accedere solo attraverso l’ingresso da via Biblioteca.