'voglia d'indipendenza. Storia contemporanea della sicilia fra separatismo e autonomia'. E' il titolo dell'ultimo libro del professor salvatore musumeci, leader del m. I. S. , il movimento per l'indipendenza della sicilia e autore di numerosi saggi storici.
“I siciliani onesti e intelligenti comincino a contarsi tra loro”
‘Voglia d’Indipendenza. Storia contemporanea della Sicilia fra Separatismo e Autonomia’. E’ il titolo dell’ultimo libro del Professor Salvatore Musumeci, leader del M.I.S., il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia e autore di numerosi saggi storici.
Un libro nato dall’input di documentazioni inedite e frutto di lunghe ricerche che, a detta di chi lo ha già letto, apporta non poche novità alla conoscenza delle vicende siciliane del dopoguerra e degli anni del Risorgimento.
Il volume, edito da Armenio Editore (15 euro) è stato presentato ieri, a Palermo, nel corso di un interessantissimo dibattito andato in scena nei locali degli Spazi culturali della storica libreria Maimone, in via Marchese di Villabianca, particolarmente affezionata alla cultura siciliana.
Oltre all’autore, erano presenti, tra gli altri, Monsignor Michele Crociata, energico sacerdote che ha firmato un’opera in tre volumi dal titolo:”Sicilia nella storia. La Sicilia e i Siciliani dalla dominazione saracena alla fine della lotta separatista”;
e ancora gli studiosi Francesco Giordano, Pippo Mollica, Ignazio Coppola e Pasquale Hamel. Tutti esperti della materia e autori di vari saggi sul tema dell’Autonomia e della vera storia siciliana. Quella, per intenderci, che non ci insegnano tra i banchi di scuola.
Un parterre di esperti e ricercatori che ha trasformato la presentazione di un libro in un momento di vivace riflessione e di arricchimento culturale. Unica mancanza, la presenza del Professor Massimo Costa e delle sue dettagliate analisi economiche sulla questione siciliana. Il quale, per impegni pregressi, non ha potuto partecipare.
Il primo intervento, molto ‘galvanizzante’ è stato proprio quello di Monsignor Crociata: “In Italia due cose non sono ammesse. La prima: una politica estera contraria ai voleri degli Usa. Chi ha tentato di contrastarli è rimasto folgorato: da Craxi ad Andreotti e persino Berlusconi.
La seconda- ha aggiunto il sacerdote- è quella che vieta ai Presidenti della Regione siciliana di chiedere l’applicazione dello Statuto autonomistico. Viviamo in un Paese i cui l’illegalità costituzionale è diventata regola”.
Poi, sul libro di Musumeci ha aggiunto: “Un arricchimento anche per chi conosce già la vera storia siciliana. Mi ha colpito particolarmente la rilettura dell’esperienza milazzista di cui ancora molti non colgono la portata rivoluzionaria”.
A prendere la parola è stato, quindi, Giordano: “Musumeci, non nuovo nelle sue scorribande storiografiche e giornalistiche a codeste indagini attente e documentate, ha compiuto opera affatto meritoria, nel sintetizzare non solo gli anni post-unitarii che videro gli stati d’assedio imposti in Sicilia e i mezzi coercitivi di uno Stato che ci derubò nel bilancio economico statale a vantaggio delle industrie del nord e dello sviluppo dell’Italia settentrionale, ma esplora anche, con dovizia di documenti, alcuni inediti (come il biglietto del capo-mafia Don Calogero Vizzini che definitivamente chiarisce il suo ruolo centrale nella occupazione anglo-americana dell’Isola nell’estate del 1943) e il ruolo del Movimento Indipendentista in Sicilia”.
La parola è poi passata a Mollica che oltre ad elogiare la ricchezza di documentazione del libro di Musumeci (“un volume profondo come un pozzo”) si è soffermato sulla questione della ‘deculturizzazione’ cui sono stati sottoposti i siciliani: “Se ancora oggi molti siciliani non conoscono la propria cultura è perché la produzione della stessa si è spostata al Nord. Nemmeno i libri usati nelle scuole siciliane sono stampati qui. E, infatti, impariamo la storia scritta da chi ha interesse a descrivere come mostri quelli che invece sono gli eroi e i protagonisti della storia siciliana. Una damnatio memoriae da cui si può uscire solo se comincerà ad investire nella cultura siciliana e nella sua diffusione. Questo libro, ad esempio, dovrebbe essere prescritto dalla mutua”.
A questo punto l’intervento di Musumeci: “Il libro è uno spaccato storico contro la damnatio memoriae. Agli scritti dei miei anni passati si sono aggiunte nuove scoperte di documenti che erano stati tenuti ben nascosti. Molti, incredibile ma vero, li ho trovati grazie all’Università di Camarino, con la quale collaboro, e che ha mostrato una grande sensibilità nel conservare e mettere a disposizione scritti importanti sulla vera storia della Sicilia”.
Interessanti anche gli interventi di Coppola e Hamel. Il primo ha posto l’accento, oltre che sul volume del leader del Mis e sulla sua valenza storica, sul linguaggio diventato di uso comune, sempre a causa del processo di desicilianizzazione messo in moto dai poteri unitari, che non coglie la verità storica dei fatti: “Parlano tutti di liberazione della Sicilia quando la verità è che i piemontesi hanno conquistato questa regione con una operazione di guerra feroce e spietata”.
Hamel, studioso anche lui di questi temi, ha osservato, con lo spirito critico che lo contraddistingue, che “amare la Sicilia significa non cadere in certe semplificazioni. Significa dire la verità. E la verità ci parla anche di una Sicilia che non ha saputo usare né lo Statuto, né le risorse a sua disposizione”.
Da questi interventi è seguito un vivacissimo dibattitto, difficile da riassumere in un articolo, ma che ha mostrato come l’argomento accenda le passioni e metta in moto i cervelli dell’intelligenza siciliana a cui lo Stato italiano non può più raccontare bugie.
Tutti concordi nella necessità, ormai impellente, di stimolare i siciliani a riappropriarsi della loro storia. Qualche scintilla su quello che è stato fatto negli anni passati e sul rapporto Stato-Regione (abbiamo invitato tutti i relatori a confrontarsi sul nostro giornale in maniera approfondita).
Tutti concordi con l’auspicio di Leonardo Sciascia, con cui si conclude il libro di Musumeci: “Possa un giorno la Sicilia esprimere una vera classe dirigente; ma forse bisognerebbe che quell’Autonomia acquisita nei riguardi dello Stato si riflettesse all’interno dei partiti. Dico forse. E innanzi tutto bisognerebbe che i siciliani onesti e intelligenti cominciassero a contarsi tra loro”.
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