Oltre a nomignoli sdolcinati ed espressioni amorevoli, le carte dell'operazione Blanco fanno emergere l'abitudine degli arrestati di declinare al femminile i loro appellativi. Ma ci sono conversazioni d'affari in cui i toni si fanno più duri e minacciosi
I trafficanti di droga che si fanno chiamare con nomi da donna Da Denise a zia Franca, tra «ti stra-amo» e «baci nella funcia»
Non solo i classici nomignoli sdolcinati («amore», «vita», «cuore») per rivolgersi l’uno all’altro ed «espressioni amorevoli» scambiate a ogni dialogo. Tra le conversazioni intercettate nell’ambito dell’inchiesta Blanco – che ha portato all’arresto di 28 persone appartenenti a due organizzazioni criminali e accusate di essersi spartite la gestione del traffico di cocaina e marijuana in città – c’è di più. Molti degli uomini protagonisti dei colloqui registrati si fanno chiamare con nomi da donna e usando gradi di parentela anche quelli declinati al femminile. C’è Maurizio Salici (che è tra gli arrestati finiti in carcere), per esempio, che ha scelto di farsi chiamare Denise, il nome della figlia. Chi si rivolge a lui per telefono e specialmente nei messaggi, lo chiama anche «bambina bella» oppure «amore di zia». È il caso di Lorenzo Ferlito (anche lui coinvolto nel blitz di oggi e portato in carcere) che per sé usa il femminile e che non fa mai mancare a Salici parole di affetto – come «ti voglio bene» ma anche «ti amo» – e pure suggerimenti che di solito si rivolgono ai bambini, tipo: «Vattene al dopo scuola».
E, stando a quanto emerge dall’ordinanza, Ferlito non è lui l’unica «zia». Anche il pregiudicato catanese Francesco Ieni, (figlio del noto boss Giacomo Maurizio, detto ‘u mattuffu) storicamente legato al clan mafioso Pillera-Puntina e stabilmente dedito al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, sceglie di farsi chiamare «zia Franca». Appellativi che, nei loro piani, sarebbero serviti a mantenere criptico il linguaggio. «Amore di zia – scrive Ieni in un sms per Ferlito – domani dopo pranzo vieni dalla zia. Ho avuto un problema. Ti porti i bambini e il gioiellino che sono arrabbiata». I «bambini» e il «gioiellino», fuor di metafora, sono un’arma e le relative munizioni. A un certo punto per Ferlito, Ieni diventa addirittura «la mamma». In questo quadretto familiare, «la nonna» è l’appellativo utilizzato per la sostanza stupefacente. C’è un episodio nell’inverno del 2018 in cui a Ieni viene la febbre. A fargli compagnia e rasserenarlo si precipita Ferlito. Così Salici chiede a lui di portare i suoi saluti: «Dacci un bacio nella funcia (in bocca, ndr) e facci sapere che lo voglio un gran bene dell’anima».
La banalità dei sentimenti sdoganati e i nomignoli affettuosi non sono una novità del linguaggio criminale. Raccontano dell’intento di manifestare chiaramente l’appartenenza a un nucleo quasi familiare. «Zia da me vita (della mia vita, ndr) ti stra amo più di tutti. Sei il mio ossigeno, sei la mia vita. Ti mando un bacio megagalattico», si chiude così un messaggio che Ferlito manda a Ieni. Messaggi dai toni amorevoli che si fanno duri in certe occasioni importanti, insomma quando si tratta di affari. «La troia è venuta e l’ho rimproverata perché ha ritardato. Forse non è abituata con le nipotine permalose. Ti amo con tutte le sfaccettature». Sono ancora parole che Ferlito manda a Ieni con un sms in cui il soggetto (di cui parla al femminile) è Emanuele Sapia. L’uomo, anche lui tra gli arrestati di oggi, che ha suscitato ire per un ritardo nel pagamento di due chili di marijuana. Sostanza che gli era già stata fornita a credito con la promessa, però, che sarebbe stata piazzata a stretto giro per potere saldare il debito. In questo piano, tuttavia, c’è una falla: «Mi hanno ammarronato, non sono venuti, ci rumpu tutti i conna, parola mia d’onore. Vita, che colpa ne ho io se la gente è poco seria?». L’indomani dei soldi ancora non c’è traccia. Ieni, dopo avere provato a giustificarlo con gli altri dicendo che «lo hanno lasciato in tredici», torna a sollecitarlo per il pagamento: «Beddu, ti sei dimenticato di me ma io non di te».
Tra una parola dolce e l’altra, si parla di affari legati alla droga, di consegne che arrivano a Catania ogni circa dieci giorni, di pagamenti da garantire dopo avere ricevuto la sostanza a credito, di provini degli stupefacenti da fare per capirne la qualità (viste le ingenti quantità da fare arrivare), e soprattutto di debiti da saldare. Come quanto Ieni rassicura il trafficante calabrese Alessandro Robortella (anche lui arrestato) imputando il ritardo del pagamento alla difficoltà di piazzare velocemente la droga. La causa sarebbe in un’eccessiva concorrenza in città: «Tranquillo amore che non perdi mai niente. Le difficoltà sì, ma l’importante è che tutto va bene: materiale, commerciale e piena la città». Un messaggio a cui segue una risposta piena di comprensione che arriva direttamente dalla Locride: «Va bene amore mio. Ti amo, mi manchi, capisco e mi fido di te». Si fida sì ma, finché non vede i soldi, non garantisce nessun’altra fornitura. Non solo di droga ma nemmeno di armi. Perché anche per quelle Ieni fa riferimento a Robortella. In particolare, in una conversazione intercettata, il catanese chiede al calabrese di procurargli «una pistola mitragliatrice Uzi (un’arma semiautomatica da guerra, ndr) e un fucile d’assalto Kalashnikov». Incassata la disponibilità alla fornitura, comincia tutta l’opera di recupero crediti da chi deve ancora saldare debiti di droga.