Quattro capitoli per raccontare i 12 mesi appena trascorsi. Un cammino di 365 giorni fatto di inchieste e arresti eccellenti, ma anche calamità. Dall'alluvione al terremoto di Santo Stefano. In mezzo lo scandalo rifiuti e la vicenda Mario Ciancio. Guarda il video
Il 2018 a Catania e provincia raccontato in 2 minuti L’annus horribilis della politica cittadina e non solo
Per la politica a Catania e provincia il 2018 è stato uno degli anni peggiori. Perfino più di un indagato eccellente al mese, con accuse che spaziano dalla corruzione elettorale al concorso esterno in associazione mafiosa. Basterebbe questo per raccontare i 365 giorni appena trascorsi e comprendere quanto sia stato difficile, per i cittadini, digerire uno scandalo dopo l’altro. E se il pubblico piange, il privato certo non ride: basta ricordare la confisca all’imprenditore ed editore del quotidiano La Sicilia Mario Ciancio Sanfilippo, dimessosi dal giornale il giorno in cui i magistrati hanno reso noto di avere apposto i sigilli a una parte del suo patrimonio. MeridioNews ha diviso in quattro maxi-capitoli tematici i 12 mesi appena trascorsi.
L’annus horribilis
A febbraio 2018 è toccato al sindaco di Acireale Roberto Barbagallo. Accusato di avere fatto pressioni, tramite la polizia municipale acese, su una famiglia di piccoli imprenditori locali allo scopo di ottenere voti, alle elezioni regionali 2017, per il deputato Nicola D’Agostino (non coinvolto). Il mese dopo, la politica subisce un altro scossone: nell’ambito di un’inchiesta per voto di scambio, l’attenzione della magistratura si concentra su tre personaggi piuttosto noti. Si tratta dell’ex consigliere comunale ed ex candidato sindaco di Catania Riccardo Pellegrino (fratello di Gaetano, presunto esponente di spicco del clan dei Carcagnusi); di Ascenzio Maesano, ex sindaco di Aci Catena, costretto alle dimissioni dopo l’arresto per corruzione avvenuto l’anno prima; e di Biagio Susinni, ex sindaco di Mascali quando il Comune, nel 1992, venne sciolto per le infiltrazioni di Cosa nostra. Ad aprile è mister 32mila preferenze a essere iscritto nel registro degli indagati: la procura di Catania definisce «un atto dovuto» l’apertura del fascicolo a carico del deputato regionale Luca Sammartino. La vicenda che lo vede coinvolto è quella degli anziani non autosufficienti portati al voto nella casa di cura Maria Regina di Sant’Agata Li Battiati, in provincia di Catania. Altro giro altra corsa: a marzo le manette si stringono attorno ai polsi del camaleontico Marco Forzese, ex deputato regionale, che secondo l’accusa avrebbe fatto pressioni sull’ispettorato del lavoro per ottenere favori. Pochi mesi dopo, al centro dell’attenzione mediatica torna ancora una volta il Comune di Aci Catena: per Pippo Nicotra, ex sindaco, la magistratura ipotizza il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. E c’entra Cosa nostra anche nell’inchiesta che travolge il vicesindaco di Misterbianco Carmelo Santapaola, accusato di intestazione fittizia di beni in relazione a un centro scommesse sequestrato al gruppo dei Placenti di Lineri. Passano un paio di settimane e finisce ai domiciliari il sindaco di Bronte Graziano Calanna: avrebbe chiesto una tangente per l’affidamento di un appalto pubblico, anche se il fatto poi non si sarebbe concretizzato.
