«Messina si iscrive nel campionato del crimine. Abbiamo per la prima volta registrato l’operatività di Cosa Nostra a Messina. Si assiste a un pensato e un ragionato percorso criminale che unisce a Catania a Reggio Calabria, in più è evidente come il richiamo della mafia incute tanto timore che persino imprenditori piemontesi e lombardi si avvicinano a Cosa Nostra per entrare in questi territori». A dirlo in apertura di conferenza stampa a Messina per l’operazione Beta, è il generale Giuseppe Governale, comandante dei Ros.
Ventotto le persone arrestate, dieci ai domiciliari, diciotto in carcere, due quelle ricercate. Sono accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, estorsione, corruzione, trasferimento fraudolento di valori, turbata libertà degli incanti, esercizio abusivo dell’attività di giochi e scommesse, riciclaggio, reati in materia di armi ed altro.
«È un’attività ingente e importante. Un’operazione nella quale emergono due aspetti – spiega il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita – uno è il fatto che palesa l’esistenza di un’entità di tipo mafioso che cerca di lavorare nell’economia reale e di infiltrarsi nella società attraverso gruppi finanziari. Il secondo dato è che questa indagine mette a nudo una cellula di Cosa Nostra, sovraordinata rispetto ad altri gruppi mafiosi che quando si imbattono in questa entità fanno un passo indietro».
A capo della cellula mafiosa ci sarebbe Vincenzo Romeo, 38 anni, nipote del boss Nitto Santapaola. «Nel corso di alcune intercettazioni ambientali, spiega di aver preso parte a Roma ad un incontro con i finanziatori di una società, in questa occasione sarebbero stati presenti numerosi rappresentanti di diverse famiglie della sacra corona unita e della ‘ndrangheta i quali avrebbero riconosciuto a Romeo il suo ruolo».
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