L'imprenditore ha attraversato gli ultimi 40 anni di storia siciliana. Una carriera nell'ombra ma al centro di affari milionari. Di lui parlano in tanti, a partire dall'inchiesta Mafia e appalti su cui stava lavorando Giovanni Falcone poco prima di essere ucciso
I lacci mai recisi del geometra Li Pera con Cosa nostra Dagli appalti con Brusca agli affari nel settore privato
«Con aria di segretezza disse che stava per entrare a far parte di un gruppo di potere che avrebbe avuto la possibilità di gestire importanti affari in Sicilia». Giugno 1993. L’imprenditore friulano Claudio De Eccher risponde alle domande dei magistrati palermitani che lo accusano di avere beneficiato del sistema che, sotto l’egida di Cosa nostra, gestisce fiumi di di denaro pubblico. De Eccher parla poco prima di quella che sarà un’estate caldissima: le bombe, un anno dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, esploderanno in mezza Italia. Ma il suo racconto porta le lancette indietro di tre anni. All’estate 1990, quando Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano ancora in vita e il Ros di Mori e De Donno da un po’ aveva iniziato a lavorare a quella che passerà alla storia come l’inchiesta Mafia e appalti. Ai magistrati della Dda, De Eccher traccia il profilo di un geometra all’epoca poco più che quarantenne: Giuseppe Li Pera.
Originario di Polizzi Generosa (Palermo), ma da decenni residente a Caltanissetta, Li Pera è stato raggiunto ieri da un sequestro di beni del valore di dieci milioni di euro. Il provvedimento, che nasce da un’indagine della Direzione investigativa antimafia, riaccende i riflettori su un personaggio che ha attraversato gli ultimi quarant’anni di storia siciliana. Vissuti in prima linea, ma senza dare nell’occhio. Nel passato di Li Pera c’è una lunga storia giudiziaria partita a inizio anni Novanta e conclusasi nel 2007 con una condanna definitiva per associazione mafiosa. In mezzo quasi un decennio di tutela ricevuta dallo Stato per la decisione di collaborare con la giustizia. Programma di protezione da cui, nel 2001, fu lo stesso Li Pera a chiedere di uscire. Una decisione che, alla luce delle indagini della Dia, sembrerebbe essere stata dettata dalla volontà di recuperare autonomia e allontanarsi dalle attenzioni dell’autorità giudiziaria. Il geometra, infatti, lascia il programma poco dopo l’entrata in vigore della legge 45/2001, che obbligava tutti i collaboratori di giustizia a dichiarare i beni posseduti e versare il denaro ricavato dalle attività illecite.
L’obiettivo di Li Pera sarebbe stato quello di riprendere in mano i propri affari imprenditoriali, sfruttando la galassia di società intestate ai propri familiari e puntando in particolar modo sul settore privato. Mondo in cui, a dispetto degli appalti pubblici, è più facile sfuggire ai controlli antimafia. Ed è così che il geometra si ritrova al centro di una serie di operazioni che gli avrebbero garantito introiti milionari: dalla realizzazione dei noti residence Centounopini e Acquamarina sulla costa tirrenica al parco delle Maccalube a Caltanissetta, fino al coinvolgimento nell’eolico dove entra in contatto con Vito Nicastri e Giuseppe Scinardo. Imprenditori accusati di avere accumulato patrimoni grazie alla vicinanza a Cosa nostra, così come avrebbe fatto Li Pera.
Per gli investigatori, infatti, il 70enne non avrebbe mai reciso i rapporti con Cosa nostra, e a dimostrazione di ciò ci sarebbe stata anche la particolare forma di collaborazione avviata negli anni Novanta con l’autorità giudiziaria: tante rivelazioni sulla corruzione nella pubblica amministrazione, poco o niente su come a tirare le fila di quel mondo – in cui si incontravano politici, burocrati e imprenditori – fosse Cosa nostra. Eppure per gli stessi suoi datori di lavoro della Rizzani De Eccher, Li Pera era una persona che «sapeva muoversi» per fare in modo che la criminalità organizzata non creasse problemi. Qualità che gli avrebbero consentito di ritagliarsi un prestigio tale da indurlo a lanciarsi nel mondo imprenditoriale in prima persona. «Nella tarda estate del 1990 Li Pera disse che aveva intenzione di iscriversi alla massoneria e aveva agganciato già alcuni esponenti», si legge in un verbale dell’imprenditore friulano.
Ma a parlare del geometra cresciuto nelle Madonie, sono anche figure di spessore della mafia siciliana. A partire da Angelo Siino. Il ministro dei lavori pubblici di Cosa nostra, passato a collaborare con la giustizia accosta Li Pera a Giovanni Brusca. «Avendo saputo che Li Pera operava come battitore libero per conto della Rizzani mi diede incarico di agganciarlo – racconta Siino – Si mostrò subito d’accordo dicendo che da quel momento in poi sarebbe rimasto a nostra disposizione». Una vicinanza, quella tra Brusca e Li Pera, che si sarebbe manifestata concretamente in più di un’occasione. «Era riuscito a entrare nelle grazie di Brusca prospettandogli tutta una serie di programmi sui lavori pubblici da aggiudicarsi», aggiunge Siino.