Il momento più difficile
A Catania il 2018 è stato anche l’anno dei rifiuti. Le gare settennali sempre deserte, le proroghe al consorzio d’imprese SenEco e, soprattutto, l’inchiesta Garbage affair. Gli investigatori fanno luce su un giro di corruzione che coinvolge gli uffici comunali e una delle imprese che avevano ottenuto l’appalto. Al processo patteggiano la condanna l’ex ragioniere generale Massimo Rosso e l’ex funzionario dell’Ecologia Orazio Fazio, oltre che il patron di Ecocar Antonio Deodati. I primi due rientrano a pieno diritto tra gli uomini di fiducia dell’ex primo cittadino Enzo Bianco. Quest’ultimo, a pochi giorni dall’annuncio della sua ricandidatura a sindaco, viene travolto dalla pubblicazione della registrazione di una telefonata con l’ex dirigente del settore Rifiuti Salvatore Cocina, al quale vengono fatte delle pressioni affinché sposti dai loro incarichi alcuni dipendenti comunali. In questo clima, non basta l’inaugurazione della fontana monumentale del tondo Gioeni, che monopolizza l’attenzione della città per tutta la campagna elettorale. Per l’ex ministro dell’Interno le amministrative 2018 sono una sconfitta pesantissima: vince l’attuale sindaco Salvo Pogliese. Per il primo cittadino neo-eletto la strada è subito in salita. Tra i suoi primi atti, Pogliese firma un’ordinanza anti-clochard che gli vale le proteste dell’associazionismo e di una parte della società civile catanese. Quando ancora non si erano dimenticate le polemiche su questa sua presa di posizione, nel porto di Catania arriva la nave Diciotti carica di migranti. E bloccata sulla banchina per giorni, per volontà del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Gli occhi dell’Europa sono puntati sul capoluogo etneo e il primo cittadino non si fa vedere. Perché, nel frattempo, stavano cominciando le manovre di avvicinamento con il leader della Lega, diventato indispensabile. Perché? Per via della Corte dei Conti: i giudici di Palermo avevano, nel frattempo, dichiarato il dissesto di Palazzo degli elefanti. E nell’attesa di sapere come sarebbe andato il ricorso alle sezioni riunite di Roma (poi rivelatosi inutile), la mano del sindaco etneo era tesa verso il governo per chiedere un aiuto di Stato per salvare il salvabile. Ma non c’è stato niente da fare. Il governo centrale non ha aiutato la città e al Consiglio comunale non è rimasta alternativa che la deliberazione del default.
I centri di potere
Se il pubblico piange, il privato certo non ride. A settembre la procura di Catania annuncia che è stata confiscata parte del patrimonio dell’imprenditore ed editore Mario Ciancio Sanfilippo. Vengono nominati due amministratori giudiziari e, nel frattempo, Ciancio si dimette durante una riunione di redazione nelle stanze di viale Odorico da Pordenone. A suo carico, intanto, va avanti il processo per concorso esterno in associazione mafiosa. I pentiti di Cosa nostra si alternano alla sbarra. A fine novembre, piazza Verga dà un’altra pesante stoccata al mondo dell’informazione locale: viene messo agli arresti domiciliari Francesco Russo Morosoli, editore di UltimaTv e proprietario di alcune delle più importanti aziende che si occupano della mobilità sull’Etna. In quello che viene definito un sistema per mantenere il monopolio dei servizi turistici sul vulcano, restano imbrigliati anche i sindaci di Linguaglossa e Nicolosi Salvatore Puglisi e Angelo Pulvirenti, entrambi indagati. Le forze dell’ordine svelano anche i progetti per taroccare i risultati del concorso per l’abilitazione a guida vulcanologica: nelle intercettazioni i favoritismi affinché a superare le prove siano parenti e amici di alcuni dei componenti del Collegio delle guide.
Le calamità naturali
Ci si mette, infine, anche madre natura. All’inizio di ottobre le forti piogge causano un’alluvione di vastissime proporzioni in tutto il territorio della piana di Catania e nel Calatino. Gli agricoltori di Scordia, Palagonia e Ramacca finiscono in ginocchio. Interi agrumeti vengono completamente sradicati dalla forza dell’acqua, che devasta anche le strade delle città. Tra Natale e Santo Stefano, in ultima istanza, è l’Etna a fare parlare di sé: l’eruzione della vigilia di Natale causa un lungo sciame sismico e fa attivare la faglia di Fiandaca. Alle 3.19 del 26 dicembre un sisma di magnitudo 4.8 fa tremare la terra e distrugge le case. In particolare quelle della frazione di Fleri, a Zafferana Etnea, di Pennisi, ad Acireale, di Santa Maria La Stella, ad Aci Sant’Antonio, e di Santa Venerina. Gli sfollati sono centinaia, arrivano i vicepresidenti del Consiglio Matteo Salvini e Luigi Di Maio e il governo dichiara lo stato di calamità.