Giusto indignarsi. Giusto il grido di "vergogna" di papa francesco. Ma occupiamoci di rendere democratici e vivibili tante aree del terzo mondo. L'eritrea, ad esempio. . .
I morti di Lampedusa: guardiamo anche ai Paesi da dove arrivano questi migranti, spesso governati da regimi autoritari e spietati
GIUSTO INDIGNARSI. GIUSTO IL GRIDO DI “VERGOGNA” DI PAPA FRANCESCO. MA OCCUPIAMOCI DI RENDERE DEMOCRATICI E VIVIBILI TANTE AREE DEL TERZO MONDO. L’ERITREA, AD ESEMPIO…
Il fatto è grave, anzi gravissimo, centinaia di esseri umani morti o dispersi nel Mediterraneo quando già intravedevano la prima terra d’Occidente, la porta d’uscita dall’inferno. Un fatto che scuote le nostre coscienze, che ci costringe a porre, al di là dei propri credi e delle personali concezioni religiose o politiche, delle domande esistenziali sul destino dell’uomo.
Un fatto che induce indignazione, che non può trovare altro aggettivo che quello gridato da Papa Francesco: “Vergogna”. Ma basta questo a farci mettere il cuore in pace? Non sarebbe il caso, piuttosto che lasciarci andare alle solite geremiade condite di pianto greco, di allungare lo sguardo per cercare di capire e, magari, di individuare i veri colpevoli di queste stragi di mare?
Certo, le sperequazioni, spesso poco giustificabili fra mondo occidentale, che gode nel benessere e Terzo mondo, il luogo di provenienza di questi nostri simili, che si dibatte nella miseria, non possono che suscitare sdegno. Ma è sufficiente fermarsi a queste constatazioni? Non sarebbe invece il caso, piuttosto che chiamare a raccolta sotto le ipocrite bandiere della pace a senso unico o sotto gli stendardi del terzomondismo di maniera, cominciare seriamente ad alzare la voce anche nei confronti di quei regimi, corrotti e autoritari spesso contraddistinti da perversi sistemi di commistione politico-religiosa, dei paesi di provenienza di questa povera gente?
Di questi Paesi scegliamone uno a caso, ma se ne potrebbero fare altri. Parliamo dell’Eritrea. Un nome, un luogo che, per chi ha memoria della nostra storia nazionale, dovrebbe evocare tanti ricordi.
Ebbene, quanti sanno che l’Eritrea è sottoposta ad un regime, che sotto le bandiere dello pseudo-socialismo, si può definire, a dir poco, disumano?
Quanti sanno che le sue prigioni sono stracolme di reclusi la cui colpa è stata quella di avere rivendicato il diritto alla dignità? Quanti sanno che le lande desertiche che occupano buona parte del territorio di questo Paese sono segnate dagli scheletri di uomini, donne e bambini ivi abbandonati senz’acqua e senza cibo?
Quali istituzioni internazionali, a cominciare dall’Onu, hanno stigmatizzato e condannato questo regime e ne hanno decretato la relativa espulsione dalle organizzazioni sovranazionali? Ed ancora, quante di queste torme di esagitati nostri compatrioti, sempre pronti a condannare qualcuno, hanno levato un grido di protesta contro questo o altri similari regimi? Quanti dei nostri politici, generosi di dichiarazioni forti, hanno detto una sola parola sulla situazione dei luoghi di provenienza dei migranti?
Ed allora, lo dico assumendomene l’intera responsabilità, la vera vergogna è la mancanza di coraggio nella denuncia e la tacita accondiscendenza nei confronti di chi quotidianamente viola i diritti della persona umana, violazioni che non possono trovare giustificazione alcuna in credenze religiose o in visioni culturali o politiche.
Se dunque veramente vogliamo rendere giustizia a questi morti dovremmo cercare di recuperare la serietà dei comportamenti, rinunciando alle aberranti, e perfino volgari, strumentalizzazioni ideologiche di cui la nostra piazza pubblica purtroppo continua ad essere platealmente affetta.